Senza Editore

La vendita del gruppo editoriale Gedi all’imprenditore greco Theo Kyriakou mette in crisi il sistema dei media creando incertezza per il futuro dei giornali, La Stampa e La Repubblica, non ci sono garanzie per i giornalisti e addetti vari.


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Al momento un giornale cartaceo acquistabile nelle edicole non ha, e né potrebbe avere in futuro, un ruolo primario nell’informazione non soltanto per le innovazioni tecnologiche continue nel campo delle comunicazioni che rilanciano ottimi giornali digitali ma perché è ancora centrato sempre sulla comunicazione politica a favore dei gruppi economico-finanziari che caratterizzano i giornali di oggi; lo stesso dicasi per un giornale digitale che è sempre strettamente condizionato dai poteri economici e finanziari. Ma non è detto che debba essere così in eterno e, con l’ottimismo della ragione di gramsciana memoria, un giornale cartaceo o digitale potrebbe avere già da oggi un suo ruolo se solo si liberasse dai condizionamenti politici ed economici e centrasse il suo focus sulla realtà di tutte le economie, non soltanto quindi guardando ai mercati finanziari e ai business ma primariamente alle dinamiche molto condizionate dei poteri di acquisto dei salari, stipendi e pensioni e alle condizioni materiali delle famiglie italiane, molto in crisi in questa fase attuale.

Le vicende della vendita dei due quotidiani, La Stampa e La Repubblica, sono note e in questo articolo si vuole delineare una possibile e diversa prospettiva per il futuro dei lavoratori dell’informazione del gruppo editoriale Gedi, soprattutto rispetto alle richieste correnti presentate e che in breve riguardano: la prima (e sicuramente la più importante) il futuro delle due testate e i livelli occupazionali ma, soprattutto, la solidità del potenziale finanziario del compratore che non è affatto secondario; in secondo luogo i destini delle attività messe in comune a livello di gruppo con le infrastrutture digitali e le produzioni dei video, e quindi la garanzia di poter continuare a svolgere il lavoro così come è stato fatto fino a oggi. Certo, si tratta di richieste ordinarie, obiettivamente possibili, ma sono compatibili con gli obiettivi di questa operazione di vendita?  

I telegiornali hanno dato notizia che John Elkann ha deciso di vendere la Gedi, il gruppo editoriale della famiglia Agnelli controllato dalla holding finanziaria Exor, con riguardo a tutti i media nel loro insieme e cioè carta, radio, testate online. Ma non si tratta di una rivoluzione che interessa esclusivamente il settore dell’informazione: è soprattutto una operazione finanziaria che fa astrazione dalle problematiche che interessano i lavoratori che nel complesso hanno capito molto bene quali sono gli obiettivi di Elkan e riguarda pienamente anche i lettori dei due giornali in quanto non è detto che ad operazione terminata La Stampa e La Repubblica e le radio saranno quelle che sono oggi, con tutte le critiche su quello che oggi incarnano le due testate giornalistiche. 

Le vicende dei due quotidiani si stanno svolgendo in maniera veloce tanto che si parla del fatto che l’operazione dovrebbe concludersi prima di Natale. E' chiaro però  che i progetti di vendita sono stati pensati da tempo, per La Repubblica  è stata data notizia ufficialmente domenica 7 dicembre e comunque dopo mesi di indiscrezioni, per La Stampa, uno storico gioiello della famiglia Agnelli e nemico giurato dei lavoratori, la notizia è stata data alle cinque della sera di mercoledì 10 dicembre quando i rappresentanti aziendali, il Presidente del gruppo Gedi Paolo Ceretti, l’amministratore delegato Gabriele Comuzzo, l’amministratore delegato di Gnn Corrado Corradi e il responsabile del personale Alessandro Bianco, l’hanno comunicato al Comitato di redazione della testata. È chiaro che le trattative erano in corso da tempo con l’acquirente della Gedi ossia il Gruppo Antenna1 dell’imprenditore greco Theo Kyriakou che, secondo dettagli diffusi dai media, non vorrebbe La Repubblica ma vuole le tre radio (Radio Deejay, M2O e Radio Capital) e non vuole La Stampa e forse neanche Huffington Post, Limes e National Geographic. Da qui l’ipotesi che il compratore ateniese potrebbe prendere il pacchetto intero per poi girare La Stampa a qualcun altro con l’aiuto forse dello stesso Elkann. 

Perché Elkann vuole vendere tutto? Chi firma questo articolo pensa che l’immediata disponibilità monetaria corrente che si ricaverebbe da questa vendita in tempo reale (tanto che l’operazione dovrebbe concludersi entro gennaio del 2026) dovrebbe coprire i buchi aperti nel bilancio di Stellantis a causa della diminuzione delle entrate in funzione della mancata produzione di auto che da un milione e ottocentomila sono calate soltanto a trecentomila mettendo, come è noto, i lavoratori di vari stabilimenti in cassa integrazione. Della crisi dell’auto e di Stellantis non se ne parla, i servizi dei telegiornali sul tema sono presentati con comunicazione veloce e con zero approfondimenti, e figuriamoci i dettagli sui bilanci. Ciononostante alcune informazioni sul bilancio di Stellantis sono note e sono alquanto sufficienti per dimostrare che la situazione finanziaria di questo gruppo non è affatto buona. In breve: il bilancio di Stellantis mostra risultati contrastanti nel 2024/2025 con un calo dei ricavi e dell’utile netto nell'esercizio 2024 (ricavi 156,9 mld, utile 5,5 mld) e il primo semestre 2025 è stato molto difficile (ricavi 74,3 mld, -13%) a causa di volumi e mix sfavorevoli oltre a impatti esterni (tariffe, cambi) che hanno portato alla sospensione della guidance 2025; l'azienda sta lavorando a strategie per recuperare e punta su nuovi modelli e il controllo dei costi, ma i risultati 2024 hanno visto un flusso di cassa negativo (-6 mld) per adeguamenti produttivi e gestione scorte. Al di là dell’esattezza e delle verifiche dei numeri, è comunque chiaro che sia necessario per Stellantis un aumento della liquidità e probabilmente la vendita della Gedi potrebbe avere questa finalità; certo è che la relazione “bilancio Stellantis e vendita Gedi” potrebbe essere oggi all’attenzione di Elkann che è il Presidente Esecutivo di Stellantis, il gruppo che come è noto è nato dalla fusione tra FCA e PSA e di cui, dopo le dimissioni di Carlos Tavares (inizio 2025), Elkann ha assunto anche la guida operativa del comitato esecutivo agendo come amministratore delegato ad interim e guida della strategia aziendale con una attenzione particolare sul futuro produttivo in Italia. I risultati purtroppo non sono buoni. Essendo l'erede della famiglia Agnelli tramite Exor rappresenta l'azionista di maggioranza relativa e ha un ruolo centrale nelle decisioni strategiche del gruppo; quindi, si voglia o no, ha responsabilità non di poco della gestione di Stellantis e la vendita del gruppo Gedi evidentemente forse non è considerata come una opzione ma potrebbe essere una necessità. 

Dai media sappiamo che sono 1300 i giornalisti e gli addetti che lavorano per il gruppo Gedi che da mesi vivono in una incertezza crescente, come ha anche dichiarato Francesca Schianchi  che è una giornalista del giornale La Stampa: infatti nel suo “spiegone” nella trasmissione di Diego Bianchi, Propaganda Live, di venerdì 12 dicembre in onda sul La7, Francesca Schianchi ha raccontato [1] il momento delicato che sta attraversando il gruppo Gedi che, come lei dice, è diventato suo malgrado una notizia. La giornalista ha spiegato che Exor, la finanziaria della famiglia Elkann ha deciso di uscire dall’editoria e sta portando avanti una trattativa avanzata con un gruppo greco per la vendita del gruppo che pubblica La Stampa e la Repubblica ed ha sottolineato la forte amarezza della redazione del giornale La Stampa, giornale con 158 anni di storia, ed ha spiegato che il potenziale acquirente non sarebbe interessato alla testata torinese. Questa cosa costringerebbe il quotidiano a trovare un nuovo editore entro pochi mesi, in un passaggio definito estremamente delicato. La giornalista evidenzia infine il malessere dei lavoratori del gruppo che hanno appreso della vendita per ultimi, sentendosi offesi e mortificati dalle modalità con cui l’operazione è stata gestita. Il messaggio di questa giornalista è da prendere in considerazione ed ha alimentato una solidarietà che però non ha sbocchi concreti in quanto cosa accadrà dopo? Anche Michele De Palma, segretario generale della Fiom-Cgil, a margine del corteo per lo sciopero generale del 12 dicembre della Cgil, ha dichiarato la solidarietà della Cgil e al riguardo [2] ha detto anche che la vendita della Gedi sta avvenendo nel silenzio del governo: “Siamo ai saldi di fine stagione. Gli Elkann stanno vendendo tutto e io oggi voglio solidarizzare con le lavoratrici e i lavoratori di tutto il gruppo Gedi e anche con tutti i giornalisti per lo sciopero che hanno fatto per il rinnovo del contratto. Penso a tutta la parte industriale e a tutta la parte che riguarda l'editoria. È inaccettabile perché è un patrimonio del nostro Paese, è un patrimonio dei lavoratori e non può diventare una rendita invece per una famiglia”.

Proprio le dichiarazioni di Michele De Palma suggeriscono che bisogna alzare il tiro e che l’insieme dei lavoratori del gruppo Gedi debba anche proporre soluzioni indipendenti rispetto alla vendita in corso ma anche rispetto alle richieste che hanno già avanzato. Al momento, giornalisti e addetti vari si trovano praticamente senza editore e quindi operano senza una linea editoriale e quest’ultima circostanza pesa sull’organizzazione del loro lavoro e ci si chiede: come verranno gestiti i giornali e le radio? La contraddizione è che l’insieme dei lavoratori di questo gruppo presenta un forte potenziale di professionalità a tutti i livelli, pur lavorando in aree del paese diverse, ma se si unissero potrebbero proporre gestioni condivise; tuttavia dovrebbero avere un riferimento che dovrebbe essere il governo che purtroppo sulla vicenda è come se non esistesse in quanto le poche dichiarazioni rilasciate al riguardo sono davvero vuote e, al di là delle convocazioni delle parti, nulla è stato diffuso dai media. In fondo la musica è chiara e l’abbiamo già ascoltata in altre occasioni: sono aziende private e fanno le loro scelte nel libero mercato. Ecco perché è necessario che i lavoratori presentino una proposta, obiettivamente articolata, di gestione con linee editoriali condivise finalizzate a rilanciare le testate e le radio. Sia chiaro! Se niente si fa e si attendono passivamente gli esiti delle trattative ci si può trovare probabilmente di fronte ad una scelta di prendere o lasciare che potrebbe compromettere l’occupazione e l’organizzazione del lavoro. La vicenda non è facile da gestire ma l’intelligenza collettiva dei lavoratori è alta ed è un patrimonio importante. Non è impossibile cambiare il corso degli eventi se l’insieme dei lavoratori del gruppo presenta una vertenza sul rilancio delle testate giornalistiche e delle radio.

Il Comitato di Redazione del giornale La Stampa ha diffuso un comunicato [3] che dà notizia che sabato 13 dicembre Elkann ha respinto l’offerta di acquisto della Juventus dichiarando in un videomessaggio che “la squadra, la nostra storia e i nostri valori non sono in vendita”. Una contraddizione? No. Sappiamo che il calcio è anche uno strumento per fare politica oltre che svolgere una funzione sportiva che ha naturalmente in sé. Questo comunicato è importante perché dimostra che ci sono tensioni molto forti e i lavoratori sanno bene che ormai questo gruppo verrà comunque ceduto.   

Note

[1] (https://www.la7.it/propagandalive/video/vendita-la-stampa-schianchi-siamo-profondamente-offesi-e-mortificati-dalle-modalita-12-12-2025-624968).

[2] LaPresse: (https://stream24.ilsole24ore.com/video/economia/editoria-de-palma-fiom-vendita-gedi-silenzio-governo/AIqMoLN?refresh_ce=1).

[3] (https://www.lastampa.it/torino/2025/12/15/news/il_comunicato_del_cdr_de_la_stampa-15434875/).



18/12/2025 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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Felice di Maro

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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