Virginia Raggi è il nuovo sindaco di Roma ed è la prima donna ad amministrare la capitale. Un risultato spiazzante il 67% che “schiaffeggia” quel 32 % raggiunto dal Pd .Votata soprattutto nelle periferie per le quali ha un ricco programma di ristrutturazione e di innovazioni. Una scelta degli elettori, che hanno punito il Pd per la cattiva gestione della città, agendo in conformità dei diktat neoliberisti governativi
di Alba Vastano
Roma, 19 giugno h.23. È lei il nuovo sindaco romano, la giovane Virginia Raggi, avvocato, ex consigliere comunale del M5S. Con la scalata che l’ha consegnata alla città con la funzione di primo amministratore ha raggiunto anche un primato essendo la prima donna sindaco nella storia del Campidoglio. Ma nessuna sorpresa eclatante in questa tornata. La vittoria è la sua convalidata anche della conferma del voto delle periferie romane che sono tutte con lei. Accantonata la Meloni. Una vittoria scontata, nonostante l’ultimo fango gettato sul neo-sindaco dal PS per l’incarico Asl, da cui è scaturita la velenosa notizia della mancata denuncia al fisco relativa alla sua parcella. Notizia smentita dai suoi legali, liberandola in extremis anche dall’accusa di falso ideologico.
La notte della vittoria una standing ovation corale a consegnare le chiavi della città alla sua prima “primadonna”, nonostante la ferma dichiarazione del No alle Olimpiadi, tanto caldeggiate da Giachetti e da molti cittadini. La città a 5 stelle in tripudio. A parte il numeroso popolo grillino che con enfasi esagerata (ndr: visto che la scelta è comunque al buio, poiché non si hanno esperienze di precedenti amministrazioni grilline) l’ha osannata, quali altre componenti l’hanno sostenuta come amministratore della città, dandole il consenso?
Facilmente intuibile che lo scarto fra i grillini e il resto degli elettori che l’hanno votata sia stato variegato, multiforme e comprensivo sicuramente del flusso elettorale della Meloni. Un sostegno quindi, a prescindere dalla preferenze di questo o quel partito, dovuto essenzialmente all’intolleranza dei cittadini verso la precedente amministrazione piddina. Evidente avversione che ha giocato a sfavore della vittoria di Giachetti, considerando anche la prematura fine del mandato dell’ex sindaco Marino, cacciato dal suo stesso partito in modo quantomen “anomalo”.
Nel calderone che ha portato la Raggi a quell’eccezionale 67%, che ha depresso definitivamente il candidato del PD, sono finiti quindi due terzi dei votanti della seconda tranche elettorale. Un distacco netto, forse insperato dal popolo grillino, anche per l’aumento, questo prevedibile, del maggiore astensionismo rispetto al primo turno e delle ulteriori schede bianche degli elettori dissenzienti verso ambedue i candidati. Una débacle inconfutabile che costringe il Pd romano all’angolo a riflettere e ad analizzare i palesi errori nella conduzione dell’amministrazione romana, con Marino prima e Tronca poi, in stretto vincolo con l’autorità del governo Renzi. Quali le imputazioni al Pd? Quali i capi d’accusa? In primis “non” è stata affrontata la questione del debito che ammonta a circa 14mld., nonostante i tagli e l’Irpef eccessiva imposta ai contribuenti. Cattiva gestione delle municipalizzate come Ama e Atac. Proteste incessanti dei 26mila dipendenti comunali sugli orari di lavoro, sulla riduzione del salario accessorio e sulla precarizzazione dei contratti per le maestre d’asilo.
Zero interventi sulla manutenzione stradale. Nessuno dei precedenti amministratori, anche municipali (ndr: se non nei giorni di campagna elettorale) ci ha messo veramente mano. Irrisolta la questione dell’acqua pubblica che, nonostante la vittoria referendaria del 2011, continua ad essere in mano a una SpA che seppure a maggioranza del Comune tutela gli interessi privati. Una causa fortemente sostenuta dal Crap (Comitato romano acqua pubblica) con incessanti battaglie.
Un’amministrazione, nel caso dell’acqua pubblica e dei trasporti, che ora si troverà di fronte il ddl art.19 l.124/2015 (DDL Madia) provvedimento che impone “la privatizzazione di tutti i servizi a rete, dall'acqua all'energia, dai rifiuti al trasporto pubblico locale, espropriando gli enti locali e le comunità territoriali di ogni facoltà nel determinare l'articolazione territoriale dei servizi e le politiche tariffarie”. Per non parlare della delibera 140 del 2015, approvata dalla giunta Marino che rappresenta una mannaia per gli spazi sociali della capitale, prevedendone lo sgombero forzato, come accaduto ad esempio al Centro di accoglienza agli immigrati “Baobab” sgomberato forzosamente nel dicembre 2015.
I cittadini ricordano e alle urne decidono. A volte. Questa volta hanno deciso eliminando il nemico numero uno del momento: il Pd. Compiendo anche una scelta a larghissima maggioranza, dettata in buona parte da una comprensibile rabbia sociale, anche che se ovviamente lascia ancora perplessità e dubbi sul possibile operato della nuova giunta. Dubbi che si scioglieranno forse solo con le prime delibere del nuovo sindaco romano, auspicando che la nuova amministrazione pentastellata riesca a ribaltare la mattanza sociale, messa in atto dalle precedenti irresponsabili amministrazioni che, nel segreto della cabina non potevano che essere punite da parte degli elettori.
È andata così come era inevitabile che andasse, anche se le ultime ore di campagna elettorale del candidato piddino e dei suoi minisindaci municipali sono state freneticamente attive per accaparrarsi consensi a destra e a manca e in full immersion per strappare quanti più consensi possibili.
Ma ora con chi avranno a che fare i cittadini romani? Chi è la Raggi di cui nella storia politica del paese e della capitale non si riscontrano molte tracce? Avrà, forte del suo mandato, coerenza e coraggio nelle scelte necessarie per affrontare le tante emergenze lasciate dalle precedenti giunte e a riportare nella capitale la vivibilità? Saprà operare la “svolta” tanto caldeggiata e promessa durante la campagna elettorale? E soprattutto, punto di fragilità evidenziato dai suoi avversari piddini, mostrerà le competenze necessarie e saprà rendersi autonoma nelle scelte per Roma dall’organo centrale del suo partito?
Virgina Raggi, una storia grillina
“In un momento storico in cui le pari opportunità sono ancora una chimera – dice la Raggi, fresca di vittoria - considero questa una notizia dal valore straordinario. Sarò il sindaco di tutti i Romani anche di quelli che non mi hanno votato, perché è questo quello che deve fare un sindaco. Lavoreremo per riportare legalità e trasparenza all'interno delle istituzioni. Con noi si apre una nuova era”.
Un discorso breve, con parole lette e pesate che nessuno ha osato contestare. Tesa, emozionata, poco sorridente e sottotono in confronto alla sua collega sostenuta da molti No Tav, Chiara Appendino, che da Torino sprizza euforia da tutti i pori lanciandosi in una dialettica anche un po’ logorroica e ansiogena (ndr: ma anche per lei avrà giocato l’emozione del debutto). La neosindaco di Roma dà il suo saluto alla città e garantisce legalità e trasparenza. In molti però si chiedono, al di là della fiducia incondizionata del popolo grillino, quale sia la sua storia personale e il suo iter politico che l’ha portata in breve agli altari del Campidoglio. Una “stella sconosciuta”, piombata da quale galassia?
“Romana de Roma”, vissuta nel quartiere Appio Latino a San Giovanni. Laurea in giurisprudenza, specializzata in diritto d’autore. Attivista politica, ha praticato il volontariato anche nei gruppi d’acquisto solidale. Ha esperienze di volontariato anche nei canili municipali romani. Nel 2011 entra nel M5S e nel 2013 viene eletta consigliere comunale con nomina alla scuola e all’ambiente. Appoggiata dai parlamentari Di Battista e Di Maio e dagli stessi Grillo e Casaleggio, inizia la sua scalata al Campidoglio.
I punti di forza del suo programma per Roma sono soprattutto sostenuti dal disastro causato dalle precedenti amministrazioni, dalle questioni su Mafia Capitale (tornata ora alle cronache dopo la cacciata di Marino), dallo smantellamento di tutti i servizi sociali, dalla tema della rinegoziazione del debito. Selling point: “Ripristinare legalità e trasparenza nei conti pubblici e negli appalti”. Le fragilità che limitano l’entusiasmo dei suoi elettori, soprattutto i non grillini, si riferiscono al vincolo che ha il neosindaco con il suo direttorio. Vincolo contrattuale che prevede una sanzione elevatissima, qualora si dovesse discostare dalla linea del partito.
Ma quest’ultima fragilità trova l’immediato contraddittorio dei 5 stelle, riferendosi alla totale subalternità a Renzi degli esponenti della precedente amministrazione piddina, dimostrata platealmente, specie in occasione del tradimento collettivo verso il sindaco Marino, costretto dalla sua stessa giunta di maggioranza alle dimissioni.
Quale futuro per l’attuale Roma ingessata e impoverita? Dipenderà dal coraggio delle scelte e dalla coerenza sistematica del neosindaco al programma proposto in campagna elettorale. Dalla sua la Raggi ha il privilegio, ma anche la responsabilità di genere, di essere la prima donna eletta al Campidoglio. E, solitamente, le donne, se si appassionano ad una causa giusta ed importante, non “mollano” e non deviano. Solitamente.