Un fenomeno veramente paradossale tende a ripetersi anche ora che abbiamo il governo più a destra dal ventennio fascista. Ancora una volta l’opposizione di sinistra riformista e una parte dell’opposizione di sinistra “radicale” e, persino, un settore di quella sedicente comunista, riesce a criticare il governo egemonizzato dagli eredi del fascismo, per così dire, da destra. Ciò avviene quelle rare volte che la destra sempre più radicale al governo “osa” mettere in discussione il pensiero unico imperante. Come è noto quest’ultimo è di norma espressione della classe dominante, che controlla in modo diretto o indiretto quasi tutti i mezzi di comunicazione e gli strumenti di egemonia sulla società civile, sia pubblici che privati. Del resto, se non si ha una visione complessiva del mondo realmente autonoma e indipendente dal pensiero unico, cioè se non si interpreta la realtà da un punto di vista rigorosamente marxista, non si può che essere egemonizzati dall’ideologia dominante. Il problema è che la classe dominante esercita il suo dominio mediante un blocco sociale che egemonizza. Ora, la destra sempre più radicale al governo tende a rappresentare le componenti più conservatrici e reazionarie non solo della classe dominante ma anche di altri settori egemonizzati dalla grande borghesia, come esponenti dei rentiers, della media e piccola borghesia. Rappresentano, inoltre, la parte più conservatrice e reazionaria del ceto medio, del sottoproletariato e, persino, degli elementi più privi di coscienza di classe e meno formati del proletariato. A tale scopo la destra radicale al governo deve utilizzare, oltre alla necessaria componente di rivoluzione passiva indispensabile per dominare con il consenso quantomeno passivo dei dominati, anche gli elementi populisti e demagogici, indispensabili per assicurarsi una base di massa, resa di fatto indispensabile dalla conquista del suffragio universale da parte dei subalterni.
Per tutti questi motivi ci sono singole prese di posizione della destra sempre più radicale al governo del Paese che non sono completamente allineate al pensiero unico dominante. Da una parte ciò dipende dal fatto che la destra rappresenta l’interpretazione più conservatrice e reazionaria dell’ideologia dominante, dall’altra parte tale scostamento è reso necessario dall’esigenza di rendere più egemonico e, dunque, più saldo il proprio potere. Così se generalmente la destra radicale giunta al governo tende a mettere da parte gli aspetti più demagogici e populisti che aveva dovuto assumere stando all’opposizione, con il consueto cinismo e trasformismo, d’altra parte deve comunque differenziarsi da un’opposizione che tende a farsi sempre più la fedele interprete della classe dominante o, quantomeno, dei suoi settori meno conservatori e reazionari. Proprio per questo l’opposizione sedicente di sinistra tende, non di rado, a capovolgersi nel proprio opposto. Ciò avviene in particolare perché detta opposizione mira a rappresentare gli interessi tendenzialmente transnazionali del grande capitale finanziario. Perciò la sedicente opposizione mira ad apparire più liberale, liberista e anche neoliberista della destra radicale al governo, in quanto si fa interprete degli interessi, per esempio, dell’imperialismo europeo o, più in generale, dell’imperialismo occidentale. Così tale sedicente opposizione di sinistra è sempre pronta ad attaccare da destra quelle componenti della destra radicale al governo che ogni tanto tendono a deviare dalla linea atlantista. Perciò, non appena qualche esponente del governo prova a rideclinare in senso meno ortodosso lo spirito da crociata dell’imperialismo “occidentale” contro i suoi nemici o avversari del momento, ecco subito una consistente parte della sedicente opposizione di sinistra pronta a gridare al tradimento, a stracciarsi le vesti per il delitto di lesa maestà nei confronti del pensiero unico dominante.
In tal modo, non appena un esponente del governo prova a mettere in discussione lo spirito da crociata del pensiero unico dominante, al momento orientato alla guerra sempre più aperta contro la Russia, subito arriva la netta condanna da parte della maggioranza della pseudo-opposizione di “sinistra”.
Tali momentanei e parziali scostamenti dal pensiero unico dominante della destra radicale al governo dipendono principalmente da alcuni fattori fondamentali, che vale la pena analizzare.
Dal punto di vista economico gli esponenti della destra assumono un’attitudine “critica” rispetto all’ortodossia atlantista dell’opposizione sedicente di sinistra per rappresentare e rafforzarsi con il consenso di quei settori, in primo luogo della borghesia, che vedono messi a rischio i propri profitti dall’interruzione dei commerci con la Russia e dalla troppo stretta sudditanza al credo atlantista. Quest’ultimo, dal punto di vista economico, va a favore soprattutto del capitalismo statunitense che tende così a prevalere su quello europeo. Dal punto di vista ideologico, l’attitudine talvolta più critica di settori della maggioranza di governo rispetto allo spirito di crociata atlantista, professato talvolta in modo più ortodosso dalla presunta opposizione di sinistra, dipende dal fatto che la guerra alla Russia sta portando l’imperialismo della NATO ad attenuare la guerra a Paesi con governi decisamente più di sinistra e progressisti del governo russo. In altri termini, ci si rende conto, talvolta, a destra che l’attuale crociata contro la Russia non può che rafforzare indirettamente i Paesi guidati da partiti comunisti o più consapevolmente antimperialisti. Così, vi sono settori dell’estrema destra che non vogliono regalare la Russia di Putin all’alleanza con Paesi come, in primis, la Repubblica Popolare Cinese e perciò intendono lasciare una porta aperta a un futuro rovesciamento di alleanze.
Vi è, infine, un motivo culturale per cui una parte della destra radicale, in particolare quella più legata alla chiesa cattolica, subisce l’influenza del Vaticano che, avendo uno sguardo meno condizionato dal profitto immediato a breve termine, si rende conto di come la politica di guerra fra potenze imperialiste o comunque di destra non possa che favorire le forze realmente di sinistra.
Discorso analogo vale per quanto riguarda le posizioni divergenti della destra radicale, persino quando è al governo, rispetto all’ortodossia pro-imperialismo europeo generalmente professata dalla “sinistra” di governo. Anche in questi casi vi sono innanzitutto gli interessi di quella parte, in primo luogo della borghesia, che ha interessi in contrasto con il grande capitale tedesco, dominante ed egemone nel blocco imperialista europeo.
In secondo luogo, ci sono motivi ideologici e culturali per cui la destra radicale ha posizioni radicalmente scioviniste e, perciò, parzialmente divergenti dalle tendenze cosmopolite del grande capitale finanziario. Per cui mentre anche la componente più radicale della sinistra di governo spinge per una maggiore integrazione anche politica e militare dell’Unione Europea, mirando a una federazione sostanzialmente sul modello statunitense, la destra radicale anche al governo continua a preferire una soluzione meno radicale, cioè una confederazione che lasci maggiori margini di manovra agli Stati nazionali. Anche perché i settori più reazionari sono consapevoli che sul piano dell’Unione Europea nel suo insieme non sarà possibile una svolta troppo radicalmente a destra, che invece avrebbe certamente maggiori margini di manovra in assenza di una dinamica continentale federalista.
Tali dinamiche appaiono in modo più evidente sul piano economico nel momento in cui la destra radicale al governo continua a fare una qualche resistenza al MES e, in misura minore, al PNRR, anche se, in quest’ultimo caso la differenza riguarda più la modalità di gestione. Resta però il dato di fatto strano e mostruoso che l’opposizione pseudo di sinistra – fino ad arrivare all’unico quotidiano sedicente comunista – sembrano opporsi da destra al governo più reazionario dai tempi di Mussolini, in quanto quello italiano è l’unico governo in sede UE a bloccare ancora il MES e, quantomeno, a non volerlo utilizzare. Allo stesso modo tale pseudosinistra si oppone di fatto da destra al governo che non spende tutte le risorse del PNRR, in tal modo coprendo e occultando da “sinistra” la logica neoliberista di tale piano.
D’altra parte bisogna sempre tenere conto che ogni cosa la si può criticare da sinistra o da destra, cioè in chiave progressista e/o rivoluzionaria, o in una prospettiva conservatrice e reazionaria. Per cui, se da un lato non bisogna cadere nell’errore che essendo il presente il governo più a destra dal ventennio fascista ogni critica debba essere bene accetta, a prescindere dalla sua prospettiva, dall’altra occorre evitare di cadere nell’errore opposto, cioè nel rischio di allearsi con la destra radicale per opporsi alla sinistra di governo. Il che, naturalmente, non può significare che non si debbano criticare le politiche antipopolari condotte dalla sinistra di governo per non confondersi o per non fare un indiretto piacere alla destra radicale. Ciò non può in nessun caso significare mirare a organizzare un fronte unico con la cosiddetta destra “sociale” demagogica e populista, dalla quale è sempre necessario mantenere le debite distanze, senza cadere nella diabolica logica della terza posizione. A ben guardare, in effetti, le critiche rivolte alla sinistra di governo, al di là delle apparenti differenze, sono sempre condotte, a ben vedere, da punti di vista e visioni del mondo necessariamente antitetiche.
In effetti, per quanto la sinistra di governo, non di rado, critichi l’attuale governo conservatore e reazionario da destra, non potrà mai realmente scalzarlo o sostituirlo in questa prospettiva. Allo stesso modo, volendo fare un esempio emblematico, per quanto un autore decisamente reazionario come Nietzsche possa talvolta apparire più acuto e, persino, condivisibile rispetto al pensiero liberale dominante, non bisogna cadere nel tragico errore di considerarsi nietzschiani di sinistra, né si può considerare questo ideologo radicalmente aristocratico, come un pensatore progressista, se non, addirittura rivoluzionario.