Negli anni 2014 e 2015 si sviluppò un movimento dei lavoratori dell’istruzione pubblica contro la riforma della “buona scuola” voluta da Renzi, riforma che prevedeva essenzialmente di concentrare tutti i poteri e le decisioni nelle mani del dirigente scolastico, che diventava il manager della scuola-azienda. Quel movimento molto partecipato e combattivo vinse parzialmente il conflitto con il governo Renzi portando a un ridimensionamento sostanziale della riforma, che tuttavia passò sotto forma di legge delega, la legge 107. Essendo una legge delega, la legge 107/2015, consentiva di legiferare al governo di turno su numerose materie, tra cui l’inclusione scolastica degli studenti con disabilità. A un assalto frontale alla scuola pubblica previsto dalla legge organica della “buona scuola” fu sostituita una incessante modifica di singoli aspetti normativi al fine di modificare di volta in volta l’impostazione della pubblica istruzione, in pratica si sostituì da parte governativa a una guerra di movimento una guerra di posizione. Caduto il governo Renzi, anche per via della riforma contestata, e formato, a dicembre 2016, quello Gentiloni, fu il ministro dell’istruzione Valeria Fedeli a portare a compimento le deleghe previste dalla “buona scuola”, tra cui il decreto legislativo 66/2017 che si occupa dell’inclusione degli alunni con disabilità. Questo decreto fu successivamente modificato dal governo Conte I, con ministro dell’istruzione Marco Bussetti, mediante il decreto legislativo 96/2019.
Il 31 maggio 2024 il governo Meloni con ministro dell’istruzione Giuseppe Valditara ha emanato un decreto legge, il n. 71, recante “disposizioni urgenti in materia di sport, di sostegno didattico agli alunni con disabilità, per regolare l’avvio dell’anno scolastico 2024/2025”, convertito con alcune modifiche nella legge 106 del 29 luglio 2024. Tale provvedimento legislativo va a modificare il comma 3 dell’articolo 14 del decreto 66/2017, prevedendo su richiesta della famiglia la possibilità di riconfermare il docente precario sulla cattedra di sostegno dell’alunno con disabilità al fine di garantire la continuità didattica per lo studente. Tale possibilità era già prevista dai precedenti decreti legislativi, sebbene in forma differente, ma non erano mai stati emanati i decreti ministeriali attuativi, che l’avrebbero resa concretamente possibile. A febbraio di quest’anno è stato emanato dal ministro Valditara il decreto ministeriale 32/2025, attuativo del decreto legge 71/2024 per l’anno scolastico 2025/2026. Pertanto l’anno scolastico 2025/2026 sarà il primo a prevedere la possibilità di conferma sulla cattedra di sostegno del docente precario dell’anno precedente per garantire la continuità didattica dello studente con disabilità.
Nel decreto 71/2024, dopo la conversione in legge, il comma 3 del decreto 66/2017 è modificato nel seguente modo (corsivi dell’autore): “Al fine di agevolare la continuità educativa e didattica di cui al comma 1, nel caso di richiesta da parte della famiglia, e valutato, da parte del dirigente scolastico, l'interesse del discente, nell'ambito dell'attribuzione degli incarichi a tempo determinato di cui all'articolo 4, commi 1 e 2, della legge 3 maggio 1999, n. 124, al docente in possesso del titolo di specializzazione per l'insegnamento agli alunni con disabilità può essere proposta la conferma, con precedenza assoluta rispetto al restante personale a tempo determinato, sul medesimo posto di sostegno assegnatogli nel precedente anno scolastico, fermi restando la disponibilità del posto, il preventivo svolgimento delle operazioni relative al personale a tempo indeterminato e l'accertamento del diritto alla nomina nel contingente dei posti disponibili da parte del docente interessato. La valutazione di cui al primo periodo è comunicata alla famiglia”. Dall’articolo citato si evince chiaramente che la conferma del docente a tempo determinato dell’anno precedente è del tutto subordinata alla richiesta della famiglia e prioritaria rispetto all’assegnazione del posto ad altri docenti a tempo determinato. Di fatto una chiamata diretta del docente dell’anno precedente, subordinata al duplice arbitrio della famiglia dell’alunno e del dirigente scolastico. Il precario di sostegno ha quindi due padroni a cui deve rendere conto. Da una parte la famiglia dell’alunno con disabilità, il cliente che deve ingraziarsi soddisfacendo le sue richieste, comprese quelle più inopportune, e sostenendo, in ogni sede, quello che si vuole sentire dire relativamente al proprio figlio. Dall’altra parte il dirigente scolastico, il padrone dalla cui valutazione dipende la sua eventuale conferma e verso cui deve essere servile per acquisirne la benevolenza. Il fatto che ci sia una valutazione del dirigente, che possa aprire all’arbitrio di quest’ultimo, è evidenziata dal fatto che il dirigente sente il GLO per effettuare tale valutazione, ovvero la “la sussistenza delle condizioni per procedere alla conferma del docente”, come asserito all’articolo 2 comma 1 del decreto ministeriale 32/2025. Se il dirigente avesse un ruolo solo tecnico di constatazione di fatti tale passaggio sarebbe del tutto superfluo.
Le cattedre coinvolte saranno quelle relative ai posti di organico di diritto, con contratti fino al 31 agosto, e di fatto, con contratti fino al 30 giugno, compresi gli spezzoni di cattedra. In quest’ultimo caso la procedura di assegnazione prioritaria sarà estesa a tutta la cattedra completa, se disponibile, in quanto il ministero ha chiarito che la conferma è del docente. Quindi il docente confermato scavalcherebbe altri docenti in graduatoria anche per le ore di cattedra non relative all’alunno per cui si è confermato. Se assente il completamento di cattedra nella scuola di conferma, lo spezzone orario rimanente potrà essere conferito con l’assegnazione successiva a quella prioritaria, mediante la normale procedura di assunzione a tempo determinato. Non tutti i docenti assunti a tempo determinato nel 2024/2025 saranno soggetti a questa possibilità. Oltre ai docenti specializzati sul sostegno, siano essi assunti da GAE, GPS, graduatorie di istituto o mediante interpello, potranno essere confermati anche quelli non specializzati. A chiarire quali categorie di docenti non specializzati è il comma 3-bis aggiunto dal decreto 71/2024 al decreto 66/2017 e il decreto ministeriale 32/2025 attuativo: ovvero i docenti di seconda fascia GPS, individuati a livello provinciale, e i docenti individuati da graduatorie incrociate provinciali (GPS e GAE).
La FLC CGIL ha impugnato, insieme alla GILDA, il decreto ministeriale 32/2025 presso il TAR del Lazio. La FLC ha espresso le proprie perplessità in questi termini: “il provvedimento apre la porta a un pericoloso aumento della precarietà, introducendo elementi di discrezionalità che possono compromettere la libertà di insegnamento e l’effettiva continuità didattica per gli alunni con disabilità”. Inoltre il decreto ministeriale e la nota attuativa sono carenti di chiarezza, in particolare relativamente ai modi e ai tempi di accettazione della conferma da parte del docente. Il TAR del Lazio, il 21 maggio 2025, ha considerato il ricorso inammissibile, in particolare perché “le organizzazioni sindacali non sembrano agire a tutela di un interesse omogeneo all’intera categoria dei docenti in quanto il ricorso verte su questioni suscettibili di dividere la categoria in posizioni contrastanti; invero, i docenti che aspirano ad essere confermati nell’attuale incarico hanno interesse alla conservazione delle disposizioni contestate e, pertanto, vi è una parte della categoria rappresentata presso la quale è diffuso un interesse opposto a quello di cui le organizzazioni sindacali assumono di farsi portatrici”. In pratica i giudici non hanno riconosciuto alla FLC e alla GILDA di difendere gli interessi dei docenti precari ma solo di quei docenti che oggi non sarebbero convocati per le supplenze in quanto i posti sarebbero confermati ai docenti dell’anno precedente; tuttavia se tale meccanismo diventasse operativo a regime, un domani i docenti confermati potrebbero a loro volta trovarsi nella situazione dei docenti non convocati. In pratica il TAR con questa sentenza non riconosce l’esistenza di un interesse di categoria, ma solo interessi specifici dei singoli docenti.
Nella sentenza i giudici del TAR hanno ritenuto inoltre che i docenti ricorrenti non abbiano un interesse attuale e concreto nel contestare il decreto ministeriale, in quanto l’effetto lesivo nei loro confronti si potrebbe manifestare solo al termine della procedura di assegnazione degli incarichi, qualora venissero esclusi o ricevessero una sede diversa da quella desiderata. I docenti che venissero esclusi a causa della conferma per poter far valere i loro diritti dovrebbero essere a conoscenza delle conferme dei docenti, cosa ad oggi difficile da verificare. Una delle richieste della FLC era infatti che fosse espressamente prevista una pubblicazione tempestiva e trasparente dell’elenco delle nomine effettuate mediante la conferma del supplente. Se il ministero abbia accolto questa richiesta è impossibile dirlo, in quanto di tale provvedimento non c’è traccia. Sono presenti invece maggiori delucidazioni sulla procedura di conferma, con la note ministeriali n. 105914 del 7 maggio 2025, n. 123954 del 29 maggio 2025 e n. 157048 del 9 luglio 2025. Le prime due forniscono indicazioni operative ai dirigenti scolastici e alle segreterie per effettuare la pratica di conferma del docente di sostegno, mentre l’ultima inserisce questa procedura all’interno delle istruzioni operative per la convocazione dei supplenti. Rimane a mio avviso completamente integro il meccanismo della selezione arbitraria.
Dal punto di vista legale la battaglia continua. Il Consiglio di Stato ha ritenuto, il 2 luglio, che non ci fossero motivi di urgenza per esprimersi sulla sospensiva del decreto ministeriale 32/2025 richiesta dalla FLC, rimandando l’incostituzionalità del provvedimento a un giudizio di merito. Pertanto i giudici dovranno valutare se sottoporre la legittimità del decreto alla Corte Costituzionale. In particolare il decreto ministeriale non rispetta gli articoli 33 e 97 della Costituzione. Da una parte lede infatti la libertà di insegnamento, in quanto l’operato del docente precario di sostegno sarebbe condizionato dalla valutazione del dirigente scolastico e della famiglia dai quali dipende l’eventuale conferma. Dall’altra parte non verrebbe rispettato il principio di imparzialità della pubblica amministrazione nel reclutamento e nell’operato del docente, subalterno alla famiglia dell’alunno con disabilità. Da un sistema di reclutamento basato su regole certe e trasparenti come quello delle graduatorie si passerebbe per questo specifico caso a un sistema opaco basato su logiche clientelari. Sistema che aprirà la porta a numerosi ricorsi individuali, tanto che l’ANIEF si è già organizzata per questo, in modo tale da avere l’udienza presso il TAR il 19 novembre, “quando le eventuali conseguenze negative delle nomine saranno effettive e documentabili”. È assai probabile che i ricorsi saranno accolti, in quanto recepiscono la sentenza del TAR, che ha respinto il ricorso della FLC e della GILDA per motivi puramente formali, con conseguente nuovo balletto delle nomine a novembre e perdita della continuità didattica da parte degli alunni con disabilità. Sarà da vedere se i docenti perdenti i posti di sostegno confermati non faranno a loro volta ricorso, in quanto esclusi dall’assegnazione mediante scorrimento della graduatoria sugli altri posti, e se l’ANIEF supporterà il loro ricorso, prendendo le difese per via legale di coloro che saranno confermati e subiranno gli effetti del ricorso fatto dal sindacato stesso.
La continuità didattica ed educativa è un requisito fondamentale perché il processo di formazione delle giovani generazioni sia efficace, in quanto permette di sviluppare quella relazione educativa che è il prerequisito più importante per l’apprendimento degli studenti. Questa continuità però non può essere ottenuta con alchimie, come la conferma dell’insegnante precario di sostegno, che ledono i diritti dei lavoratori della scuola. Perché si abbia una reale continuità didattica ed educativa la soluzione realmente efficace è immettere in ruolo sul sostegno un numero di docenti adeguato alle necessità della scuola italiana. Questo è quello che i sindacati e le associazioni professionali sostengono. È grave che l’associazione a tutela delle persone con disabilità FISH si sia schierata a difesa di questo provvedimento legislativo pensando che la continuità didattica ed educativa possa essere garantita con provvedimenti palliativi come questo, calpestando i diritti dei lavoratori della scuola e non risolvendo i problemi a monte che comportano il continuo avvicendarsi di figure differenti di sostegno nel percorso formativo dello studente con disabilità.
Oggi, difatti, non vi è corrispondenza tra le ore di sostegno individuate dai GLO, dove sono presenti le figure professionali che seguono gli alunni con disabilità nel loro percorso didattico ed educativo, e le ore assegnate dal Ministero dell’Istruzione e del Merito. Questo comporta l’introduzione di numerose cattedre in organico di fatto invece che di diritto, che sono coperte dai docenti a tempo determinato. È proprio questa sproporzione a determinare la non continuità didattica ed educativa. L’anno scolastico 2023/2024, di cui sono stati pubblicati i dati recentemente dal MIM, ha visto oltre 230mila docenti precari, in pratica un lavoratore su quattro, di cui oltre 130mila di sostegno. Su 136mila docenti precari di sostegno solo 25mila ricoprivano posti di organico di diritto mentre 111mila erano su posti di organico di fatto, con un generale aumento del personale precario rispetto all’anno scolastico precedente. I dati per il 2024/2025 non sono disponibili in quanto secretati dal ministro Valditara per non mostrare il fallimento della propria politica di reclutamento del personale scolastico, nonostante abbia garantito che risolvere la questione del precariato scolastico è per lui una priorità assoluta.
Per l’anno scolastico che si aprirà, il 2025/2026, sono stimati dalle organizzazioni sindacali come per il 2024/2025 oltre 250mila precari tra docenti e ATA; tuttavia il precariato nella scuola è un problema di lunga durata. I governi che si sono succeduti, a prescindere dalla collocazione politica, non hanno mai voluto risolvere questo problema per la continuità didattica ed educativa degli studenti. L’aver fatto crescere il precariato nella scuola è stata una scelta consapevole e politica. In Italia infatti è previsto un calo demografico e un progressivo invecchiamento della popolazione, come ben evidenziato da uno studio della Fondazione Di Vittorio. La scelta quindi di aver ingrossato le fila del personale precario corrisponde alla volontà politica di contrarre il numero dei lavoratori della scuola e di tagliare di conseguenza la spesa pubblica. È difatti assai più semplice licenziare dei lavoratori precari, non rinnovandogli il contratto a scadenza, piuttosto che dei dipendenti a tempo indeterminato. Il governo Meloni ha accettato di reintrodurre l’austerità e il piano di riarmo della Nato, misure che, corrispondendo a una scelta di classe ben precisa, necessariamente si concretizzeranno in un taglio di spesa pubblica, tra cui l’istruzione. Eppure il calo demografico si potrebbe affrontare con una riduzione del numero degli alunni per classe e un conseguente netto miglioramento dell’apprendimento degli studenti italiani; tuttavia la scelta di rilanciare la spesa pubblica è completamente opposta all’orizzonte politico del governo Meloni, che, invece, taglia le tasse a chi ha di più per effettuare una ridistribuzione di ricchezza dal basso verso l’alto. È chiaro quindi l’indirizzo politico del governo Meloni con questo provvedimento: non risolvere i problemi della scuola pubblica, su cui si vogliono tagliare risorse, e, con la scusa di venire incontro alle famiglie, intaccare i diritti dei lavoratori, procedendo a un’ulteriore aziendalizzazione della scuola pubblica. Ai clienti, le famiglie e gli studenti, si vende un prodotto, quello della formazione della scuola pubblica, sempre più scadente, rendendo sempre più competitive le scuole private. Infine questo provvedimento apre le porte a ulteriori attacchi ai diritti dei lavoratori. Oggi si colpiscono i precari di sostegno, domani probabilmente anche quelli su cattedre disciplinari, essendo la continuità didattica ed educativa importante per tutti gli studenti e non solo per quelli con disabilità.