Non era facile portare in piazza quasi centomila persone dopo il lungo periodo di mobilitazioni di fine settembre inizio ottobre, la CGIL ci è riuscita muovendo un primo importantissimo passo per la saldatura che deve essere fatta nel “movimento” tra questione politica e questione economica.
Vi è un nesso tra riarmo-guerra e salari, e su questo nesso bisogna approfondire l’opposizione al governo Meloni. E’ proprio sui salari il punto di caduta di questa finanziaria che taglia ulteriormente la parte aliquota del prodotto totale che la borghesia restituisce ai legittimi proprietari cioè alle classi subalterne -affinchè si riproducano- cioè i salari, al fine di procedere con il piano di riarmo nell’ottica scellerata che una politica economica militarista possa farci uscire dalla crisi capitalistica.
Sono proprio i tagli al salario e gli indebitamenti le leve che questo governo sta usando quale garanzia per gli investimenti in armi.
E indubbiamente vero che le mobilitazioni di fine settembre inizio ottobre avevano una matrice politica ma lo sfondo è economico e proprio su questo terreno si è innestata la manifestazione della CGIL. La propaganda sulla fantomatica Italia in crescita costante presto non reggerà più, da troppo tempo ormai i salari sono al palo e presto le classi produttive del paese che per giunta lavorano in condizioni spesso disumane con salari insufficienti e rischi per la propria salute sul posto di lavoro, prenderanno coscienza che la ripresa di cui vaneggia la Meloni e in realtà la ripresa dei profitti e non dei salari.
Per quanto la manifestazione si possa definire riuscita sul piano dei numeri, difficilmente si potrà immaginare che il governo possa cambiare rotta sulla base di questa sola mobilitazione se non vengono messi seriamente in cantiere altri e ulteriori momenti di lotta compreso lo sciopero generale. La risposta alla più recente rapina ai salari, indiretti per lo più, dei lavoratori italiani: la manovra finanziaria la quale, oltre a essere già in partenza insufficiente nei fondi stanziati, è costretta a stringere su servizi e ammortizzatori sociali già insufficienti per permettere il folle piano di riarmo da una parte e l'intoccabilità di grandi redditi e patrimoni non può che essere radicale.
La riuscita della manifestazione della CGIL non risolve però la situazione travagliata che essa attraversa, entrando in una fase di conflittualità più alta e radicale la CGIL sembra non avere la prontezza necessaria e un quadro dirigente adatto ai tempi di guerra : ancora si rimpiangono i tempi delle “larghe intese” con CISL e UIL . Uno dei punti decisivi del prossimo futuro è infatti quello di fare i conti con il cambio di fase e di alleati. Se per un verso alla propria destra e divenuto impossibile avere una linea di intesa con sindacati corporativi e schiettamente filopadronali, per altro verso è davvero complicato poter elaborare una linea unitaria con sindacatini di estrema sinistra interessati principalmente al proprio orticello e poco propensi a ragionare in termini generali. In questa strettoia la CGIL dovrebbe porsi quale riferimento principale degli interessi delle classi subalterne, uscendo dalle logiche corporative ma senza cadere nel massimalismo parolaio. In questa contraddizione l’unica strada è quella di ridare la parola ai lavoratori, favorire la discussione laica e trasversale, d’ispirazione consiliare e dal basso. Riunire i lavoratori nella fabbrica e nel quartiere, dare il massimo di attenzione e costruzione del mandato dal basso. Lo sviluppo della coscienza è il presupposto per una fase conflittuale di ampia portata.
Infine sullo sciopero. Esso è uno strumento che va usato con una certa sapienza, non si lanciano scioperi non preparati, in tal modo lo stesso strumento ne viene snaturato. Lo sciopero necessità di preparazione e spirito unitario, l’esatto opposto di ciò che fanno i sindacati massimalisti che lanciano prima lo sciopero e poi le assemblee dei lavoratori per ratificarlo. Questo è il caso de prossimo sciopero del 28 novembre già convocato da USB, nonostante ciò la CGIL farebbe bene, vista anche la legge sugli scioperi che ne vieta la convocazione ravvicinata, a convocare anch’essa lo sciopero per quella data evitando di finire a dicembre con la finanziaria ormai bella che definita.
Quella dello sciopero generale e unitario è una prospettiva non solo auspicabile, ma necessaria per imporre alla borghesia di spostare delle risorse dal fronte della guerra imperialista a quello dei salari, dei servizi e in generale del lavoro; un argine che se rotto aprirà una prateria alla marea che abbiamo visto montare in questo periodo
Compito nostro quindi quello di favorire tutte le condizioni che portino allo sciopero generale più grande degli ultimi decenni in Italia per le rivendicazioni più urgenti degli ultimi decenni in Italia.