Luciana Romoli, nata nel 1930, è una di quelle figure che hanno attraversato la Storia con la S maiuscola, lasciando un’impronta di coraggio, coerenza e umanità. Giovanissima, scelse di unirsi alla Resistenza come staffetta partigiana con il nome di battaglia "Luce" – un simbolo che ancora oggi ben rappresenta il suo ruolo di guida morale e di testimone instancabile della libertà. In quegli anni bui, rischiò la vita per trasportare messaggi, armi e informazioni, contribuendo alla lotta contro il nazifascismo con quella stessa determinazione che avrebbe caratterizzato tutta la sua esistenza. Dopo la Liberazione, il suo impegno non venne meno. Diventò segretaria dello scrittore Gianni Rodari, un altro gigante della cultura italiana, e attraverso quel lavoro rafforzò il legame tra impegno politico e divulgazione, dimostrando che le parole possono essere strumenti di cambiamento. Militante del Partito Comunista Italiano, ha sempre mantenuto viva la fiamma dell’antifascismo, rimanendo attiva nell’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) e dedicandosi, negli ultimi decenni, a un’opera fondamentale: raccontare la Resistenza nelle scuole. Con la sua voce pacata ma ferma, Luciana Romoli ha incontrato generazioni di studenti, trasmettendo non solo la memoria storica, ma anche il valore della scelta, dell’impegno civile e della difesa della democrazia. Oggi, a quasi 95 anni, continua a battersi per le stesse cause che l’hanno vista in prima linea da ragazza: la pace, la giustizia e la resistenza alle oppressioni. Ed è proprio per questo che, con lucidità e passione, denuncia l’assurda corsa al riarmo europeo e globale, un pericoloso ritorno ai nazionalismi e alla logica di guerra che il mondo avrebbe dovuto abbandonare dopo le tragedie del Novecento. Ma Luciana non si limita a ricordare il passato: guarda al presente con sdegno e dolore, parlando con forza del genocidio in corso in Palestina, dell’ipocrisia delle potenze occidentali e della necessità di una mobilitazione popolare contro ogni guerra. Per lei, resistere non è un ricordo, ma un imperativo quotidiano. E il suo messaggio è chiaro: se i partigiani lottarono per un mondo libero dalla barbarie, oggi tocca a noi continuare quella battaglia, perché la pace non è mai scontata, e la giustizia va conquistata ogni giorno.