La guerra in Ucraina

Iniziamo a ragionare insieme sulle ragioni di fondo hanno portato a questo scontro


La guerra in Ucraina Credits: https://www.contocorrenteonline.it/2022/02/21/russia-ucraina-guerra-cambiamento/

 La conoscenza storica degli eventi – in particolare degli ultimi 20 anni – iscritta in una cornice sensata di ragionamento rappresenta una condizione fondamentale per districarsi concettualmente in una situazione estremamente complessa e delicata qual è quella dell’attuale fase bellica tra Russia e Ucraina con il coinvolgimento attivo dei paesi Nato.

Dal nostro punto di vista, tenendo sempre fermo il presupposto che nel nostro sistema di produzione la guerra rappresenta uno strumento fondamentale per la guerra tra capitali, l’ottundimento dei popoli e l’irrigidimento negli interessi nazionali che mistificano i rapporti reali tra le classi, non possiamo nascondere, anche a costo di contrastare le narrazioni dominanti attualmente diffuse, quali sono i principali responsabili di questa escalation militare nel cuore dell’Europa.

A nostro parere i principali responsabili del conflitto in Ucraina sono i paesi della Nato: le cosiddette “democrazie” occidentali o per meglio dire gli Stati imperialisti, che, dopo la caduta dell’Urss nel 1991, hanno disatteso tutti gli accordi con la debole Federazione Russa di Elstin sul fatto che la Nato non si sarebbe mai allargata a est e hanno, invece, inglobato in tre momenti differenti tutti gli ex paesi del Blocco di Varsavia confinanti con la Russia. Dal 1999 al 2017 hanno aderito all’Alleanza Atlantica: Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria, Estonia, Lituania, Lettonia, Bulgaria, Romania, Slovacchia, Croazia, Albania, Montenegro, praticamente tutti gli ex Stati del blocco di Varsavia più alcune delle repubbliche socialiste sovietiche storicamente più ostili alla Russia. La presenza di questi Stati ha, inoltre, determinato un rafforzamento dell’aggressività statunitense all’interno della Nato e nella stessa Unione Europea, poiché l’adesione di questi paesi alla Nato è stata concomitante all’adesione all’Ue.

L’Ucraina, invece, dal 1991 in poi è stata sempre controllata da un’oligarchia parassitaria – la stessa che governava in Russia in quegli anni e in buona parte è al potere ancora oggi – giocando un ruolo d’intermediazione tra Russia e Stati occidentali che ha accresciuto enormemente le differenze sociali e la corruzione all’interno del paese. Nelle regioni occidentali dell’Ucraina, nel frattempo, è cresciuto un sentimento antirusso determinato da fattori storici e utilizzato politicamente dalle élite del paese per contrattare il gas a prezzi favorevoli. La situazione di malessere in Ucraina è degenerata nel 2014 con la cosiddetta “rivoluzione di Maidan dove al malcontento popolare si è aggiunto lo strumentale coinvolgimento dei leader europei (che hanno parlato pubblicamente da piazza Indipendenza a Kiev), il finanziamento Usa e il coinvolgimento armato di gruppi di estrema destra quali “Settore destro” che si richiamano apertamente sul piano ideologico al collaborazionismo nazista durante la Seconda guerra mondiale. L’effetto combinato di questi fattori ha determinato un vero e proprio colpo di Stato e la creazione di un potere politico ferocemente razzista e russofobico che ha condotto una politica di “cancellazione ideologica” di tutto il portato culturale e linguistico tipicamente russofono presente nel paese allo scopo di predisporre un terreno anche sovrastrutturale favorevole all’occidentalizzazione. Secondo questa prospettiva, i peggiori nemici dei golpisti di Maidan sono divenuti proprio quei settori della popolazione più convintamente russofona e, tra i russofoni, quelli con più alti livelli di coscienza storica.

Il massacro di Odessa del 2014 è stato un evento in cui questa tendenza antirussa (e per certi versi antioperaia) si è spinta alla sua massima ferocia – mostrando in tal modo la sua reale natura – bruciando vivi i manifestanti antifascisti nella casa dei sindacati. E un fatto non secondario è stato che i responsabili del massacro nazista di Odessa sono stati sempre coperti dal regime ucraino e dai suoi complici occidentali.

Proprio questo tragico evento ha spinto le popolazioni delle regioni del Donbass e di Lugansk a rompere con il governo centrale di Kiev e ad autoproclamarsi repubbliche con un referendum vinto a stragrande maggioranza portando il governo ucraino a ingaggiare un conflitto armato permanente in queste regioni. Le sanzioni contro la Russia si sono accentuate da quel momento e la classe dirigente russa, sempre attenta agli equilibri politici con l’Europa, ha contenuto gli antifascisti del Donbass per mantenere un rapporto commerciale con gli Stati europei, tant’è che a ogni successo militare degli antifascisti ne conseguiva una pressione diplomatica sulla Russia per accettare accordi di pace che poi venivano regolarmente disattesi dalla politica bellicista del governo ucraino. Il riconoscimento delle due autoproclamate repubbliche del Donbass, da parte della Federazione Russa, è avvenuto solo pochi giorni fa sotto la spinta del Partito Comunista presente nella Duma.

Gli Stati Uniti in questi anni hanno effettuato regolarmente esercitazioni congiunte con il governo ucraino mentre non sono mai stati chiari sulla richiesta della Russia di garantire la non entrata dell’Ucraina all’interno della Nato. D’altro canto la diplomazia degli Stati europei, pur essendo questi i principali acquirenti del gas russo, si è rivelata inconcludente e incapace di svolgere alcuna azione di mediazione tra l’aggressività degli Usa e la Russia finendo sempre per supportare i nazisti ucraini fuoriusciti da Maidan. L’unico strumento diplomatico della Germania, dell’Italia e della Francia è stato quello di minacciare di ulteriori sanzioni nonché il blocco del gasdotto che la Russia stava costruendo con la Germania.

Questi passaggi storici che abbiamo appena tratteggiato sono stati completamente capovolti dai media occidentali – servi fedeli di una classe dirigente filisteicamente asservita agli Usa e all’alleanza atlantica – i quali, nascondendo le politiche di aggressione di lungo corso del cosiddetto “mondo democratico”, occultando il sostegno attivo a governi oligarchici sostenuti dai nazisti e ora, consapevoli dei meccanismi di ritorsione collegati alle sanzioni, hanno costruito una narrativa tutta orientata a scaricare sulla Russia i peggioramenti delle condizioni di vita delle classi popolari legati all’aumento spropositato del costo delle materie prime, del gas e, di conseguenza, di tutti i prodotti necessari alla riproduzione della forza lavoro.

L’opera di ribaltamento della realtà, di trasformazione dell’aggredito in aggressore viene alimentata costantemente tenendo fermo il dogma della superiorità dell’occidente e della vocazione fideistica nella sacra alleanza atlantica. Siamo del tutto consapevoli che la potenza persuasiva dei media, associata al compattamento della classe politica ai valori dell’atlantismo, produrrà nell’immediato una paura popolare che si scaricherà sulla Russia, che le oligarchie occidentali giocheranno il ruolo delle vittime – ruolo che spesso hanno utilizzato gli aggressori per convincere l’opinione pubblica e imbarcarla in pericolose avventure militari – ma non possiamo nascondere la verità storica e dentro questa verità si giocano le nostre vite, il futuro delle classi popolari nei prossimi anni. Le enormi spese militari che la fiscalità generale italiana dovrà pagare per aderire a questo folle progetto atlantista, il fatto che l’Italia dovrà pagare il gas a prezzi esorbitanti dal Qatar e, soprattutto, dagli Usa, evitando i contratti pluriennali che ci proponeva la Russia (contratti a prezzi fissi e vantaggiosi perché non suscettibili delle variazioni di mercato) imponendo progetti costosissimi per il trasporto e la costruzione delle piattaforme, accentuerà i processi inflattivi e il contenimento dei salari.

Per dichiararci coerentemente contro la guerra dobbiamo essere fermamente contro la Nato e contro il suo gigantesco apparato militare industriale che, tra le altre cose, consumando una quantità spropositata d’energia in modo del tutto irrazionale, si qualifica come una dei principali responsabili del cambiamento climatico oltre a essere un fattore di spreco costosissimo e inutile per le popolazioni, tanto più che la sua natura offensiva e non difensiva si è palesata apertamente nelle innumerevoli guerre degli ultimi venti anni. Riconoscere negli Stati occidentali e nel loro sistema ibrido di alleanze il principale fattore d’instabilità nel mondo e il pericolo principale per la pace e per la tutela degli interessi fondamentali delle classi popolari anche nei paesi occidentali è un elemento fondamentale per sviluppare un movimento contro la guerra che sia realmente ancorato ai bisogni concreti dei lavoratori che, in prospettiva, vogliamo difendere.

25/02/2022 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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