The Newsroom, una serie brillante

Una serie poco conosciuta e forse non distribuita volontariamente, poiché induce lo spettatore alla riflessione.


The Newsroom, una serie brillante

La serie televisiva statunitense è composta da tre stagioni, ognuna di 15 episodi complessivi di una durata media di più di 60 minuti per ciascuna puntata. La prima stagione è stata lanciata nel 2012, mentre l’ultima è uscita nel 2013, e narra gli eventi di una redazione e cosa accade dietro le quinte di un telegiornale negli Stati Uniti d’America. La serie è stata scritta da Aaron Sorkin, noto sceneggiatore e regista dello strepitoso film Il processo ai Chicago 7. Sebbene abbia avuto alti e bassi nella sua carriera e non tutte le sue sceneggiature siano progressiste, affrontano comunque temi di attualità contemporanea. 

Gli autori delle serie televisive sanno che devono realizzare il primo episodio il meglio possibile; infatti, come spesso accade, risulta essere il più coinvolgente ed interessante, poiché deve suscitare l’attenzione dello spettatore per assicurarsi la visione della serie. Come molte serie televisive, anche The Newsroom pecca nella sua lunghezza e nel tentativo di prolungare eccessivamente la trama. Nonostante ciò, tale serie televisiva, mantiene alta l’attenzione dello spettatore. La serie si concentra principalmente su dialoghi ricchi, rivolti soprattutto al pubblico statunitense e meno a quello internazionale. Tuttavia, considerando il ruolo degli Stati Uniti come potenza imperialista egemone mondiale, il suo pubblico si estende anche al di fuori dei confini nazionali. Effettivamente il punto di forza principale di questa serie televisiva è la sua sceneggiatura, i dialoghi sono serrati e ben costruiti

La serie probabilmente ha avuto un budget limitato e sarà costato poco in termini di produzione, poiché la maggior parte delle scene si svolge all’interno della redazione del telegiornale e del programma di approfondimento politico televisivo statunitense, con poche riprese esterne e costumi contemporanei. Nel complesso, la serie ripercorre le notizie più importanti negli Stati Uniti d’America dal 2010 al 2013 e analizza come vengano raccontate, da quali punti di vista, per quale interesse e soprattutto per quale ordine di importanza devono uscire le notizie. La serie mostra il funzionamento di una redazione di un telegiornale nella vita contemporanea e l’influenza egemonica della classe dominante, evidenziando le sfide che le forze progressiste devono affrontare nel mondo reale. È difficile recensire una serie senza entrare nei dettagli della trama e svelare di fatto i colpi di scena. 

Anche se alcuni temi di politica interna e estera sono affrontati rapidamente, alcuni sono comunque trattati per porre una serie di interrogativi e delle nefandezze del sistema statunitense. È importante ricordare, vedendo la serie, che la democrazia negli Stati Uniti non è perfetta né tantomeno la più grande del mondo. Anzi, il sistema elettorale degli Stati Uniti è lontano dalla democrazia intesa come potere del popolo. Il sistema di voto è fortemente maggioritario, il che significa che non esiste una vera pluralità di forze politiche; sostanzialmente, le due principali forze che si contendono il potere non presentano grosse differenze. In un sistema maggioritario, non c’è un peso politico uguale per ogni elettore, e la gran parte dei voti non è rappresentativa, poiché se un candidato non raggiunge la maggioranza relativa, i voti vengono persi. Inoltre, i grandi elettori assegnati per ciascuno Stato, spesso non corrispondono alla densità della popolazione, il che può portare a situazioni in cui la maggioranza dei voti complessi va a uno dei due principali partiti (risulterebbe vincente per un sistema proporzionale dove ciascun voto ha un ugual peso), anche se la somma dei candidati eletti nelle circoscrizioni uninominali con sistema proporzionale è maggiore per il partito avverso (nel sistema maggioritario vincerebbe). Quindi, anche se la maggior parte degli elettori ha votato per un partito, a governare è possibile colui che ha perso, ma ha ottenuto più grandi elettori. Inoltre, il basso tasso di affluenza alle urna rende difficile esprimere anche un livello minimo di democrazia. Infine, il numero di persone con diritto di voto è molto inferiore rispetto alla reale popolazione statunitense, a causa dell’impatto dell’immigrazione e di un sistema giudiziario che esclude molte persone dalle votazioni. Negli Stati Uniti, a causa delle grandi disparità economiche, molte persone evitano il processo patteggiano uno sconto della pena per l’eventuale crimine commesso come descritto in parte da Denzel Washington nel film “End of Justice-Nessuno è innocente”, perdendo di fatto il diritto di voto.

03/05/2024 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Angelo Caputo

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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