Mentre noi giravamo con le schede
loro intanto chiudevano le fabbriche,
quando noi dormivamo davanti all’ufficio dei sussidi,
loro dormivano in pace.
Sentivamo parole come queste:
Tenetevi calmi! State in attesa!
Quanto è più grande la crisi
tanto più grande sarà la ripresa!
E io dicevo ai miei compagni:
così parla il nemico di classe!
Quando parla di epoca buona
È della sua che intende parlare.
(da “La canzone del nemico di classe” di B.Brecht)
Siamo tutte e tutti impegnat* in questa anomala campagna referendaria. Anomala perché per la difesa della Carta costituzionale fondativa dei principi e delle regole della Repubblica democratica nata dalla resistenza antifascista. Anomala perché, mentre nel 2007 l’abbiamo difesa in un referendum contro una controriforma imposta da Berlusconi e dalle destre in una campagna in cui, sia pure con qualche ambiguità, il partito oggi di Renzi si schierò dalla parte giusta, oggi invece stiamo difendendo la Carta dall’attacco di un Partito Democratico in cui sono presenti uomini e donne che hanno una storia più o meno vicina (o lontana?) alla storia e alla cultura dei padri e delle (poche) madri costituenti. Anomala perché ci troviamo dalla stessa parte con personaggi imbarazzanti (D’Alema) o loschi figuri (Salvini e la “fratella” d’Italia Giorgia Meloni) o giovanotti di un presente senza storia come i 5 Stelle. Dunque anomala.
In molt* non abbiamo il “mito” della Carta, anzi abbiamo sempre lottato per la sua applicazione “progressiva” e a volte ne abbiamo auspicato qualche “modifica’”. Ad esempio, l’articolo 7 sul Concordato, o l’articolo 29 sulla famiglia come “società naturale fondata sul matrimonio” che costituzionalizza la naturalizzazione delle relazioni sessuali e amorose, o come il linguaggio rigorosamente monosessuato (art.2: “i diritti inviolabili dell’uomo” laddove “uomo” sta per Uomo assoluto comprendente uomini e donne) e disattento alle differenze (art.3: “senza distinzione di sesso”).
Ma auspicavamo interventi migliorativi che accogliessero lo spirito e le proposte dei movimenti delle donne. Per questo in molte siamo indignate per questa controriforma che, tra i tanti difetti, come è stato ampiamente osservato, assegna alle assemblee parlamentari il solo compito di ratificare le decisioni di un esecutivo a cui una ignobile legge elettorale assegna una maggioranza di parlamentari sudditi e ricattabili. Colpisce, se si guarda nel PD e dintorni, il giovanilismo “nuovista” dilagante anche in personaggi stagionati, colpisce una sorta di smemoratezza, una sorta di azzeramento della storia e delle storie, una sorta di “dittatura del presente”.
Stiamo lavorando per un “NO sociale”, dalla scuola al lavoro, ai mercati, alle piazze. Ma, comunque vada, il 4 dicembre nella sinistra nulla sarà come prima. E ne dovremo prendere atto. Nulla sarà come prima nel sindacato, nulla sarà come prima nemmeno nei movimenti delle donne. Un solo esempio: nel documento che lancia la manifestazione nazionale del 26 novembre contro la violenza maschile sulle donne, oltre alla frase consueta (e giusta) “niente bandiere di sindacati e partiti”, c’è una frase inquietante che nelle assemblee prima e dopo mi accingo a contestare: “niente campagna referendaria”. Come se la difesa della Costituzione non riguardasse le donne o come se le donne fossero tutte uguali in una sorta di “compattezza” da preservare!
Ma oggi, in questa Europa dei muri e delle frontiere, in cui c’è sempre qualcuno più a destra della destra (vedi il recente voto del Parlamento ungherese contro le “quote” dei migranti), esiste una massa enorme di persone “fragili” e – per dirla con Judith Butler - “vulnerabili”. Nel corpo, nella mente, nella dignità. Sono i lavoratori licenziati e precari, sono le lavoratrici ancora più licenziate e precarie, sono i protagonisti e le protagoniste del lavoro immateriale, sono gli uomini e le donne che dormono nelle stazioni e frequentano le mense della Caritas. Sono le “scorie” del produttivismo capitalistico e dello sviluppismo frenetico. Sono gli umani e gli animali dei territori terremotati. E sono gli uomini e le donne migranti. E se l’art.10 della Costituzione recita che “Lo straniero,al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”, ebbene questo articolo viene quasi sempre ignorato.
I/le migranti sono il risultato del vecchio colonialismo e del nuovo liberismo, sono il risultato delle guerre capitalistiche e interimperialiste. Gli uomini e le donne della Marina Italiana si adoperano anche meritoriamente per salvare i naufraghi, i quali, però, appena sbarcati vengono relegati all’attesa dei respingimenti e persino maltrattati. E in seguito all’ignobile trattato con la Turchia (con l’assenso di tutti i governi europei, compreso Tsipras), l’Europa attua i respingimenti verso una Turchia governata da un dittatore, a cui regala tre miliardi e mezzo di euro per pagare la pigione nei lager turchi, in attesa di trovare un escamotage per ammettere la Turchia nella splendida Europa dei diritti umani, di Rousseau e di Cesare Beccaria.
Per quanto mi riguarda, la questione migranti è una questione profondamente politica e il modo di “affrontarla” mi pare una discriminante per giudicare le forze politiche. Per questo si resta sconcertati nel constatare il totale disinteresse dei dirigenti del Movimento 5 Stelle a riguardo (ad esempio nello sgombero del Baobab a Roma) e, soprattutto, la totale indifferenza dei loro elettori e delle loro elettrici. E’ proprio vero che stiamo attraversando tempi bui, per dirla con Hannah Arendt.
Leggi l’appello La Costituzione e noi: femministe per il NO