Voglia di comunità (seconda parte)

Il naufragio della comunità è certamente dovuto all’affermarsi di uno sfrenato individualismo che ha sostanzialmente condotto la nostra vita a mero affare privato.


Voglia di comunità (seconda parte) Credits: ilponte.com

Segue dalla prima parte.

Come conciliare libertà e sicurezza in una comunità? “Bauman ci invita a non smettere di cercare la possibile soluzione, perché c’è sempre un buon motivo per migliorare i due opposti desideri, fino a renderli compatibili. Non è impossibile inventarsi una soluzione e migliorare la nostra vita in comunità. Come? Analizzandone i vari aspetti che la rendono incompatibile”. Ripartiamo da qui per parlare di comunità con tutte le contraddizioni già evidenziate fra sicurezza e libertà, i due opposti desideri. Ripartiamo dal cum, che rimanda all’idea di insieme, quindi all’idea di comunità, secondo Bauman. Che cosa impedisce oggi al cum di attuarsi? E come rendere compatibili l’ego e il cum? Il naufragio della comunità è certamente dovuto all’affermarsi di uno sfrenato individualismo che ha sostanzialmente condotto la nostra vita a mero affare privato.

Le cause derivano dalle pratiche politiche chiaramente inadatte a disinnescare i poteri liberali e capitalistici. E delle potenzialità del cum/comune/comunità si è impadronita la logica dell’utile, che si manifesta in svariati aspetti, fra cui il raggiungimento di profitti personali, anche a danno del bene comune. Tornando all’idea di comunità e al dilemma che ne consegue fra sicurezza e libertà, Bauman nel suo saggio “Voglia di comunità” afferma che “la comunità è sinonimo di naturale e tacita comprensione comune” e non può sopravvivere quando tutto ciò viene conclamato e diventa cosciente, ovvero quando diventa “oggetto di contemplazione ed esame”. Una comunità essendo naturale “non può che esistere in uno stato di torpore” altrimenti muore. Nel momento in cui una comunità sponsorizza se stessa, affiggendo manifesti e incitando ad ammirare le proprie iniziative e a chiedere adepti “non esiste più”. Bauman afferma che una comunità che parla di se stessa “è una contraddizione in termini”

Il supplizio di Tantalo

Il sociologo ricorre alla didattica della mitologia per dimostrare che si può essere felici e vivere beatamente in comunità solo se si è totalmente innocenti, solo quando non ci si addentra nella conoscenza della natura delle cose. E solo quando non vi è alcuna intenzione di padroneggiarle. Con la perdita dell’innocenza e la ricerca della felicità questa sfuggirà sempre di mano. Per dimostrarlo, nel saggio, l’autore si riferisce a un personaggio mitologico, Tantalo, figlio di Zeus e Pluto. Il giovane durante le feste olimpiche si abbandonava in sontuosi banchetti e libagioni. Conduceva una vita felice e priva di inquietudini, fino a quando non commise un crimine che gli dei, presso i quali godeva di fiducia e stima, non gli perdonarono.

La narrazione del misfatto ha varie facce, a seconda di chi l’ha raccontata e annoverata fra le varie storie della mitologia greca e romana. Si tramandano varie versioni del peccato di Tantalo: tradì la fiducia rivelando segreti ai comuni mortali, peccò di presunzione sfidando il potere di onniveggenza degli dei, rubò nettare e ambrosia proibite ai mortali. Diversi capi d’accusa, ma il motivo sostanziale del ripudio è lo stesso. Tantalo non si accontentò di ricevere la felicità erogata in forma di dono, ma volle possederla, farla sua per usufruirne quando voleva. Non più dono, ma proprietà, a suo uso e consumo. La punizione non tardò ad arrivare e fu proporzionata alla furia degli dei che avevano concesso al loro pupillo il dono della felicità, ma ricevettero in cambio disconoscimento e tradimento. Il giovane Tantalo venne immerso in un fiume con l’acqua fino al collo. Se provava a dissetarsi l’acqua spariva. Sul suo capo si poggiava una cornucopia ricolma di frutta, quando, preso dalla fame, tentava con la mano di raggiungere un frutto si alzava un forte vento a spazzare via tutto il dolce contenuto del copricapo.

Facile intuire il nesso fra il supplizio di Tantalo e il rincorrere a vuoto il disperato bisogno di comunità, nella quale rifugiarsi per sentirsene parte e ottenere l’agognata sicurezza. Il messaggio che Bauman, ricorrendo alla mitologia e alla storia del giovane Tantalo , vuole far passare è che “se ti azzardi a voler conoscere la natura delle cose che ti rendono felice” e soprattutto, se cerchi di padroneggiarle, perdi la serenità e l’innocenza e “ciò che cerchi e di cui hai bisogno ti sfuggirà per sempre di mano”. Il messaggio ha anche riferimenti biblici. Infine non era così la storiella di Adamo ed Eva, che persero l’Eden per aver disubbidito cogliendo il frutto proibito? Vivevano nella beatitudine, protetti da ogni male, finché non tentarono di modificare la natura di quel bene, impossessandosi di qualcosa che non dovevano. Compiendo quel reato furono colpiti dalla damnatio eterna e con loro le progenie a venire.

Una favoletta che è la metafora della perdita dell’innocenza che ha causato poi il conflitto eterno fra libertà e sicurezza e la conseguente impossibilità di vivere in comunità. “Sebbene nel corso della storia - scrive Bauman nel saggio - siano state sperimentate molte forme di aggregazione umana, nessuna è mai riuscita a risolvere questa vera e propria quadratura del cerchio”. Il motivo del fallimento è da addebitare al fatto che i due elementi, libertà e sicurezza, senza i quali l’esistenza diventa impossibile da sostenere, sono complementari ma incompatibili. Ancora oggi però, e forse oggi più che mai, con l’incombente pericolo di derive fasciste che snaturano e sopprimono l’idea di libertà, alimentando false sicurezze, si avverte il bisogno di comunità, luogo in cui ci si riconosce appartenenti ad una stessa razza, una sola razza, quella umana.

Tante culture, una sola umanità

Multiculturalismo. Rispondono così le classi colte all’incertezza dilagante su quali siano i valori da coltivare e quali le strade da perseguire. Gli intellettuali moderni adottano il “politicamente corretto” quando invocano e trattano di multiculturalismo, che tradotto vuol dire “spiacenti ma non possiamo tirarvi fuori dal guazzabuglio in cui vi trovate”. Per Bauman le classi colte “non hanno nulla da dire in merito alla forma ideale della condizione umana”. E quindi “cercano rifugio nel multiculturalismo, quella ideologia della fine dell’ideologia che è poi la politica del disimpegno”. Ma c’è un’altra risposta che è sicuramente una verità più promettente “in nessun’altra epoca una tenace ricerca di un’umanità comune e la condotta che consegue a tale assunto sono state così urgenti ed imperative come oggi”.

Lo scrittore, a proposito di multiculturalismo, nel saggio cita le teorie sulle minoranze etniche di Amin Maalouf, scrittore franco-libanese. Teorie che si articolano sulle pressioni culturali incrociate nei Paesi in cui gli immigrati vengono accolti. “Tanto più gli immigrati sentono che la loro originaria tradizione culturale è rispettata nel nuovo paese di residenza e quanto meno avvertono di essere osteggiati, rifiutati, minacciati o discriminati a causa della loro diversa identità, tanto più saranno inclini ad aprirsi alle offerte culturali del nuovo paese e tantomeno resisteranno tenacemente aggrappati ai propri stili di vita”. Ѐ un’intuizione che evidenzia lo stretto legame fra “il livello di sicurezza da un lato e il disinnescamento della questione della pluralità culturale, il superamento della separazione culturale e la volontaria partecipazione alla ricerca di un’umanità comune”.

E il tema importante e centrale dell’accoglienza al migrante e l’invito a creare una soddisfacente multiculturalità, cosa mai avvenuta, ci riporta al problema della sicurezza nelle comunità. Senza la sicurezza non ha origine la principale condizione necessaria al dialogo fra culture e non si realizzano le condizioni affinché “le comunità si aprano reciprocamente e avviino un dialogo che possa arricchire tutte loro e migliorare l’umanità in virtù della loro aggregazione. Se c’è sicurezza il futuro dell’umanità appare radioso”. L’erigere comunità-fortezze, quindi, non aiuta a superare il divario fra le varie comunità, perché nessuno degli avversari in lotta nella guerra del “noi contro loro” ne ricaverà sicurezza. L’unico effetto che può produrre una comunità di questo tipo è che si diventa bersagli più facili dei lorsignori, i potenti della globalizzazione… e della guerra.



Fonte: Voglia di Comunità- Autore Zygmunt Bauman – Editore: Laterza

16/06/2018 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: ilponte.com

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L'Autore

Alba Vastano

"La maggior parte dei sudditi crede di essere tale perché il re è il Re. Non si rende conto che in realtà è il re che è il Re, perché essi sono sudditi" (Karl Marx)


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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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