Non possiamo sapere quanto duri questa sana e consapevole ondata di mobilitazione, non la dobbiamo collegare a nessun recente esito elettorale o altro.
Ma è certo che rimarrà impressa nella storia, come un Risorgimento di grande dignità spontaneo e consapevole.
I giorni che vanno da mercoledì 1 ottobre sera a sabato 4 ottobre, giorno di San Francesco d’Assisi, saranno ricordati per sempre ed entreranno nella nostra storia d’Italia migliore: una storia spesso buia e vergognosa, ma che sa risplendere come un diamante ben intagliato.
Così capita, improvvisamente.
È capitato a Milano, nel 1848, a Napoli nel 1943.
L’accostamento non è casuale, ma a mio avviso possiede un minimo comune denominatore. All’improvviso, dopo anni di silenzio ed oblio, ma riflettendo una tenace preparazione carsica, invisibile ai social maledetti ed utili, ma presente nell’aria, nei tram, nei momenti della vita non virtuale.
Comunque esso si sviluppa in periodi storici fondamentali di passaggio da un regime ad un altro. Nel 1848 fu con il tramonto della Restaurazione, nel 1943 col crollo del fascismo, ora con l’evidente crollo di una Unione Europea finta e teleguidata dagli interessi del capitale finanziario, della NATO, della caduta tendenziale dell’imperialismo USA e l’avanzare della realtà multipolare dei BRICS.
In ogni episodio, un Popolo spontaneo e male equipaggiato, a sassate nei due casi precedenti e ieri con la forza della enorme e decisiva ed inarrestabile presenza, che non è impossibile che cresca ancora, ha saputo sbaragliare un invincibile sistema di dominio, anche radicato.
Senza queste giornate, e senza quella del 22 settembre, pochi giorni fa, che ha acceso la miccia, non sarebbe stata possibile la minima mossa governativa, timida, nei confronti del genocidio in corso a Gaza.
Questi quattro giorni sono stati coscienti della sofferenza di un Popolo abbandonato da tutto e tutti, al di là di chiacchiere, distintivi o soldi falsamente fraterni da paesi vicini.
Ma ogni giovane italiano o italiana in piazza ha vissuto quella sofferenza come possibile anche per sé ed in sé, come la sofferenza di popoli privati della loro autodeterminazione.
È chiara la tendenza, in questa fase del capitale finanziario, oligarchico e plutocratico, di levarsi di torno l’ingombrante orpello del liberalismo, dei diritti, soprattutto quello internazionale, ma anche della legittimità elettorale.
Lo abbiamo visto attuare spesso in questa impresentabile UE, in vari episodi, in Romania, ma anche a casa nostra, dove il popolo vinse un referendum per l’acqua pubblica, eluso dal “sovra-stato” degli interessi in ballo multinazionali.
Gli stessi che portano ad armare lo Stato sionista di Israele.
Poi ci meravigliamo che un connazionale su due non vada a votare: non lo fa perché pensa che sia inutile.
Allora dove risiede la vincente opera delle quattro giornate per Gaza ed in sostegno alla flottiglia eroica?
Nell’avere dimostrato che soltanto una mobilitazione capillare e di massa sia la linfa vitale di ogni vero possibile cambiamento.
Lo diciamo derisi da anni... ma a volte i pensieri, volando per l’aria, scorrendo carsicamente come acque... poi si materializzano e non dobbiamo mai disperare.
Nel Paese della manzoniana Provvidenza, di S. Francesco, ogni tanto i miracoli si realizzano; ma sono miracoli maturati e guadagnati, in anni di silenzio, errori e sconfitte.
Forse ieri, in piazza a Roma, un cartello riassumeva il senso del Tutto:
“Chi semina oppressione raccoglie…ribellione”.