Living di Oliver Hermanus, drammatico, Gran Bretagna 2022, Il film ha ottenuto 2 candidature a Premi Oscar, 1 candidatura a Golden Globes, 3 candidature a BAFTA, 9 candidature e vinto un premio ai British Independent, Living è stato premiato a National Board, ha ricevuto 2 candidature a Critics Choice Award, 1 candidatura a SAG Awards, 1 candidatura a NSFC Awards, distribuito su SKYCINEMA2, voto: 6+. Considerato fra i migliori film indipendenti e britannici dell’anno, Living è un remake di un capolavoro di Kurosawa, riuscito solo in parte. Il protagonista pluripremiato Bill Nighy fa certamente bene la sua parte, mentre appare meno convincente la nomination a migliore sceneggiatura non originale. Living, pur riprendendo un grande film del passato, rimane troppo legato all’originale e il passaggio dal Giappone all’Inghilterra appare un po’ forzato e poco convincente.
La palazzina Lef di Michele Riondino, con Elio Germano, drammatico, Italia 2023, voto: 6+. Finalmente un film italiano che affronta il conflitto sociale in fabbrica e denuncia il mobbing e la persecuzione padronale verso i lavoratori dotati di un minimo di coscienza di classe. Peccato che i temi fondamentali dei reparti confine e delle politiche antisindacali del padronato siano affrontati nel modo peggiore, animati dalla pessima attitudine che hanno troppi registi italiani a caricare troppo le vicende e i personaggi, riducendoli a delle caricature grottesche. Dunque, ottima e coraggiosa la scelta del contenuto, ma pessima la realizzazione a partire dal personaggio principale interpretato dallo stesso regista e cosceneggiatore inutilmente caricato sino a renderlo inverosimile.
Wittgenstein di Derek Jarman, con Tilda Swinton, biografico, Gran Bretagna 1993, riditribuito in versione restaurata, disponibile su Prime, voto: 6+. Nonostante la collaborazione di due punti di riferimento della sinistra radicale Britannica come Eagleton e Tariq Ali il film, nonostante alcune trovate significative, il film risulta pesantemente postmoderno. Se in alcuni momenti può divertire e si dimostra acuto, alla lunga annoia. Del tutto involontariamente il film mostra quanto l’intellettuale alto borghese protagonista sia stato sopravvalutato e quanto sia stolto il tentativo di prenderlo come punto di riferimento per la sinistra.
Succession è una serie televisiva statunitense ideata da Jesse Armstrong e prodotta da Will Ferrell e Adam McKay, in Italia è trasmessa su Sky Atlantic, quarta stagione, la serie ha ottenuto 7 candidature e vinto 5 Golden Globes, 4 candidature e vinto un premio agli Emmy Awards, 3 candidature e vinto 2 Satellite Awards, 8 candidature e vinto 5 Critics Choice Award, 2 candidature e vinto un premio ai SAG Awards, 6 candidature e vinto 2 Writers Guild Awards, 3 candidature e vinto 2 Directors Guild, 2 candidature e vinto un premio ai Producers Guild, 1 candidatura a Bafta TV Award. La serie è stata premiato ad AFI Awards, voto: 6+. La quarta stagione illustra molto bene quali mostri e quali interessi privatistici spaventosi controllino l’opinione pubblica dei paesi occidentali, detenendo il sostanziale monopolio dei mezzi di comunicazione nei paesi a capitalismo avanzato. Peccato, però, che manchi un solo personaggio non corrotto fino al midollo dal grande capitale. In tal modo, si rischia di dare a intendere che gli uomini sono necessariamente e naturalmente dei lupi di borsa, dei pescecani o degli arrivisti disposti a tutto. Altro limite di questa, come delle precedenti stagioni, è che oltre all’ottima denuncia della forma delle imprese di Murdoch, nulla di significativo viene fatto per denunciare gli spaventosi contenuti che media.
Il secondo episodio, mantenendo tutto lo scontro per il potere su un piano puramente formale, dove si scontrano esclusivamente diverse volontà di potenza, diviene insignificante e finisce con l’annoiare. Anche perché il cinismo della famiglia dei grandi capitalisti è ormai un dato scontato e non ci sono sviluppi di rilievo. In tal modo la quarta stagione rischia di divenire superflua.
Il terzo episodio ha semplicemente la funzione di allungare molestamente il brodo. Il quarto episodio ritorna al ritmo standard della serie, sfruttando il funerale per far emergere ancora una volta il grado estremo di cinismo degli uomini più ricchi e potenti. Il problema è che in questo ambito sono tutti apparentemente uguali, dai più potenti ai più miseri arrivisti. In tal modo i più ricchi e potenti divengono anche gli eroi, per quanto in senso negativo, con cui ci si dovrebbe, paradossalmente, impersonare.
Il quarto episodio, schiacciando tutto su una contrattazione per la cessione di un ramo di impresa, ha un impianto tecnico capzioso e noioso. Resta la realistica e critica rappresentazione del mondo del grande capitale finanziario.
Il quinto e sesto episodio hanno poco da aggiungere. Divengono sempre più noiosi e criptici anche perché, per non prendere posizione politicamente, i contenuti non emergono praticamente mai e tutto si svolge sul piano astratto della forma. Significativa resta la scena per cui l’ultimo figlio del tutto incapace, succeduto al vecchio boss della televisione, licenzia su due piedi una dirigente, semplicemente in quanto gli fa presente che l’appoggio sconsiderato alle politiche eversive della destra radicale statunitense, andava ricalibrato.
Il settimo episodio diviene sempre più noioso, in quanto non può che stancare assistere alle bassezze, alle perversità e alla banalità del male delle classi dominanti senza avere nessuna possibilità di catarsi.
Con l’ottavo episodio, finalmente, la quarta stagione realizza qualcosa di nuovo e significativo. Per la prima volta, in effetti, emerge la manipolazione mediatica e la copertura ideologica, da parte di questi grandi imprenditori, della destra radicale e antidemocratica. Peccato che tale posizione viene presentata come determinata semplicemente dalla volontà di far saltare un accordo economico, piuttosto che come una impostazione di fondo dei media di Murdoch.
Il penultimo episodio è buono, si mostra bene tutta la miseria anche morale dei figli. Interessante la denuncia della memoria del grande capitalista testimoniata dal fratello, che mostra la possibilità di non allinearsi necessariamente a un mondo di squali. Significativa anche l’orazione funebre del secondo genito che diviene una sfacciata apologia del capitalismo e del fare i soldi come fondamento della società statunitense.
L’ultimo episodio non fa che esasperare ancora una volta i temi portanti della serie. La successione non può che essere un fallimento, in quanto le qualità non si trasmettono di padre in figlio. Perciò l’unica cosa che possono fare gli eredi è o vendere e dedicarsi ad altro o divenire dei puri proprietari che vivono di rendita, non pretendendo di poter dirigere una grande azienda senza averne le doti. L’altro messaggio è che in un mondo come il nostro, cioè come quello in cui ci tocca sopravvivere, domina un sistema opposto alla meritocrazia, per cui i posti di comando vanno ai peggiori, in quanto obbediscono incondizionatamente al potere e sono disponibili a farsi manipolare in ogni modo. D’altra parte vi è il solito rischio di naturalizzare tutti gli aspetti negativi evidenziati, non presentando mai una reale alternativa.
Yellowjackets è una serie drammatica televisiva statunitense del 2021 creata da Ashley Lyle e Bart Nickerson, con Juliette Lewis e Christina Ricci, miglior attrice in una serie televisiva drammatica a Melanie Lynskey a Critics Choice Award 2022 e nomination miglior performance protagonista in una serie a Independent Spirit Awards 2023, nomination miglior sceneggiatura di una serie televisiva drammatica, prima stagione distribuita da Sky Atlantic, streaming on demand su Paramount+ per la seconda stagione, voto: 6+. Serie estremamente avvincente e godibile statunitense, con significativi scavi psicologici, anche se non lascia sufficientemente da riflettere allo spettatore. Già nel terzo e quarto episodio comincia a pesare il guilty pleasure, anche perché emergono i limitati mezzi a disposizione e la serie si dimostra una troppo smaccata ripresa di Lost. Inoltre il thriller lascia troppo spazio all’horror con il suo irrealismo e irrazionalismo superstizioso. Il quinto e sesto episodio sono in linea con i precedenti, pur con pochi mezzi, si tratta, in effetti, di una serie indipendente, Yellowjackets riesce a mantenere a livelli molto elevati la suspence, d’altra parte pur evitando cadute evidenti nell’irrazionale, accenna solo in modo indiretto alla questione economica e sociale.
Il settimo e l’ottavo episodio si mantengono sui livelli dei precedenti, anche perché la tendenza negativa verso gli aspetti irrazionali tipici del genere horror è controbilanciata dal tentativo di trovare una spiegazione razionale a eventi apparentemente sovrannaturali. D’altra parte, anche in vista di una seconda serie – di cui non si avverte il bisogno visto che, per quanto ben congegnata, la serie ha troppo pochi contenuti sostanziali da mediare – si corre il rischio di allungare un po’ troppo il brodo.
Negli ultimi due episodi vi sono dei significativi colpi di scena che rendono più controversi gli stessi personaggi principali, superando ogni manicheismo. Naturalmente nulla si chiude e risolve e tutto, o quasi, viene rinviato alla seconda stagione.
La seconda stagione, in cui la serie rinuncia alla sua indipendenza e viene sussunta dalla Paramount, diviene meno avvincente e realistica. Non mancano alcuni spunti significativi, come la posizione dei candidati borghesi una volta vinte le elezioni, ma nel complesso la serie diluendo il brodo perde di incisività. Negli episodi tre e quattro la serie riprende parzialmente quota, senza però raggiungere i livelli della prima stagione. Vi sono spunti significativi, ma anche aspetti non verosimili. Gli episodi cinque e sei sono di discreto livello. Negli episodi sette e otto Yellowjackets improvvisamente, senza adeguate spiegazioni, introduce finalmente il sottofondo terribile che è poi alla base di tutta la serie. La questione sempre rinviata viene, infine, esplicitata senza un adeguato sfondo di riflessione razionale. La seconda stagione si chiude in modo inverosimile e deludente. Si mira ad allungare il brodo per lanciare una nuova stagione di cui non vi è nessuna necessità.
Foglie al vento di Aki Kaurismäki, commedia, Finlandia 2023, premio della giuria al festival di Cannes, nomination miglior film straniero e migliore attrice in un film brillante a Alma Pöysti, nomination miglior film, regista, attrice, sceneggiatore a Kaurismaki, attore a Jussi Vatanen a European film awards 2023, nomination miglior film indipendente internazionale a British Independent Film Awards 2023, migliori film in lingua straniera a National Board of Review USA 2023, top 10 film Cahiers du Cinéma 2023, nella short list dei migliori film stranieri ai premi Oscar, voto: 6+. Film indubbiamente sopravvalutato, fatto alla maniera dello stesso Kaurismäki, con tutti i limiti (minimal-qualunquismo, postmoderno) e i meriti (ambientazione proletaria, delicatezza, cura formale) già noti da anni di questo regista.
Alcarràs – L'ultimo raccolto di Carla Simón, drammatico, Spagna, Italia 2022, orso d'oro al Festival di Berlino, nomination miglior film europeo, moltissime candidature come miglior film spagnolo, voto: 6+. Film ben realizzato e a tratti interessante, denuncia la speculazione che si nasconde dietro le energie rinnovabili e la tragedia dei piccoli contadini costretti a perdere la loro professionalità. Peccato che non emerga mai la miseria della vita contadina e non si denunci lo sfruttamento che i piccoli contadini europei praticano nei confronti degli immigrati africani.
Daisy Jones & The Six è una miniserie televisiva statunitense del 2023 creata da Scott Neustadter e Michael H. Weber, in 10 episodi, trasmessa su Prime, 3 candidature a Golden Globes fra cui miglior miniserie, voto: 6+. Serie godibile nei primi e negli ultimi episodi, mentre gli episodi centrali sono più fiacchi. Certo il contenuto non è particolarmente significativo, si tratta della storia verosimile di una rock band. Tuttavia ha alle sue spalle un’industria decisamente efficiente ed efficace. Per cui i contenuti sono trattati in modo realistico, la tragedia prevede una catarsi all’altezza, non ci sono cadute ideologiche nel postmoderno.
Romantiche di Pilar Fogliati, con Barbara Bobulova, Italia 2023, nastro d’argento per la miglior attrice commedia a Pilar Fogliati e nomination a miglior commedia e miglior canzone, voto 6+. L’attrice, anche regista, sceneggiatrice e soggettista è molto brava a impersonare diversi tipi sociali in modo umoristico, facendone emergere tutti i limiti. Il film è indubbiamente divertente, anche se è composto da un insieme di sketch riusciti e lascia troppo poco di sostanziale su cui riflettere allo spettatore.
Il caftano blu, drammatico, Marocco 2022, voto: 6+. Film che ha il merito di narrare la realtà senza cadute postmoderne e irrazionaliste. Affronta e denuncia la problematica dell’omosessualità in un paese arabo in modo delicato e con una lodevole analisi psicologica dei personaggi. D’altra parte, si tratta di un prodotto dell’industria culturale e la regista è di fatto assoggettata all’ideologia dominante, in quanto fa sparire il conflitto sociale nei luoghi di lavoro, la schiavitù domestica della donna, l’oppressione neocoloniale, concentrandosi esclusivamente sui diritti, per quanto importanti, degli omosessuali.
Perfetta illusione di Pappi Corsicato, drammatico, Italia 2022, disponibile su Prime, voto: 6+. Film godibile e avvincente, sviluppa una significativa critica sociale, anche se il cinismo da cretino porta a considerare negativamente tutti i personaggi a prescindere dalle classi sociali. In tal modo, essendo tutti egualmente colpevoli, i veri colpevoli sono, di fatto, assolti.
I peggiori giorni di Massimiliano Bruno, Edoardo Leo con Anna Foglietta, Renato Carpentieri, Fabrizio Bentivoglio, commedia, Italia 2023, disponibile su Netflix, Now e Skycinema, voto: 6+. Classica commedia all’italiana, divertente, godibile, bene interpretata e in grado di lasciare qualcosa su cui riflettere allo spettatore, dal punto di vista della satira sociale. Il limite del film è che non va più di tanto a fondo sulle questioni sostanziali.
Ghost Dog - Il codice del samurai di Jim Jarmusch, drammatico, Usa 1999, voto: 6+. Si tratta di un film cult, godibile, ma decisamente privo di contenuto sostanziale.
Ivalu di Anders Walter, cortometraggio drammatico, Danimarca 2023, candidato come miglior cortometraggio ai premi Oscar, voto: 6+. Documentario incentrato sulla denuncia di un caso di violenza sessuale contro una bambina all’interno di una famiglia. Ambientato fra gli affascinanti scenari della Groenlandia, ricostruisce la storia dalla prospettiva della sorellina minore, un punto di vista che impedisce di avere una visione di insieme e di comprendere realmente la tragedia senza catarsi messa in scena. Piuttosto sopravvalutata la nomination a miglior cortometraggio, certamente meno significativo di Le pupille di Rohrwacher.
Animali selvatici di Cristian Mungiu, drammatico, Romania 2022, nomination miglior co-produzione internazionale, Lumiere Awards 2023, in concorso a Cannes, voto: 6+. Il film denuncia, in modo adeguato, tutta l’irrazionalità e la barbarie del mito razzista. Peccato che di contro vi sia esclusivamente una impresa privata, interessata ad assumere per poter accedere agli investimenti dell’Unione europea.
Scissione (Severance) è una serie televisiva statunitense del 2022 di genere thriller e psicologico, è stata creata da Dan Erickson e diretta da Ben Stiller e Aoife McArdle. La serie è stata presentata in anteprima su Apple TV+. Scissione ha ottenuto 3 candidature a Golden Globes, 2 candidature a Critics Choice Award, 2 candidature a SAG Awards, 2 candidature a Spirit Awards, 3 candidature e vinto 2 Writers Guild Awards, 1 candidatura a Directors Guild, 1 candidatura a Producers Guild ed è stata premiato a AFI Awards, voto: 6+. Serie distopica che analizza nuove forme di sfruttamento della forza lavoro, mediante la completa scissione fra l’uomo privato impiegato nella riproduzione della propria capacità di lavoro e l’uomo che è stato costretto ad alienarla e che, quindi, esiste solo in quanto capitale variabile.
Gli episodi tendono a divenire sempre più noiosi e soporiferi, anche perché non è molto condivisibile trattare dello sfruttamento e dell’alienazione del lavoro salariato in modo irrealistico in una società distopica, mentre sarebbe molto più efficace, significativo e interessante mostrare in modo realistico cosa avviene oggi nelle imprese capitalistiche “normali”. La serie si ravviva andando verso la fine della stagione anche perché, per quanto sempre in modo irrealistico, non c’è solo la denuncia dello sfruttamento e dell’alienazione, ma anche la lotta per contrastarli, contribuendo alla lotta per l’emancipazione del genere umano. In effetti, i lavoratori salariati sono nella nostra epoca la classe universale in quanto lottando per la loro emancipazione particolare, contribuiscono in modo generale all’emancipazione del genere umano.
Pur con tutti gli aspetti antirealistici la lotta, per quanto limitata ad appena quattro lavoratori, contro un lavoro che porta alle estreme conseguenze sfruttamento e alienazione, non può che rendere avvincenti e significativi gli ultimi due episodi della prima stagione. Peccato che l’ultimo episodio sia costruito principalmente in funzione di lanciare la seconda stagione.
Perfect Days di Wim Wenders, drammatico, Giappone, Germania 2023, nomination miglior film straniero a Oscar e Critics Choice Award e premio miglior attore a Kôji Yakusho al festival di Cannes, voto 6+. Film certamente ben confezionato, l’ambientazione giapponese tiene a freno le pulsioni irrazionali e postmoderne di questo regista assurdamente sopravvalutato. Il film diviene, dopo non molto, soporifero per l’attitudine minimal-qualunquista del regista che costituisce un’apologia indiretta del corporativismo reazionario giapponese, che riduce i lavoratori a woorking poors.
Le variabili dipendenti di Lorenzo Tardella, drammatico, Italia 2022, premio per il miglior cortometraggio ai David di Donatello, voto: 6+. Realizzato presumibilmente come saggio finale per il Centro sperimentale, il film, con pochissimi mezzi, media alcune emozioni e alcune riflessioni sulla psicologia della scoperta dell’amore, nel caso specifico ancora più problematica in quanto omosessuale, fra due adolescenti. Certo, in un paese dominato dalla destra più reazionaria, il soggetto del film è comunque di opposizione, anche se si tratta dell’opposizione più morbida e meno radicale, lasciando del tutto fuori campo le problematiche e i conflitti economici, sociali, storici e politici.
Great Freedom di Sebastian Meise, drammatico, Austria 2021, miglior direttore della fotografia europeo a Crystel Fournier, miglior compositore europeo a Nils Petter Molvaer, nomination miglior attore europeo a Franz Rogowski, disponibile su Mubi, voto 6+. Ottima denuncia della spaventosa e insensata repressione degli omosessuali nella Repubblica federale tedesca fino a gli anni settanta. Valida anche la denuncia delle condizioni spaventose delle carceri nella Germania occidentale. Al di là di questi aspetti, il film non tocca questioni sostanziali e finisce per annoiare.
May December di Todd Haynes con Natalie Portman, Julianne Moore, drammatico, Usa 2023. Il film ha ottenuto 4 candidature a Golden Globes, 1 candidatura a People's Choice Award, 3 candidature a Critics Choice Award, 5 candidature a Spirit Awards, 1 candidatura a CDG Awards, Il film è stato premiato a AFI Awards, disponibile su netflix, voto: 6. Il film è decisamente sopravvalutato, è troppo lento, lungo, minimal-qualunquista e, perciò, risulta piuttosto noioso. Colpisce, negativamente, quanto gli attori statunitensi seguano nel modo più pedissequo un metodo di recitazione ormai superato dall’effetto di straniamento di Brecht, cioè il metodo Stanislavskij, per cui l’interprete dovrebbe immedesimarsi compiutamente con il proprio personaggio, rinunciando a qualsiasi forma di interpretazione critica.
Tár di Todd Field, drammatico, Usa 2022, con Cate Blanchett, distribuito nelle sale in Italia dal 9 febbraio, voto: 6. Tár vince quasi ovunque il premio per la migliore attrice e riceve diverse nomination per importanti premi in diversi festival. I premi alla protagonista sono certamente meritati, per il resto il film è al quanto sopravvalutato. Significativo il fatto di denunciare come predatore sessuale una donna nei confronti di altre donne. Per il resto il film ha poco di significativo da dire, è troppo lungo, ha troppi dialoghi peraltro eccessivamente intellettualistici.
The bear è una serie televisiva statunitense creata da Christopher Storer, prima stagione in 8 episodi, distribuita da Disney+, candidata a miglior serie a Emmy, Critics Choice Awards e Golden Globe, in cui è premiata per il miglior attore in una serie commedia o musicale Jeremy Allen White, oltre ad altre nomination, voto: 6. Ottimo ritmo, sfiora tematiche abbastanza significative, anche se rischia di affermare il concetto per cui, in particolare nelle piccole aziende, i lavoratori oltre a essere sfruttati al massimo debbono autosfruttarsi.
Nella seconda parte della prima stagione la serie cresce trovando un giusto equilibrio fra gli aspetti comici e drammatici. Fra le righe emerge la condizione terribile della forza lavoro negli Stati Uniti, per cui l’impresa oggetto della serie diviene un luogo privilegiato dove si può lavorare ed essere rispettati.
La seconda stagione mantiene il buon livello della seconda, senza però eguagliarne i picchi. Tutte le cose poco chiare della prima serie sono state, almeno in parte, risolte e, quindi, la serie pur mantenendosi gradevole perde almeno un po’ il proprio interesse.
Negli episodi dal tre al cinque la serie subisce una rapida e improvvisa decadenza per la necessità puramente commerciale di allungare il brodo e di rendere più appetibile la merce con famose Guest star. In tal modo, vi sono degli assurdi detuor del tutto gratuiti e inconcludenti, noiosi e inverosimili che fanno passare la voglia di continuare a vedere The bear.
Negli ultimi episodi la serie torna godibile e riprende il ritmo che la caratterizza. Restano i problemi di fondo: il fascismo inconsapevole con cui si interpreta, in senso neocorporativo, il mondo del lavoro, votato all’ultra sfruttamento di ogni momento della propria vita, per il sogno piccolo borghese del proprietario di divenire un padroncino. Così la serie diviene una apologia, inconsapevole, della gentrificazione, per cui a Chicago si chiude un esercizio votato a offrire ristoro ai proletari in pausa pranzo, per farne un locale di lusso.
To Leslie di Michael Morris, drammatico, nomination miglior attrice a Andrea Riseborough a Oscar 2023 e premiato a National Board of Review Usa 2022 come uno dei migliori film indipendenti, voto: 6. Film crudo e naturalista nel denunciare il sogno americano, mostrando come una donna vincitrice di un significativo premio alla lotteria si sia degradata, per limiti culturali e morali, sino a divenire un’alcolizzata. La tragedia trova una catarsi nell’opportunità di un lavoro che permette al personaggio un riscatto. D’altra parte, la dimensione minimal porta a considerare come un grande obiettivo da raggiungere un lavoro mal pagato senza alcuna garanzia.
I crimini di Emily di John Patton Ford, con Aubrey Plaza, thriller, Usa 2022, premiato come miglior film indipendente a National Board, ha ottenuto 4 candidature e vinto un premio a Spirit Awards, ha ottenuto 1 candidatura a Directors Guild, voto: 6. Film indubbiamente sopravvalutato, che dimostra come l’essere indipendente di un film non si traduca affatto in una maggiore libertà di espressione. Per quanto godibile, il film è povero di contenuto sostanziale e, sotto certi aspetti, appare irrealistico e inverosimile, anche se ci sono delle significative osservazioni sullo spaventoso livello di sfruttamento presente negli Stati uniti, che finisce inevitabilmente per favorire le attività e attitudini criminali. Tanto che persino molti palestinesi dagli Usa tornano a casa, sotto occupazione, in quanto “negli Stati uniti si vive esclusivamente per lavorare”, cioè per farsi sfruttare.
Boris di Luca Vendruscolo, Giacomo Ciarrapico, con Caterina Guzzanti, Carolina Crescentini, serie tv italiana 2022, quarta stagione, commedia in 8 episodi su Disney+, voto: 6. Serie nei primi episodi sempre molto efficace e divertente, risulta un valido esempio di satira sociale e critica dell’industria culturale. Perciò è ostracizzata dal mondo dello spettacolo e, pur essendo nei primi episodi fra le migliori serie, non riceve nemmeno una candidatura ai premi cinematografici italiani moltiplicati ad arte per non lasciare nessuno escluso. La serie critica in modo efficace il politicamente corretto, il problema è che però, se non si individuano delle significative alternative, si rischia di portare avanti una battaglia di tipo populista, che rischia di favorire la destra. Anche la completa assenza di personaggi positivi rischia di far scadere la critica in pericolose generalizzazioni.
Purtroppo la serie perde sempre più quota fino a divenire insostenibile negli ultimi due, davvero inutili, episodi. Peccato, perché se la serie invece di otto episodi fosse stata concentrata in quattro, sarebbe stata significativa. Allungando inutilmente il brodo diviene, al contrario, noiosa.
L’ultima notte di amore thriller, Italia 2023, nomination per la migliore regia ad Andrea di Stefano, alla migliore attrice a Linda Caradi, al miglior attore a Pierfrancesco Favino, al miglior attore non protagonista a Francesco di Leva, al miglior montaggio a Giorgio Franchini ai Nastri d’argento, voto: 6. Thriller formalmente e tecnicamente ben costruito, con un buono scavo psicologico e un ottimo cast di attori. Peccato che a tanta perizia tecnica e formale non facciano riscontro contenuti sostanziali da affrontare e mediare. Anzi, dal poco che emerge, c’è poco da rallegrarsi considerati i consueti pregiudizi su cinesi e calabresi, che porterebbero la criminalità a Milano, e un poliziotto duro, ma buono.
This Is Going to Hurt di Lucy Forbes, Tom Kingsley, serie dramedy di genere medico in 7 episodi, Gran Bretagna 2022, disponibile su Disney +, nomination miglior miniserie e Miglior attore miniserie o film tv a Ben Whishaw a Critics Choice Award 2023, voto: 6. La tragica condizione di un medico, narrata in modo ironico, costretto a operare in un ospedale pubblico in disfacimento, come è normale che sia in un paese imperialista, dove conta unicamente il profitto privato. Purtroppo, dopo il brillante episodio pilota, la serie diviene piuttosto prevedibile, ripetitiva e piuttosto noiosa.
Bruised - Lottare per vivere di Halle Berry, drammatico, Usa 2021, distribuito da Netflix, miglior film d'esordio a Satellite Awards 2022, voto: 6. Film certamente godibile anche se non c’è la necessaria condanna degli sport violenti in voga negli Stati uniti, né emerge quanto di artificiale e artificioso vi sia in tali barbare pratiche.
Glass Onion - Knives Out di Rian Johnson, commedia, Usa 2022, distribuito da Netflix, nomination miglior film brillante ai Golden Globes, premiato come miglior film brillante e miglior cast ai Critics Choice Award 2023, in cui ha ricevuto 8 nomination fra cui miglior film. Il film, inoltre, ha ricevuto la nomination per la miglior sceneggiatura non originale agli Oscar e ai Writers Guild Awards 2023, voto: 6. Film premiatissimo, anche se non particolarmente agli Oscar; per quanto possano essere di non grande qualità gli attuali film brillanti, Glass Onion è certamente sopravvalutato. Resta una piacevole merce di evasione dell’industria culturale che ha uno spunto interessante nel mostrare tutta la miseria morale e intellettuale di un “grande imprenditore” stile Steve Jobs.
Descendant. L’ultima nave schiavista di Margaret Brown, documentario Usa 2022, distribuito su Netflix, premiato fra i migliori documentari al National Board of Review 2022 e nomination miglior doc a National Society of Film Critics Awards 2023, voto: 6. Il film narra una vicenda interessante sulla tradizione orale, dove il mito si mescola alla memoria storica, a proposito dell’ultima nave illegale di schiavi giunta negli Stati Uniti. Il tema della tratta degli schiavi e della censura che ha cercato di occultare questi tragici eventi è certamente molto interessante, ma il film finisce formalisticamente per perdersi dietro interviste di scarso rilievo ai membri di una piccola città statunitense.
Orlando di Daniele Vicari, con Michele Placido, drammatico, Italia 2022, nomination miglior soggetto e colonna sonora ai Nastri d’argento, voto: 6. Film poco verosimile e realistico, tutto incentrato su una trovata piuttosto discutibile. I personaggi risultano poco tipici e credibili. Comunque il film evita cadute nel postmoderno e rappresenta la dura realtà di chi deve svendere la propria forza lavoro per sopravvivere.
Ti mangio il cuore di Pippo Mezzapesa, con Elodie, drammatico, Italia 2022, nomination miglior fotografia, miglior attrice non protagonista a Lidia Vitale, miglior canzone per Proiettili, con cui ha vinto il David di Donatello, presentato al festival di Venezia, voto: 6. Fotografia indubbiamente suggestiva, il film tratta un tema di un certo interesse: le faide all’interno della malavita organizzata e la prima pentita che ha consentito di fare luce sulla mala del Gargano. Abbastanza valida l’analisi psicologica in particolare della trasformazione di un ragazzo in un criminale assassino. Resta però l’autocompiacimento nel mostrare la violenza e una conclusione decisamente discutibile, in cui la catarsi finale è completamente gettata via, per un cinismo davvero da cretini.
The Woman King di Gina Prince-Bythewood, drammatico, azione e storico, Usa 2022. Il film ha ottenuto una candidatura ai Golden Globes, 2 candidature ai Bafta, il film è stato premiato a National Board, 4 candidature a Critics Choice Award, 2 candidature a Sag Awards, 1 candidatura a Cdg Awards, Il film è stato premiato a Afi Awards, voto: 6. Tipica americanata, con un buon ritmo, parte con l’intento di ridare dignità alle vittime della tratta degli schiavi, mostrando una resistenza significativa che si sarebbe realizzata in Africa allo schiavismo portato avanti dai brasiliani. Peccato che questo tentativo di rivalutare l’antica Africa sia il prodotto di un rovescismo storico, dal momento che un regno che doveva la sua forza proprio alla tratta degli schiavi, viene trasfigurato in martire ed eroe della lotta contro lo schiavismo. Anche il tema femminista viene sviluppato in modo molto ambiguo, in quanto le donne per emergere sembrano dover ripercorrere le orme negative dei maschi. Inoltre, al solito, manca del tutto una critica politica e sociale a una monarchia, di fatto assolutistica, e a una concezione dello Stato organicista e, quindi, fondamentalmente di destra. Alla luce di tutto ciò il film appare sopravvalutato rispetto ai molti riconoscimenti ottenuti.
I migliori giorni di Massimiliano Bruno, Edoardo Leo, nomination miglior attore commedia a Paolo Calabresi e miglior attrice commedia a Valentina Lodovini ai Nastri d’argento, voto: 6. Film divertente, i primi due episodi contengono anche alcuni aspetti significativi, in particolare il secondo che mostra tutta la spaventosa ipocrisia della classe dominante che si occupa di “politica”.
Mia di Ivano De Matteo, drammatico, Italia 2023, nomination miglior attore a Edoardo Leo, miglior attrice non protagonista a Milena Mancini e miglior soggetto a Ivano De Matteo, voto: 6. Il film affronta un tema significativo come la violenza sulle donne e il revenge porn. Buona la prova di Edoardo Leo che rende meno pesante un soggetto peraltro tragico. Peccato che la tragedia sia priva di catarsi, che non si spieghino adeguatamente le ragioni di classe della passione della adolescente per il fascistoide fidanzato, né si analizzino adeguatamente le “ragioni” che inducono la giovane al tentato suicidio.
Vicini di casa di Paolo Costella, con Vittoria Puccini e Valentina Lodovini, Italia 2022, nomination miglior attore commedia a Claudio Bisio ai Nastri d’argento, voto: 6. Commedia all’italiana divertente, godibile e che lascia anche qualcosa su cui riflettere allo spettatore, in chiave satirica naturalmente. Buona la prova degli attori e meritata la candidatura di Claudio Bisio.