Sempre in pieno accordo con Marx che la “La religione è l'oppio dei popoli” [1], ma per comprendere meglio alcuni aspetti del recente conflitto bellico appena concluso, denominato dei “dodici giorni”, tra Iran, Israele e Stati Uniti sono da tener in conto alcuni aspetti religiosi. Come è noto, dalle ore 6 italiane del 24 giugno è entrata in vigore una tregua che al momento sta reggendo.
L’Iran è una Repubblica islamica presidenziale teocratica, così definita dalla Costituzione del 1979 che ha creato un complesso sistema istituzionale in cui l'islamicità dello Stato e l'ordinamento istituzionale sono tutelate da ampi poteri come la Guida Suprema, il Consiglio di Vigilanza, il potere giurisdizionale. Uno Stato teocratico è tale perché il suo sistema di governo si basa su un potere che viene esercitato in nome di un'autorità religiosa; quindi, le leggi e le decisioni politiche sono spesso basate su principi religiosi e l'autorità religiosa può avere un ruolo primario e a volte anche superiore a quello civile. In estrema sintesi l'islamismo è una religione monoteista fondata da Maometto nel VII secolo ed è basata sulla credenza di un unico Dio, Allah, e sul Corano come testo sacro. In generale coloro che si definiscono islamisti si dividono in Sunniti e Sciiti e le principali differenze sono nel modo in cui viene interpretata la successione del profeta Maometto e l'autorità religiosa che ne consegue. I Sunniti riconoscono soltanto i primi tre califfi, Abu Bakr, Umar e Uthman come legittimi successori di Maometto; mentre gli Sciiti sostengono che ‘Ali ibn Abi Talib, cugino e genero di Maometto, che è stato il quarto successore di Maometto e capo della comunità e suo unico successore è il primo Iman, ossia sovrano della monarchia universale musulmana, e ne è il legittimo Capo e rappresentante dell’autorità religiosa. Gli sciiti, quindi, lo considerano il primo Imam, successore legittimo di Maometto, mentre i sunniti lo riconoscono come il quarto califfo, ma non necessariamente come l'unico successore designato.
Si tratta, come si vede, di tematiche che sono state, e lo sono ancora, oggetti di dispute religiose. Oggi l’Iran è in massima parte scita e questo potrebbe forse, in riferimento al contesto politico-economico della fase in corso che ha prodotto il conflitto bellico che si è appena concluso, determinare da parte dei Sunniti delle interpretazioni con posizioni politiche contrapposte. Si ricorda che solo in Iran è presente una maggioranza di sciiti Duodecimani in quanto lo Sciismo normalmente si distingue in tre grandi filoni, quello maggioritario dei Duodecimani o Imamiti, quello degli Ismailiti o Settimani e quello degli Zayditi, che oggi numericamente è il più esiguo. Nelle altre repubbliche islamiche la maggioranza religiosa è composta da sunniti. In questi stati la legislazione, almeno in parte, è basata sulla legge islamica.
In Iran il governo è sottoposto all'autorità degli alti religiosi musulmani sciiti, ma la convergenza di opinioni diffuse e l’unità dei cittadini c’è ed è forte, anche se non la si coglie con immediatezza in Occidente. Bisogna cercarsela, quando è possibile in Rete. Si tenga conto che la si coglie bene guardando il video della manifestazione in piazza Enqelab (denominata anche Piazza della Rivoluzione) nel centro di Teheran di domenica 22 giugno contro gli Stati Uniti che avevano bombardato alcune ore prima 3 siti nucleari. Questa manifestazione ha segnato una svolta in quanto fino ad allora le manifestazioni erano sempre contro il regime. È chiaro che il conflitto con Israele e con gli Stati Uniti hanno rafforzato l’unità del paese. Al riguardo una ulteriore prova la si è avuta sabato 28 giugno quando una folla oceanica è scesa in strada a Teheran per i funerali di Stato di una sessantina di militari di alto rango e di scienziati nucleari che erano stati uccisi nella guerra dei 12 giorni con Israele.
Come è noto una serie di sconvolgimenti politici e sociali in Iran sono avvenuti tra il 1978 e il 1979 ed hanno trasformato la monarchia di allora in una Repubblica Islamica sciita, la cui costituzione si ispira alla legge coranica, la shari'a. È stata una rivoluzione importante, però di fatto, oggi, l’Iran a livello dei processi culturali è un Paese non aperto al resto del Mondo non islamico e i processi culturali iraniani, in particolare nell’Occidente, non sono noti, almeno come diffusione di conoscenze per tutti. Ciò nonostante il quadro culturale in Iran si è notevolmente evoluto. Al riguardo ne fa testimonianza concreta la Biblioteca nazionale a Teheran, che conserva raccolte bibliografiche di tutte le opere pubblicate all'interno del paese, le opere che hanno come oggetto l'Iran, comptese quelle inerenti alla lingua persiana, nonché tutte le ricerche e gli studi sull'Islam, in particolare sullo sciismo, e le opere degli iraniani all'estero. Quest’ultima è davvero una rivoluzione culturale a livello mondiale perché non esiste nulla di simile per le raccolte di opere di cittadini che risiedono all’estero. La biblioteca raccoglie tutte le opere scientifiche e letterarie di importanza mondiale in lingua araba ed inglese però il sito internet è navigabile soltanto in lingua iraniana. Ecco che i grandi processi culturali di fatto sono soltanto per pochi, oltre i cittadini dell’Iran s’intende, e continueranno ad esserlo purtroppo perché niente cambierà almeno a breve termine anche se sappiamo bene che l’Iran esiste a livello culturale, ma i suoi processi culturali non sono fruibili e quindi non sono noti al di fuori dell’Iran stesso mentre dovrebbero esserlo per l’intera umanità. Ovviamente questo è soltanto un desiderio che si presenta in questo articolo e s’intende che potrebbe concretamente realizzarsi grazie alle tecnologie di comunicazione oggi disponibili, che sono rivoluzionarie. La distanza tra le culture iraniana e quella occidentale è un ostacolo per scambi culturali tra noi e l’Iran, che forse in un futuro non lontano potrà essere abbattuto. Si nota con piacere, invece, che il sito della Presidenza della Repubblica dell’Iran è anche in inglese.
Alla morte di Khomeyni, avvenuta nel 1989, la guida suprema della Rivoluzione islamica è diventata, su disposizione dello stesso Khomeyni, l'ayatollah Ali Khamenei che ha cercato di riformare l'economia incoraggiando l'iniziativa privata, che è regolata dal Corano. In sintesi, l'economia iraniana è principalmente basata sull'estrazione ed esportazione di petrolio e gas naturale che rappresentano una parte significativa delle entrate del bilancio dello Stato. L'Iran possiede anche altre risorse naturali come cromo, carbone, ferro e rame, e sviluppa settori come l'industria petrolchimica, tessile, alimentare, edilizia e siderurgica. Il settore dei servizi è in crescita e rappresenta una parte importante del PIL. Con Khamenei è stato limitato lo strapotere delle bonyad, le associazioni caritatevoli, e dei bazar. In politica estera, che già durante gli ultimi anni del potere di Khomeyni si era fatta più pragmatica, si è iniziato a tessere nuove relazioni con le repubbliche dell'Asia centrale: con la Turchia, con l'India e con la Cina. Molto importante è stato il ruolo dell'Iran come paciere e stabilizzatore dell'area centro-asiatica a cavallo del millennio. L'Iran ha avuto buoni rapporti diplomatici e commerciali con tutte le repubbliche ex sovietiche e tutt’ora con l’attuale Federazione russa.
Come è noto, la finanza islamica ha un impatto sociale positivo rispetto a quella occidentale perché la Sharia, che è la legge islamica fondata sugli insegnamenti del Corano e del profeta Maometto, presenta una serie di regolamenti e princìpi che regolano il comportamento di un musulmano nei confronti degli altri, anche in materia di investimenti e strumenti finanziari. La Sharia spiega in modo dettagliato i concetti islamici del ruolo dei soldi, capitali compresi. Le finalità sociali dei profitti non debbono mai essere ignorate, e sono tutelate dalle istituzioni. Sulla base di questa filosofia gli investimenti e la finanza islamica hanno sviluppato, usando strumenti e tecniche conformi alla Sharia, delle attività finanziarie innovative in tutto il resto del Mondo. Il concetto fondamentale della finanza islamica è che il denaro non ha un valore intrinseco in sé, come valore monetario prevalente, ma è un semplice mezzo di scambio. I due elementi più importanti del mondo finanziario islamico sono i servizi bancari e il mercato dei sukuk, che è l’equivalente islamico del mercato obbligazionario. Altri servizi sono il leasing, il mercato azionario, i fondi di investimento, l’assicurazione che è denominata takaful, e le attività di riassicurazione denominate retakaful e la microfinanza. Queste attività sono intese come un sistema di servizi e strumenti finanziari, compreso il microcredito, il microrisparmio e la microassicurazione, che sono destinati a persone e piccole imprese che hanno difficoltà ad accedere al sistema finanziario tradizionale:ì. Questi servizi sono erogati in piccoli importi e mirano a favorire l'inclusione finanziaria e lo sviluppo economico, specialmente in contesti di povertà o con accesso limitato ai servizi bancari. Particolare importanza hanno i divieti presenti nella finanza islamica. Ad esempio in generale ad un musulmano non è permesso beneficiare dei prestiti di denaro ed è proibito pagare o incassare degli interessi, denominati riba, perché sono considerati delle forme di usura. Oppure è proibito essere coinvolti in attività finanziarie che hanno un’incertezza eccessiva, denominata gharar. Inoltre non si può neanche investire in settori proibiti, denominati haram. Gli investimenti islamici non riguardano le aziende vietate dalla legge islamica, che sono denominate ugualmente haram, nelle quali però non è consentito investire denaro e sono considerate “azioni del peccato” e comprendono quelle aziende che traggono profitto dalla vendita di alcol, prodotti a base di carne suina, pornografia, gioco d’azzardo e attrezzature militari o armi.
La finanza islamica ha iniziato ad avere attenzione nel mondo finanziario a metà degli anni Settanta in concomitanza e in risposta alla crescita della ricchezza petrolifera, che ha aumentato la domanda di prodotti e pratiche conformi alla Sharia. C’è stato quindi un impatto sociale positivo perché, secondo la Sharia, il denaro non equivale alla ricchezza, ma è un mezzo attraverso il quale si può creare un sistema di produzione e commercio generando un impatto sociale in settori come la cultura, la salute, l’istruzione e le infrastrutture. La finanza islamica si è dimostrata uno strumento efficace per finanziare lo sviluppo in tutto il Mondo, anche nei Paesi non musulmani, come dichiarato dalla Banca Mondiale.
In conclusione, si spera che dopo questo conflitto bellico l’Iran possa rilanciarsi e non essere all’attenzione soltanto perché potrebbe o non potrebbe costruire bombe nucleari. Tema complesso in sé che allontana le possibilità di conoscere i processi culturali in Iran che sono i motori che aiutano anche a costruire la pace nel Mondo. Pace di cui in questa fase c’è tanto bisogno. Cara Iran, non sei sola. Il Mondo ti osserva con attenzione e vorrebbe conoscere anche i processi culturali in corso. Si desidera anche una informazione ininterrotta, non soltanto sulle attività nucleari.
Note:
[1] K. Marx, “Per la critica della filosofia del diritto di Hegel”, manoscritto 1842-1843, non fu pubblicato in vita. Fu ritrovato dal ricercatore sovietico Rijazanov nel 1927.