Per orientarsi nel caos creativo libico

La Libia ridotta a crocevia dell’incontro scontro fra i principali blocchi reazionari a livello internazionale


Per orientarsi nel caos creativo libico Credits: https://www.socialismoitaliano1892.it/2019/04/10/caos-libia-litalia-si-scuota/

I renziani e “La Repubblica” sono in pressing sul governo perché invii quanto prima un contingente militare il Libia, per rafforzare un presunto diritto d’intervento italiano su questo disastrato paese. Tale presunzione si basa in primo luogo su una pseudo giustificazione storicista, per cui l’Italia avrebbe un diritto di primogenitura sul paese africano in quanto è stato una sua colonia. Un vero e proprio paradosso, dal momento che proprio perché l’Italia ha aggredito imperialisticamente la Libia e gli ha imposto il suo nefasto giogo coloniale dovrebbe essere l’ultimo dei paesi a permettersi di poter riprendere, sotto altre forme, una occupazione militare del suolo libico.

Un altro argomento che viene chiamato in causa per giustificare un presunto ruolo di primo piano italiano in Libia è il fatto che la maggioranza degli immigrati clandestini, che cercano di sbarcare in Italia, passano per questo paese. Anche in tal caso siamo dinanzi a un vero e proprio paradosso. L’Italia ha, in effetti, contribuito alla devastazione dello Stato libico, dal quale prima dell’aggressione imperialista della Nato nessuno emigrava, ma al contrario molti poveri disgraziati di altri paesi africani provavano a emigrare in Libia. Il paese era pacificato, in grado di controllare tanto le sue frontiere meridionali quanto le sue coste settentrionali, impedendo l’esodo di emigrati senza per altro chiedere per questo finanziamento all’Italia. Se anche allora vi era qualche denuncia per il mancato rispetto dei diritti umani, la situazione non era nemmeno lontanamente paragonabile all’inferno che si è scatenato dopo l’aggressione imperialista, con la costruzione di veri e propri lager in cui vengono rinchiusi gli emigrati – gestiti da banditi – sostanzialmente finanziati indirettamente dallo Stato italiano.

Un motivo più reale e veritiero dell’esigenza dell’imperialismo italiano di aumentare la sua presenza militare in Libia, di cui naturalmente non si parla mai nei grandi mezzi di comunicazione, sono gli ingenti investimenti di capitali dell’Eni nelle risorse energetiche di cui il paese è molto ricco. Anche in questo caso, però, a rendere sempre più necessaria la presenza molto costosa di militari a difesa dei capitali sovraprodotti investiti in Libia è stata proprio la sistematica distruzione di uno degli ultimi Stati arabi sostanzialmente laici. Precedentemente, infatti, i capitali italiani erano tranquillamente investiti senza bisogno di protezione militare nello Stato libico, che a sua volta investiva quote significative di capitali nelle imprese italiane.

L’appoggio dato prontamente dall’Italia, senza aver nulla da dire in contrario, all’aggressione imperialista ordita dalla Francia di Sarkozy – che per altro doveva nascondere i significativi finanziamenti ricevuti da Gheddafi per la sua elezione – e poi da Gran Bretagna e Usa di quello che era da poco divenuto il principale alleato italiano nella sponda sud del Mediterraneo, ha veramente dell’incredibile. L’Italia che aveva appena firmato un trattato di amicizia, di non aggressione e di importante cooperazione economica con lo Stato libico è passata, senza colpo ferire, fra le potenze imperialiste coinvolte nell’aggressione. Perdendo in maniera significativa la credibilità che poteva avere sul piano internazionale, unicamente per dimostrare la propria assoluta subordinazione al patto atlantico e alla più aggressive potenze imperialiste al suo interno.

Questo ormai consueto tradimento del proprio alleato non può nemmeno essere imputato al presidente del consiglio Berlusconi, ma è stata una decisione letteralmente imposta dal presidente della Repubblica, primo ex comunista a ricoprire questa carica. A dimostrazione ancora una volta che i rinnegati del Pci sono sempre pronti a scattare sull’attenti per assumere le posizioni più realiste del re, ovvero per mostrare il proprio completo servilismo dinanzi alle potenze leader dell’imperialismo occidentale, per farsi perdonare le giovanili posizioni antimperialiste.

Particolarmente tragicomico è, inoltre, la denuncia degli apparati ideologici di Stato italiano della presunta intrusione di Russia e Turchia che, in un modo o nell’altro, sono riuscite in un lasso di tempo decisamente breve a trovare un accordo di fondo per il cessate il fuoco fra le parti che i politici italiani, con il loro consueto doppiogiochismo, nonostante tutte le energie profuse, non erano state mai in grado di garantire. Se Turchia e Russia sono riuscite a trovare quell’accordo di pace, che Italia e Unione europea avevano invano cercato di realizzare, anche per il mancato accordo fra Francia e Italia, bisognerebbe lodare piuttosto che recriminare per il risultato ottenuto.

Anche le accuse rivolta alla Russia di partecipare alla guerra con milizie mercenarie è alquanto discutibile. In primo luogo trattandosi di milizie mercenarie private non rispondono direttamente al governo politico russo. Inoltre, ben più gravi sono gli interventi diretti a fianco delle truppe del generale Haftar da parte di Francia, Egitto ed Emirati Arabi uniti.

Per quanto riguarda l’intervento turco, se questo deve essere criticato in quanto la Libia è stata a lungo parte dell’Impero turco ottomano, una critica del genere dovrebbe essere rivolta all’Italia quale potenza ex coloniale. Per altro l’intervento turco fa parte di un trattato, firmato proprio dal presidente riconosciuto dalle Nazioni unite e da sempre sostenuto anche dall’Italia. Ancora più paradossale è l’accusa da parte di paesi imperialisti alla Turchia di utilizzare mercenari fondamentalisti islamici, dal momento che si tratta degli stessi integralisti al soldo di Erdogan, utilizzati per rovesciare il governo siriano, con il completo appoggio di tutte le potenze imperialiste occidentali.

Per altro il tanto richiesto – sia dal governo che dai grandi mezzi di comunicazione – intervento militare italiano ed europeo viene sempre presentato come una forza di interposizione, analoga a quella impiegata in Libano per impedire la ripresa della guerra di quel paese con Israele. Al contrario, nel caso attuale, si tratterebbe di interporsi fra due fazioni in lotta fra loro, favorendo in tal modo, nei fatti, una divisione della Libia in Tripolitania e Cirenaica, che non può certo essere considerata un’impresa lodevole, in quanto renderebbe ancora più debole e alla mercé di potenze straniere il popolo libico.

Ancora più paradossale è la pretesa di voler intervenire in Libia per ristabilire la legalità internazionale dopo che si è fatto di tutto per devastare questo paese e farlo precipitare in uno spaventoso stato di anarchia, dove bande di tagliagole più o meno fondamentalisti si battono per il potere sulle macerie di quello che era stato fra i più fiorenti paesi africani.

Al di là della guerra fra bande e predoni anche nel conflitto fra le forze principali della Cirenaica guidate da Haftar e quelle della Tripolitania guidate da Al Serraj è davvero quasi impossibile individuare chi rappresenti il meno peggio. Da una parte abbiamo un ex generale di Gheddafi che – dopo esser stato fatto prigioniero in una delle imprese più rovinose della Libia del tempo in Ciad – è passato dall’altra parte della barricata, divenendo cittadino e agente della Cia, del nemico mortale della Libia di allora, ossia degli Stati Uniti. Questi ultimi, anche senza esporsi più di tanto – dopo i pessimi risultati ottenuti con l’uccisione del proprio ambasciatore in Cirenaica – continuano a sostenere quello che almeno era il loro uomo in Libia. Per altro Haftar è appoggiato da buona parte del blocco della reazione ovvero, in primo luogo, dalle petromonarchie del golfo, sponsor del fondamentalismo islamico a livello internazionale, ossia Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita. Haftar ha inoltre il sostegno del golpista generale al Sisi, il “dittatore preferito” da Trump. Senza contare l’appoggio fornito dall’imperialismo che più si è macchiato delle più recenti nefandezze in Medio Oriente, ovvero la Francia. Infine Haftar è appoggiato dalla Russia di Putin. Inoltre, il generale, oltre a contrastare con la violenza il governo riconosciuto dalle Nazioni Unite, per la sua incontenibile volontà di potenza è giunto ai ferri corti con lo stesso parlamento di Tobruk, principale organo rappresentativo della Cirenaica, di cui dovrebbe essere stretto alleato.

Allo stesso modo anche il fronte opposto è decisamente imbarazzante. Abbiamo in primo luogo Al Serraj, classico burattino imposto dall’Onu, senza non solo aver ricevuto una qualsiasi forma di riconoscimento democratico dal popolo libico, ma risultando a quest’ultimo completamente estraneo. Un Quisling imposto dalla “comunità internazionale” con il chiaro intento di fare della Libia una sorta di protettorato dell’Onu o delle potenze che lo controllano. Al Serraj è al tal punto impopolare che per poter prendere possesso quanto meno della capitale Tripoli si è dovuto consegnare, armi e bagagli, nelle mani islamiste dei Fratelli musulmani, organizzazione islamica conservatrice a cui fa riferimento lo stesso presidente della Turchia Erdogan e l’altra petromonarchia, che per altro ospita la più potente e guerrafondaia base militare statunitense in Medio Oriente, ovvero il Qatar. Inoltre, a completare questo quadro tutt’altro che edificante occorre ricordare che, sino all’intervento dei mercenari fondamentalisti siriani al soldo della Turchia, a consentire ad Al Serraj di non essere sopraffatto in un batti baleno da Haftar, è stata l’alleanza con una delle più spietate bande di tagliagole islamiste, fra i principali artefici della devastazione dello Stato libico, ossia la cricca di Misurata.

Per altro, ancora una volta l’intervento delle potenze occidentali (imperialiste) ha fatto ancora una volta il gioco del terrorismo islamico, abbattendo prima uno degli ultimi Stati “laici” arabi che lo contrastava efficacemente. Così ai terroristi islamici è stato prima consentito di fare il bello e cattivo tempo nella devastata Libia e poi a diffondere cellule integraliste dedite alla lotta armata in tutti i paesi limitrofi, dal Maghreb, al Sahel, fino a un po’ tutto il Medio Oriente.

Consentendo così di rilanciare su scala sempre più allargata la micidiale spirale aggressione imperialiste/penetrazioni colonialiste e terrorismo fondamentalista. Con le prime due a offrire sempre di più la possibilità all’imperialismo di riprendere l’occupazione militare di buona parte delle vecchie colonie e delle nuove neo-colonie in nome della sedicente guerra al terrorismo, dove in realtà nessuno di questi Giano a due teste ha possibilità di affermarsi e diffondersi se non in concorso e nel confronto-scontro (più o meno reale o simulato con l’altro). Ciò che è certo è che entrambi condividono gli stessi nemici principali nell’area nei residui paesi laici e autonomi dall’imperialismo e nella resistenza sciita al fondamentalismo islamico sunnita e all’imperialismo sionista e occidentale.

08/02/2020 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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L'Autore

Renato Caputo

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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