Quando gli stereotipi governano le scelte

Pregiudizi e stereotipi offuscano la nostra percezione della realtà e, di riflesso, la nostra capacità di cambiarla.


Quando gli stereotipi governano le scelte

Quando sono i pregiudizi a determinare le scelte, in campo personale o politico, e gli stereotipi a determinare i comportamenti, non si va da nessuna parte. Saper guardare e ascoltare la realtà, riconoscendo in ciò che accade il “nuovo”, saper dialogare con le diversità, senza restare fissi, seguendo le possibilità di sviluppo del pensiero e del movimento, costituiscono la possibilità di cambiare e far cambiare la realtà ingiusta.

di Laura Nanni

Il primo significato della parola pregiudizio, è stato: giudizio precedente, basato su decisioni ed esperienze anteriori al giudizio stesso. Nel corso del tempo il suo significato ha assunto altre valenze: giudizio formulato prima di una debita considerazione oggettiva dei fatti, giudizio prematuro. Oggi con questa parola intendiamo includere anche l'aspetto più emotivo, di benevolenza o malevolenza che accompagna un giudizio immotivato.

Il pregiudizio può essere considerato una prima forma elementare di razzismo [1]. Si forma e si diffonde con le dicerie, una categoria utilizzata per rappresentare l'Altro, esaltando le differenze tra il gruppo di appartenenza e il gruppo Altro.

Di solito queste dicerie, vengono rafforzate dal passaggio di “bocca in bocca”, raccogliendo tante voci che possono sfociare in ostilità vere e proprie. Quello che mi preme considerare è che il pregiudizio comunque orienta concretamente l'azione, pur essendo immotivato.

È così che si può passare dal parlar male all’interno di un dato gruppo sociale, ad evitare i contatti con i gruppi di cui si parla male. In seguito si può arrivare alla fase in cui si escludono i gruppi oggetto del pregiudizio da ogni diritto sociale, senza che ciò appaia per ciò che realmente è, avviene la discriminazione che una volta istituzionalizzata diviene segregazione.

Sappiamo a che cosa ha portato e può portare questa dinamica nel mondo, la più nota a tutti è stata quella che ha avuto il suo culmine nella Shoah.

Se un giudizio è condizionato all’interno di un quadro culturale ad hoc, scelte e comportamenti saranno conseguenti nella vita di tutti i giorni. L’insieme delle credenze (costruite e divenute abitudini) all’interno di una società, forniscono un appoggio per i giudizi che si danno, senza il bisogno di dover dare altre motivazioni, personalmente approfondite.

Il pregiudizio diviene negazione di riconoscimento dell’altro, dell’identità culturale dell’altro e del suo diritto all’esistenza. La presunzione di superiorità completa il profilo di chi è affetto da xenofobia, un termine che mette in luce l’aspetto emotivo nei confronti della diversità.

Cristoforo Colombo, con la sua presa di possesso imperialista dei territori dopo la scoperta delle Americhe, è stato un celebre esempio per conoscere gli effetti che produce un comportamento dettato da questi presupposti. Riconoscere un solo modo di comprender la realtà, il nostro, può far nascere il disprezzo per l’altro e la giustificazione del suo annientamento.

Si ragiona solo per categorie, per semplificare, e la categorizzazione si basa su generalizzazioni che spesso risultano non corrette. È il modo di ragionare più comune. Ad esempio: si attribuiscono ai membri di un dato gruppo, tutte le stesse caratteristiche. Ne conseguenze il verificarsi di una distorsione a livello percettivo: le cose appartenenti allo stesso gruppo che viene identificato con un dato stereotipo, non vengono percepite nelle loro vere caratteristiche.

La complessità del mondo, della società attuale, non può essere affrontata pensando solo per categorie, perché questo ci impedisce di andare oltre schemi di pensiero già dati. È una semplificazione della complessità del mondo, quando si cerca di giungere velocemente alla risoluzione di un problema senza volerlo affrontare veramente, ed è anche un meccanismo difensivo.

Ciò che non si adatta ad uno schema mentale conosciuto, viene percepito come eccezione,  ma, invece di cercare di comprenderlo, l’imperativo è di non mettere in dubbio lo schema mentale abitudinario, perché quello schema non corra il rischio di de-strutturarsi.

Il termine stereotipo, dall'ambito tipografico in cui nasce, passa a quello psichiatrico per indicare elementi distintivi nei comportamenti ossessivi e ripetitivi di un certo tipo di pazienti. In quella situazione lo stereotipo è caratterizzato da un contenuto non corretto, non aderente alla realtà. Viene da un ragionamento errato, è rigido.

Nell'ambito sociale, hanno importanza gli stereotipi che un gruppo sociale crea e condivide nei riguardi di un altro gruppo sociale. In questo campo, lo stereotipo si caratterizza come qualcosa di negativo, il risultato di processi mentali influenzati da atteggiamenti acritici, di rifiuto nei confronti di persone diverse. Lo stereotipo diviene una sorta di idea fissa che viene da esagerazioni, pregiudizi e fantasie. Derivano dalla categorizzazione, ma non si identificano con questa in quanto sono un passaggio successivo.

“La categorizzazione è un processo socio-cognitivo in base al quale ciascun soggetto semplifica il mondo sociale attraverso la costruzione di una rete di somiglianze e di differenze, in grado appunto di rubare la multiforme varietà dell’esperienza…tende ad accentuare i caratteri di negatività di coloro che sono esclusi dalla propria area di appartenenza. E’ questa la matrice di stereotipi e pregiudizi che razionalizzano e legittimano atteggiamenti di ostilità, di discriminazione e di vero e proprio razzismo rispetto a chi viene considerato “altro” ed “estraneo”…Si crea il gruppo di chi è IN e quello di chi è OUT” [2].

Note:

[1] M. Wieviorka Il razzismo 2000 Laterza edizioni

[2] F.P. Minerva Intercultura 2002 Laterza edizioni

28/05/2016 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Laura Nanni

Roma, docente di Storia e Filosofia nel liceo. Fondatrice, progetta nell’ A.P.S. Art'Incantiere. Specializzata in politica internazionale e filosofia del Novecento, è impegnata nel campo della migrazione e dell’integrazione sociale. Artista performer. Commissione PPOO a Cori‐LT; Forum delle donne del PRC; Stati Generali delle Donne.

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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