Ci siamo. Circa un anno fa, in un’intervista al Corriere della Sera, Mario Monti affermava: “Dovremmo recuperare una parola desueta: sacrifici. Davvero possiamo avanzare nell’integrazione europea, reggendo due guerre sulle nostre frontiere, senza sacrifici? L’Italia non si è fatta senza spargimenti di sangue: non sarebbe bastata la finezza di Cavour, è servito l’esercito piemontese, con i volontari, i garibaldini...”
Quell’intervista, per la prima volta, pose in modo netto e chiaro la questione dell’economia di guerra e dello spargimento di sangue come unica possibilità di rilanciare l’imperialismo europeo in crisi. Quelle affermazioni, forse a causa dello scarso appeal che l’ex primo ministro esercita presso le masse – e “scarso” è un eufemismo – rimasero sulla carta. E la carta, come si sa, non si ribella.
Ora ci riprovano. Questa volta a brandire la penna è una firma nota di Repubblica, Michele Serra, che, vestendo i panni del paladino della libertà, lancia un monito sentimentale, chiamando alla piazza contro le autocrazie e rilanciando - notate la continuità con il professore - il motto garibaldino: “O si fa l’Europa o si muore”.
Egli, in sostanza, propone – con un appello retorico a dir poco vergognoso, in cui non a caso la parola “pace” non viene mai menzionata – di accettare il diktat del riarmo come unica possibilità di risolvere le contraddizioni attuali in favore della “libertà e l’unità dei popoli europei”, contrapponendosi alle “autocrazie”. Con un linguaggio più sentimentale di quello che poteva avere il grigio professore, facendo leva sullo shock di massa per la postura reazionaria di Trump, questa volta la borghesia sta tentando di passare dalla carta alla piazza. Un notevole salto di qualità, che pone il paradosso dell’imperialismo europeo, che per cercare di risolvere la sua crisi finisce per criticare quello statunitense da destra. Agendo, peraltro e per assurdo, nella medesima direzione da sempre sostenuta da Trump ossia quella di spendere i soldi in armi.
L’appello di Serra, infatti, anticipa e può dirsi in linea con le risoluzioni del vertice di Londra, in cui una formazione inedita, composta dai principali Stati europei più Canada e Turchia, ha concordato politiche di riarmo. Al termine del vertice, Ursula von der Leyen ha dichiarato: “Dopo molto tempo di investimenti inadeguati, è arrivato il momento di aumentare gli investimenti per la Difesa a lungo respiro, per la sicurezza dell’Unione Europea, visto l’ambiente geo-strategico nel quale viviamo. Dobbiamo prepararci al peggio, dobbiamo aumentare le spese militari”, aggiungendo: “E per questo presenteremo un piano completo per il riarmo dell’Europa il 6 marzo, quando avremo il Consiglio europeo dei leader”.
L’appello per l’Europa di Michele Serra equivale dunque esattamente al tentativo di creare un consenso di massa intorno al piano di guerra elaborato da Draghi. Non è altro se non questo. Va boicottato e, se possibile, qualora ci fossero le forze, contrastato con un contro-presidio, che ponga al centro del discorso la pace e non vaneggiamenti sull’orgoglio oltraggiato del vecchio continente.