Operai Marcegaglia, sul tetto dell'azienda per protestare contro i ricatti

Ieri mattina un gruppo di operai della Marcegaglia hanno deciso di salire sul tetto, e di rimanervi ad oltranza, per protestare contro la chiusura dello stabilimento. I 7 lavoratori che sono in lotta contro l’azienda, tutti e 7 aderenti al comitato di lotta che lo scorso hanno ha tentato con le unghie e i denti di difendere invano lo stabilimento dalla deportazione.


Operai Marcegaglia, sul tetto dell'azienda per protestare contro i ricatti Credits: @zak_says

Ieri mattina un gruppo di operai della Marcegaglia hanno deciso di salire sul tetto, e di rimanervi ad oltranza, per protestare contro la chiusura dello stabilimento. I 7 lavoratori che sono in lotta contro l’azienda, tutti e 7 aderenti al comitato di lotta che lo scorso hanno ha tentato con le unghie e i denti di difendere invano lo stabilimento dalla deportazione.

di Redazione

Lo scorso giugno un accordo separato firmato da fim e uilm ha sancito la chiusura dello stabilimento di Milano per trasferirlo a Pozzolo Formigaro in Piemonte a 108 km dallo stabilimento che insiste nell’area della ex breda siderurgica.

In provincia di Milano Marcegaglia aveva (ed ha) due stabilimenti e altri due siti in provincia di Lecco e di Bergamo, ma l’illuminato gruppo dirigente aziendale non volle neppure sentir parlare di ricollocare in una di quelle quattro fabbriche i lavoratori: a chi non accettò il trasferimento a Pozzolo Formigaro toccarono due anni di cassa integrazione straordinaria.

Grazie al governo Renzi e alle sue nuove norme sugli ammortizzatori sociali, i due anni di cassa si sono ridotti a uno e così Marcegaglia ha deciso di imporre ai 7 lavoratori rimasti il trasferimento forzato a Pozzolo oppure il licenziamento.

Con un atteggiamento piuttosto arrogante e nonostante il fatto che i lavoratori abbiano fornito un elenco dettagliato delle reali necessità di organico nei 4 suddetti stabilimenti, l’azienda ha semplicemente dichiarato: “Decidiamo noi se, quando, e dove assumere, e al momento abbiamo deciso che non serve nessuno”.

Il 30 giugno un altro incontro per espletare il formale “esame congiunto” per art. 8 CCNL con le rappresentanze. E anche in quella sede l’azienda ha ribadito la deportazione e con mezzi propri, che significa una spesa media procapite per recarsi a lavoro di circa 800 euro mensili. L’azienda stessa ha riconosciuto che l’esito più probabile di tale trasferimento e l’assenza ingiustificata e il conseguente licenziamento disciplinare

“Che il gruppo dirigente di Marcegaglia volesse semplicemente disfarsi dei lavoratori della fabbrica di V.le Sarca a noi è stato chiaro da subito”, scrive la Fiom in un comunicato. “Ma ora, quando la partita di gioca su 7 operai, dovrebbe essere chiaro a tutti. E’ impensabile, infatti, che l’azienda non riesca a ricollocare un numero così esiguo di lavoratori in uno dei quattro siti limitrofi a Milano, che producono a pieno ritmo e dove, spesso, si fanno straordinari”, si legge ancora nella nota.

“Va ricordato che il gruppo Marcegaglia acquistò a prezzo agevolato i capannoni di viale Sarca – sottolinea Massimiliano Murgo, Rsu Fiom - grazie alle allora ‘Prodiane’ politiche di incentivazione al rilancio industriale delle aree industriali inutilizzate. Il prezzo fu di circa 50 mila lire al Metro quadro. Nel nuovo contesto urbano il valore del terreno raggiunge diverse migliaia di euro, e parliamo di un area di quasi 80000 metri quadrati. Liberare quest’area fa intravedere un enorme speculazione da parte dell’azienda”.

Gli operai furono messi davanti a 3 scelte, spiega Murgo:

-Trasferirsi nello stabilimento piemontese avvalendosi di un servizio navetta e 150 euro lorde di incentivo individuale, oppure 250 euro lorde individuali con i mezzi propri. Entro il 18 luglio 2014 hanno operato questa scelta circa 60 lavoratori, a cui gia 4 hanno rinunciato.

-Accettare il licenziamento dietro il versamento di un incentivo di 30000 euro lorde (circa un anno di retribuzione media lorda) più il riconoscimento del mancato preavviso.

-Accedere al secondo anno di cassa integrazione straordinaria con l’impegno dell’azienda fin dal primo giorno di cassa (1 settembre 2014) a ricercare negli stabilimenti di Lanate – Corsico – Boltiere – Lomagna, un ricollocamento, con l’impegno di proporre (non imporre) comunque il trasferimento a Pozzolo a chi non si fosse riuscito a ricollocare.

I 7 lavoratori che sono in lotta contro l’azienda, tutti e 7 aderenti al comitato di lotta che lo scorso hanno ha tentato con le unghie e i denti di difendere invano lo stabilimento dalla deportazione, contrari a questo accordo che ha già falcidiato 90 posti di lavoro circa a Milano, non hanno accettato i soldi “né di essere deportati”.

“7 è un numero piccolissimo – continua Murgo - per un gigante come Marcegaglia. È davvero la cosa più semplice e meno costosa da fare per l’azienda ricollocarli. Ma invece ha deciso di punirli. La determinazione di risollevarsi dalla sconfitta dello scorso hanno, nel mantenere l’obiettivo di avere un lavoro dignitoso che non gli sconvolgesse la vita, nel non lasciarsi intimidire dalla baldanza padronale, è un onta per il padrone Marcegaglia, che ha scelto un uomo della scuola FIAT per gestire con la mano pesante e la faccia di gomma la vertenza di milano e non solo”.

La richiesta dei lavoratori è semplice: Rispetto degli impegni, e ricollocazione nelle aziende previste nel accordo. A Lomagna, a Corsico, a Lainate, a Boltiere sono sotto organico, si fanno un botto di straordinari.

Fondamentalmente i lavoratori di Milano ci dicono: “Redistribuire il lavoro che c’è per lavorare tutti”.

Articolo pubblicato in co-produzione con "controlacrisi" 

02/07/2015 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: @zak_says

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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