Nella nuova puntata di Osservatorio sul mondo che cambia, il professor Orazio Di Mauro offre una lettura articolata e critica delle principali crisi geopolitiche in corso, partendo dal conflitto ucraino. Secondo l’analisi, sul fronte militare i piani russi procedono senza strappi ma con continuità: l’avanzata è lenta, tuttavia costante, mentre Kiev non riesce a riconquistare territori in modo significativo. La scomparsa della sacca di Mirnohrad e la riduzione delle aree realmente contese confermerebbero una dinamica ormai strutturale del conflitto. Anche la situazione di Kupyansk viene interpretata in questa chiave: il limitato contrattacco ucraino e la mancata risposta russa lascerebbero intendere che quell’area non rientri negli obiettivi strategici di Mosca, concentrati piuttosto sul pieno controllo del Donbass. Da qui l’ipotesi di accordi informali o scambi territoriali sotterranei, nei quali alcune zone periferiche potrebbero essere restituite in cambio della definitiva acquisizione del Donbass. In questo contesto si inserisce anche il nodo della centrale nucleare di Zaporizhzhia, ormai stabilmente sotto controllo russo e potenziale merce di scambio economico e geopolitico, soprattutto alla luce di presunti interessi energetici e finanziari americani legati alla produzione elettrica e al mondo delle criptovalute. L’attenzione si sposta poi sull’imminente confronto tra Zelensky e Trump e sul piano di pace in venti punti annunciato dal presidente ucraino. Di Mauro esprime forte scetticismo sulla reale portata di queste proposte, ipotizzando che l’Ucraina possa essere spinta ad accettare concessioni territoriali in cambio di garanzie politiche e simboliche. Centrale resta il tema del possibile coinvolgimento militare europeo: un’eventualità che vedrebbe in prima linea eserciti di Francia, Germania, Regno Unito e Italia, mentre gli Stati Uniti rimarrebbero defilati. Il quadro si allarga infine ad altri scenari globali. Dall’intervento americano in Nigeria, letto come tentativo di riaffermare un’egemonia regionale sotto copertura ideologica, fino alle crescenti tensioni nell’Indo-Pacifico. Qui il riarmo del Giappone, incoraggiato dagli Stati Uniti in funzione anticinese, apre scenari inquietanti: Tokyo dispone già delle risorse tecnologiche e materiali per un rapido accesso all’arma nucleare, in un’area dove la presenza di potenze atomiche rende l’equilibrio estremamente fragile. Nel mondo che emerge da questa analisi, i conflitti non solo non si risolvono, ma tendono a moltiplicarsi, mentre le grandi potenze sembrano sempre meno capaci – o disposte – a contenerli.