La passione del leggere, invito alla lettura

Leggere è conoscere, ogni libro lascia qualcosa nella mente e nel cuore.


La passione del leggere, invito alla lettura Credits: http://www.minimaetmoralia.it/wp/la-trascendenza-inquieta-di-philip-roth/

MILANO. Perché leggi? Una domanda che a volte inquieta. C’è chi legge per capire, chi legge per sognare, chi vuole estraniarsi dalla realtà, chi vorrebbe l’aiuto per affrontare i problemi della vita. Qualcuno scrisse che chi legge vive mille vite, forse qui sta il nocciolo dell’irrequietezza. La passione della lettura merita un invito a leggere. Da questa semplice constatazione scaturiscono queste righe, con qualche tentativo di recensione.

La scelta è vasta, dalla narrativa alla poesia, dai saggi alla storia, dal fantasy al giallo. Quanti colori ha la letteratura! Ci sono stati due americani che si sono lanciati sulle rotte dell’Odissea e di Ulisse, abbiamo da poco tempo ricordato i classici scostumati ed esilaranti di Philip Roth; in occasione della sua morte. Nel genere apocalittico-fantasy di Ishai Sarid si ritrova la finezza dei racconti napoletani di Punturello. Da poco la ristampa del primo capolavoro di I. B. Singer ci ha fatto conoscere la poesia di Miro Silvera e Giovanna Rosadini. Non è semplice, ma è dovuto ai lettori, accompagnare alla scelta di libri per divertirsi, sognare, approfondire, curiosare, riconoscersi. Leggere è ritrovare il tempo, lento. La mite serata sotto le stelle, con un libro in mano.

Fermiamoci alla tappa della narrativa. Subito con il peregrinare di Theo attraverso l’Europa del primo dopoguerra, la lunga strada a piedi dai campi di concentramento fino all’Austria della sua infanzia, una via percorsa in solitudine “in linea retta, senza deviazioni, da solo”, senza compagni e in compagnia dei ricordi. Senso di attesa, di timore, di speranza. Il libro di Appelfeld “Giorni Luminosi” ci introduce in una prosa sospesa, dolente e incantata, ai sospiri estremi con paesaggi, incontri, campi, notti stellate e il sussurro interiore del giovane Theo. Anche Appelfeld è scomparso da poco.

Nove racconti, nove istantanee di vita ebraica a Napoli, nove sguardi sul mondo che si dipanano da Via Cappella Vecchia 31, ovvero dal palazzo secolare che custodisce l’antica Sinagoga. E’ una voce colorata quella partenopea-ebraica. Tra il mitico golfo, Montedidio e Piazza dei Martiri, si incontra una “resistenza partigiana” in un diario di bordo di un’identità ebraica molto speciale, il miscuglio di una napoletanità innamorata delle dispute con lo sguardo fatalista, noncurante sulla vita. Il libro di Pierpaolo Punturello “Napoli, Via Cappella Vecchia 31” è anche un trasloco della commedia umana nella commedia dell’arte.

I romanzi di Philip Roth ci hanno abituati alle sue contraddizioni irrisolte: restare testardamente ancorato al proprio provinciale universo ebraico e sognare di allontanarsene e anche ripudiarlo. Ci siamo anche abituati alla sua irriverenza, all’essere impudico, indecente, il più inquieto e politicamente scorretto scrittore d’America: in 50 anni di romanzi, Philip Roth ci ha abituato alle sue oltranze, a una classicità capace di balzi teatrali, stilistici e sperimentali sorprendenti. “L’anima affonda nel ridicolo proprio nel momento in cui lotta per la propria salvezza”, fa dire al suo doppio narrativo Nathan Zuckerman. Nei Meridiani Mondadori sono raccolti otto romanzi di Roth: Goodbye, Columbus (1959), Lamento di Portnoy (1969), La mia vita di uomo (1974), Lo scrittore fantasma (1979), Zuckerman scatenato (1981), La lezione di anatomia (1983), L’orgia di Praga (1985) e La controvita (1986).

Il primo romanzo di Isaac Bashevis Singer “Satan in Goray”, scritto in lingua yiddish nel 1935 e pubblicato poi in inglese nel 1955, è unanimamente riconosciuto come il suo capolavoro. Tradotto in Italia nel 1960, oggi Adelphi lo ritraduce e ripropone. Temi centrali legati al mistero della lotta tra bene e male, alla debolezza dell’essere umano, con la codardia, l’illusione, la fede, lo scetticismo, l’estasi mistica, la lascivia, lo smarrimento. Temi affrontati con sublime originalità narrativa e universali nella loro particolarità.

E’ una galleria di personaggi indimenticabili quella che anima il romanzo di Romain Gary “Gli aquiloni”, scritto nel 1980, lo stesso anno del suicidio dell’autore francese. La sua scrittura nutre spirito e cervello come in pochi hanno saputo fare. Una storia d’amore e di passione civile, la scoperta di tutto ciò che conta davvero. L’apprendistato alla vita e alla gloria di Ludo, giovane normanno, seguito dall’infanzia a una precoce e passionale giovinezza. C’è molto su cui meditare: l’occupazione nazista della Francia e su come gli uomini reagiscono e resistono, l’odio che si nutre di generalizzazioni mentre la saggezza sa discernere. Vividi e potenti i ritratti di Ludo e di suo zio Ambroise, «postino rurale» tornato pacifista dalla Grande guerra e con una inusitata passione: costruire aquiloni. E poi Lila, una ragazzina biondissima, polacca, nobile e sognatrice, figlia di Stanislas de Bronicki, erede di un’aristocratica e ricchissima famiglia, giocatore di borsa e d’azzardo. La guerra li allontana e li fa incontrare di nuovo, mentre Ludo diventa tutt’uno con la Resistenza, all’occupante e al destino.

09/06/2018 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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L'Autore

Guido Capizzi

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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