Due film contro il revisionismo

La verità negata e Il viaggio di Fanny sono due preziosi film che contrastano il rovescismo storico.


Due film contro il revisionismo Credits: Fotogramma del film

Passati quasi inosservati, La verità negata è stato snobbato dalla critica, mentre il Viaggio di Fanny è stato distribuito in Italia nel solo giorno della memoria, sono comunque due opere importanti, non tanto dal punto di vista estetico, ma per il contributo che offrono alla sempre più necessaria lotta contro il rovescismo storico. Evidentemente per la critica snob, alla quale tale rovescismo fa tutto sommato comodo, si tratta di opere o da ignorare o da denigrare. Per una critica non insensibile alla lotta per l’emancipazione del genere umano, si tratta al contrario di film su cui riportare l’attenzione, anche perché danno molto da riflettere a un pubblico altrettanto animato da alte ambizioni. Mentre, come è naturale, avrà poco o nulla da dire allo spettatore snob unicamente preso dalla piccola ambizione di emergere come intellettuale contrapponendosi alla massa dei lavoratori manuali.

La verità negata (valutazione 7-) offre, attraverso un film avvincente, sapientemente architettato, con un cast di eccezione di rivolgersi a un ampio pubblico, anche proletario, portandolo a ragionare sull’importanza della lotta a livello delle sovrastrutture nell’arrestare la resistibile riconquista del potere del fascismo del XXI secolo. Come per rendere maggiormente credibile la fine del mondo, piuttosto che la fine del capitalismo, è indispensabile la demonizzazione di ogni espressione del socialismo reale, così per rendere nuovamente appetibile, quale unica possibile alternativa alla crisi del liberismo, forme più o meno inedite di bonapartismo regressivo, diviene necessaria una apologia indiretta del fascismo reale. Così l’ideologia dominante non si limita all’apologia diretta dell’ideologia fascista, dal superamento della differenza fra destra e sinistra, al socialismo nazionalista, alla rivalutazione del corporativismo quale soluzione alla lotta di classe, ma mira a revisionare, senza nessun timore di negare la verità, il giudizio storico universalmente negativo persino sugli aspetti più indifendibili del nazifascismo reale, i campi di sterminio.

Nel film assistiamo così al paradosso che chi difende la verità storica dei campi di sterminio e le responsabilità di Hitler è costretto a chiedere a destra e a manca finanziamenti indispensabili ad assumere un pool di avvocati di prestigio per potersi difendere dall’accusa di aver diffamato il più radicale dei negazionisti dello sterminio degli ebrei. Tale paradosso è favorito dall’ultra conservatore sistema giudiziario inglese, inchiodato alle sue del tutto anti-democratiche e anti-moderne tradizioni liberali, non a caso esaltate dall’ideologia dominante, per cui è l’accusato di diffamazione a dover provare la propria innocenza, non esistendo neppure la norma, alla base del garantismo giuridico, della presunzione di innocenza dell’indagato. In tal modo, come risulta evidente, la tanto sbandierata libertà individuale, a partire dalla stessa libertà di parola, vale solo per i ricchi possidenti, in grado di pagarsi un valido pool di indagati, mentre diviene rischiosissima per un subalterno denunciare le malefatte di un potente.

Ecco così che diviene necessario togliere ulteriormente la voce alle vittime, impossibilitate a denunciare i crimini subiti, e la stessa storica ebrea accusata per aver criticato i negazionisti della shoah, a causa di un sistema che mette proprio le vittime sul banco degli imputati, per aver denunciato le barbare ingiustizie subite. Anzi, ancora più paradossalmente, è proprio l’imputata di diffamazione, per aver smontato le tesi negazioniste, a doversi difendere dinanzi all’opinione pubblica, al solito espressione della classe dominante, che la accusa di aver posto in discussione la libertà di parola, nella figura dell’apologeta di Hitler e del negazionista dei campi di sterminio. Secondo la nota ideologia liberale per cui la libertà, individualisticamente fondata, non può che coincidere con l’arbitrio e, quindi, in ultima istanza con il diritto del più forte. Così, ad esempio, non è sufficiente documentare, con precisi riferimenti allo stesso diario del negazionista, il suo essere razzista e antisemita – assolvendo così la storica ebrea dall’accusa di averlo calunniato, per dimostrare come la sua negazione della verità storica sui campi di sterminio, non sia imputabile a un semplice e umano errore involontario. Infatti il giudice, ossia il tutore di un ordine sociale ultra-conservatore, come quello liberale – tanto da essere costretto ancora a travestirsi, parrucca compresa, da magistrato del Settecento – termina l’udienza domandandosi se non avesse ragione il negazionista a sentirsi diffamato, in quanto era realmente convinto della giustezza delle proprie posizioni razziste e antisemite.

Il film, inoltre, mostra come in una società profondamente corrotta e decadente persino per fare in modo coscienzioso il proprio lavoro, persino per poter difendere impunemente la verità dinanzi alla sua palese negazione, bisogna essere degli eroi. Vediamo, infatti, come la valente studiosa ebrea sia costantemente costretta a giustificarsi, persino dinanzi a esimi membri della comunità ebraica londinese, dall’accusa di non aver voluto patteggiare con il negazionista, che la accusava di diffamazione, per aver dimostrato come, in nome del suo razzismo e antisemitismo, avesse apologizzato la stessa figura del Führer, manipolando e mistificando la realtà storica dei campi di sterminio.

Infine la pellicola affronta un’altra questione decisiva, ovvero se possa essere un tribunale, ovvero un potere di un certo tipo di Stato, a stabilire per legge quale interpretazione storica sia da considerare valida e quale non lo sia. In tal modo, ad esempio, le condanne inflitte a Giordano Bruno o a Galileo sarebbero state legittime, visto che i tribunali del tempo consideravano vere le posizioni di chi riteneva ad esempio la terra immobile e al centro del creato. In tal modo, per tornare a un esempio ahinoi quanto mai attuale, la (sedicente) vittoria elettorale di forze reazionarie negli Usa consentirebbe di imporre la concezione mitologica creazionista nei confronti di quella scientifica evoluzionista.

Si tratta di un tema delicatissimo, che rischia di imporre per legge il pensiero unico espressione della classe dominante, vietando ogni interpretazione dissenziente. Così in diversi paesi governi visceralmente anticomunisti sono tentati di negare per legge sia le interpretazioni giustificazioniste del nazismo, sia quelle del comunismo, secondo l’ideologia liberale dominante che le eguaglierebbe quali espressioni del totalitarismo.

In realtà questo rischio reale, per cui il potere politico intende porre sotto il proprio dominio la stessa libertà della ricerca scientifica, nella problematica storica reale rappresentata dal film, è utilizzata in modo strumentale dai sostenitori più o meno occulti del negazionismo. In effetti, nel caso scientifico, non era chi si batte contro la negazione della verità a chiedere la condanna giuridica di chi la mistifica e la manipola in funzione della de-emancipazione del genere umano, ma al contrario era proprio chi, falsificando gli eventi storici intendeva assolvere Hitler dal genocidio degli ebrei, a cercare di far negare per legge la possibilità stessa di essere smascherato.

Il viaggio di Fanny (valutazione 7-) è un ottimo film in primo luogo per ragazzi, da un forte valore didattico, in quanto racconta in modo emozionante e avvincente una avventurosa epopea di un gruppo di adolescenti costretti ad atti di coraggio eccezionali pur di potersi mettere in salvo da chi mirava a sterminarli in quanto prole di una minoranza religiosa, di cui si voleva fare il capro espiatorio per tutte le contraddizioni che portano alla crisi della società capitalista, senza metterne in discussione i rapporti di produzione. A dimostrazione ulteriore che in una società particolarmente mal governata, fondata su una concezione del mondo irrazionale, persino sopravvivere, anche per una creatura del tutto innocente, diviene necessariamente un atto di eroismo.

Al di là dell’alto valore didattico che possiede il film per degli adolescenti, la pellicola oltre a risultare piuttosto avvincente anche per un pubblico di adulti, lascia anche a questi ultimi degli importanti motivi di riflessione. In primo luogo sul tema della banalità del male, ovvero di quell’attitudine qualunquista, individualista, conformista a divenire complice passivo o anche attivo dei regimi anche più oppressivi e irrazionali, credendo così di tutelare le proprie piccole ambizioni individualiste e i propri piccoli privilegi. Così vediamo non solo come le “persone normali” francesi rimanessero generalmente del tutto inerti e in molti casi indifferenti, di fronte alla tragedia di bambini francesi “colpevoli” di essere figli di genitori appartenenti a una minoranza religiosa, ma mamme pronte a denunciare i bimbi ebrei, nella vana speranza di trovare un trattamento di favore per sé da parte dei carnefici, gendarmi della Repubblica di Vichy contribuire nel modo più diligente possibile alla persecuzione di fanciulli innocenti, proprio perché incapaci di ragionare sul significato morale delle proprie azioni. Infine, vediamo il peso profondo di una tradizione mitologico-religiosa che tende a criminalizzare i non conformisti, le minoranze religiose, nel caso specifico accusate di ogni nefandezza a partire dal deicidio. Così vediamo non solo membri del clero collaborare attivamente alla persecuzione di bambini ebrei, ma comprendiamo quale brodo “culturale” possa portare i gendarmi francesi a essere così diligenti nella caccia ai bambini ebrei, in quanto incapaci di riconoscervisi, di riconoscere in loro degli esseri umani, dei membri della comunità civile.

Questo tema della complicità di ampi strati delle classi dominanti francesi al regime filo nazista di Vichy è particolarmente attuale oggi, quando gli eredi dei collaborazionisti rischiano di essere il partito più votato in Francia proprio grazie al revisionismo storico, anzi al vero e proprio negazionismo delle responsabilità francesi, in particolare della borghesia, nelle malefatte del nazifascismo durante la seconda guerra mondiale.

In particolare è essenziale ricordare come siano stati i nazionalisti francesi, generalmente espressione della borghesia e del ceto medio che, dopo aver contrastato in ogni modo i lavoratori per aver indebolito con la loro egoista lotta di classe la grandeur nazionale, a collaborare in funzione subalterna con i nazisti tedeschi, pur di esorcizzare una nuova affermazione del Fronte popolare. Dunque, che cos’è la persecuzione di bambini francesi, per giunta ebrei, dinanzi alle malefatte del Fronte popolare che aveva imposto, con la lotta di classe, nefandezze quali: la contrattazione collettiva, la retribuzione delle ferie, la settimana lavorativa di 40 ore e significativi aumenti salariali?

22/04/2017 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: Fotogramma del film

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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