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L’Eurasia del futuro

L’articolo discute il futuro di una alleanza geopolitica e militare della Russia con l’Europa occidentale che creerebbe una potenza di tali proporzioni da surclassare tutte le altre alleanze passate e odierne.


L’Eurasia del futuro

Nel suo discorso di fine anno Putin ha rilasciato questa dichiarazione:
«Если бы мы объединили наши усилия с европейскими странами, наш совокупный ВВП, измеренный по паритету покупательной способности, был бы больше, чем у Соединённых Штатов. Это, конечно, теоретически, но совершенно ясно, что, объединив и дополнив наши возможности, мы могли бы процветать, а не воевать друг с другом.»

Traduzione
«Se unissimo i nostri sforzi con i Paesi europei, il nostro PIL complessivo, misurato a parità di potere d’acquisto, sarebbe superiore a quello degli Stati Uniti. È una considerazione teorica, naturalmente, ma è del tutto chiaro che, unendo e integrando le nostre capacità, prospereremmo invece di combatterci a vicenda».

Questa affermazione, pronunciata nel contesto di una lunga sessione di domande e risposte di fine anno, non va intesa come proposta negoziale immediata rivolta alle classi dirigenti europee del momento, che del resto non avrebbero le capacità per apprezzare il valore di questa proposta, bensì come messaggio strategico indirizzato ai popoli europei, considerati da Mosca gli interlocutori storici di lungo periodo e, in quanto tali, i veri alleati potenziali della Russia, specie perché nei popoli europei non di cultura anglo sassone la russofobia è poco praticata. Di certo al di là delle contingenze politiche, Il riferimento alla “teoria” non segnala irrealizzabilità economica, ma ostacolo politico esterno: l’impossibilità, nell’ordine vigente, di tradurre una complementarità strutturale in progetto politico. Nel dibattito geopolitico contemporaneo, l’ipotesi di una cooperazione strutturata tra Unione Europea e Federazione Russa viene sistematicamente esclusa come irrealistica, mentre la convergenza tra Russia e Cina viene presentata come naturale e duratura. Questa rappresentazione è fuorviante e storicamente falsa, se analizzata sul piano storico-strategico e militare: l’integrazione euro-russa appare come l’unica configurazione capace di collocare stabilmente l’Eurasia al centro del sistema mondo, mentre l’asse sino-russo risulta contingente, indotto da pressioni esterne, nel caso odierna dagli Stati Uniti e privo di solidità strutturale.

L’Eurasia costituisce il cuore geografico del potere globale. L’Europa occidentale concentra capitale umano, tecnologia e capacità industriale avanzata; la Russia fornisce profondità strategica, deterrenza nucleare e continuità territoriale. L’Asia orientale, e in particolare la Cina, rappresenta una potenza industriale regionale proiettata verso l’esterno più per necessità economica che per vocazione strategica globale. La Cina non è mai uscita dal suo essere il regno di mezzo. Un asse UE–Russia salderebbe per la prima volta potenza industriale avanzata e profondità strategica continentale, creando un polo dall’Atlantico agli Urali e oltre fino alle coste atlantiche minacciando il dominio americano sulle due coste dell’oceano Atlantico. Esso sarebbe in grado di assorbire shock militari, economici e logistici su scala sistemica. Sul piano militare, la cooperazione euro-russa produrrebbe una deterrenza integrata qualitativamente superiore a quella garantita dall’assetto atlantico. La Russia apporterebbe la triade nucleare completa, sistemi A2/AD e una profondità territoriale senza eguali; l’Europa fornirebbe superiorità convenzionale, comando-controllo, sensoristica avanzata e una base industriale dual-use matura e flessibile. Ne deriverebbe una deterrenza a strati (nucleare, convenzionale, ibrida) che renderebbe antieconomica qualsiasi aggressione esterna e trasformerebbe il continente in una fortezza strategica difensiva, non espansionistica. 

Il vantaggio decisivo di tale configurazione è la profondità strategica. L’Europa, isolata, ne è priva; la Russia, da sola, non può valorizzarla pienamente sul piano industriale e tecnologico. Insieme, esse costituirebbero la massima profondità strategica del pianeta: continuità territoriale ininterrotta, moltiplicazione delle opzioni operative, diluizione dei punti di vulnerabilità, capacità di assorbire attacchi di precisione senza collasso sistemico. Questo vantaggio non è replicabile né da una potenza oceanica come gli Stati Uniti né da una potenza costiera come la Cina. Ancora più determinante è la logistica continentale. La guerra moderna è logistica prima che cinetica. Un blocco UE–Russia disporrebbe della più potente infrastruttura logistica terrestre del mondo: corridoi ferroviari e terrestri resilienti, meno esposti a interdizioni marittime; catene di approvvigionamento integrate; autonomia in materie prime strategiche. L’effetto sistemico sarebbe una drastica riduzione della dipendenza europea da supply chains asiatiche e, dunque, un ridimensionamento strutturale del ruolo cinese nelle catene del valore ad alto contenuto energetico. Questo blocco non avrebbe nessun problema di energia che potrebbe limitarla nelle azioni interne o esterne. 

In questo quadro, va chiarito un punto cruciale: la Cina non possiede una tradizione storica consolidata di proiezione militare extra-regionale. La sua potenza militare, pur cresciuta rapidamente, resta orientata al proprio spazio vitale immediato (Taiwan, Mar Cinese Meridionale, bacini fluviali interni, confini terrestri asiatici), che sono più delle limitazioni che dei punti di forza. Al di fuori di tale perimetro, le capacità di intervento sono limitate, sperimentali e politicamente caute. La proiezione globale non dipende solo da piattaforme e volumi industriali, ma da sedimentazione storica: cultura operativa, gestione del rischio politico, sostenibilità sociale delle guerre lontane, integrazione fra forza militare, diplomazia e amministrazione. 

L’Europa, al contrario, dispone di un capitale storico di proiezione extra-continentale senza equivalenti: campagne terrestri e navali lontane dal territorio metropolitano, gestione di teatri complessi, operazioni multinazionali prolungate. Oggi questo capitale è politicamente compresso e incanalato in strutture atlantiche, ma non è scomparso. Se fosse integrato con la profondità strategica russa, esso conferirebbe al blocco euro-asiatico una capacità di proiezione indiretta e selettiva che la Cina non è in grado di eguagliare e gli Stati Uniti in Africa non sono mai riusciti a praticare. 

L’asse Cina–Russia odierno, per contro, presenta limiti strutturali. Storicamente, Mosca e Pechino sono stati avversari diretti; l’attuale convergenza è reattiva, non organica. Essa nasce dalla pressione esercitata dagli Stati Uniti sull’Eurasia. L’espansione degli apparati di contenimento americane, hanno sempre puntato all’isolamento della Russia dall’Europa, inibendo nel contempo la spinta di Mosca verso Oriente creando alla Russia impedimenti anche con la collaborazione in passato della Cina. In questo senso, la responsabilità primaria dell’asse sino-russo ricade su Washington, che ha impedito l’unica integrazione realmente stabilizzante, quella euro-russa. Nel lungo periodo, una dipendenza strategica dalla Cina comporterebbe per la Russia una subordinazione incompatibile con la sua cultura militare e politica e con gli equilibri dell’Asia centrale. 

Un asse eurasiatico UE–Russia renderebbe superfluo l’asse Cina–Russia. Non per ostilità ideologica, ma per ridondanza strategica: l’integrazione euro-russa fornirebbe deterrenza multilivello, profondità strategica e logistica continentale tali da neutralizzare la funzione compensativa che oggi la Cina svolge per una Russia isolata. In tale scenario, la Cina perderebbe la rendita geopolitica derivante dalla frammentazione eurasiatica; l’Europa recupererebbe autonomia industriale e militare; e la presenza americana, privata della leva di divisione del continente, diventerebbe marginale rispetto al baricentro euro-asiatico.

In altri termini, l’asse Cina–Russia non è una soluzione storica, ma un sintomo: il prodotto di una pressione statunitense che ha bloccato la sola integrazione capace di stabilizzare l’Eurasia. Rimosso quel vincolo, l’asse eurasiatico UE–Russia emergerebbe come centro di gravità del sistema mondiale, ridimensionando insieme l’egemonia statunitense e le ambizioni egemoniche cinesi, e restituendo ai popoli europei il ruolo di soggetti storici – non di periferia – dell’ordine globale.

Sitografia:

Kremlin.ru – Presidenza della Federazione Russa
https://www.kremlin.ru
→ Trascrizioni ufficiali dei discorsi, Q&A e “Linea diretta” di Vladimir Putin. 

RAND Corporation
https://www.rand.org
→ International Institute for Strategic Studies (IISS)
https://www.iiss.org
The Military Balance, analisi comparate su capacità di proiezione militare (Cina vs Europa vs Russia).

Center for Strategic and International Studies (CSIS)
https://www.csis.org
→ Rapporti su logistica militare, choke points marittimi, limiti della proiezione extra-regionale cinese.

Prospettiva geopolitica eurasiatica

Valdai Discussion Club
https://valdaiclub.com
→ Think tank russo con contributi di alto livello su Eurasia, multipolarismo, limiti dell’asse sino-russo e ruolo dell’Europa.

Russian International Affairs Council (RIAC)
https://russiancouncil.ru
→ Analisi di politica estera russa con attenzione ai rapporti UE–Russia e Cina–Russia.

Cina: limiti strutturali e dottrina

China Maritime Studies – U.S. Naval War College
https://digital-commons.usnwc.edu/cmsi/
→ Studi cruciali sui limiti della proiezione navale e militare cinese fuori dall’Asia orientale.

Lowy Institute – Asia Power Index
https://power.lowyinstitute.org
→ Dati comparativi che mostrano lo scarto tra potenza economica cinese e reale capacità di proiezione militare globale.

Bibliografia:

-Halford J. Mackinder, Democratic Ideals and Reality, 1919
→ Fondamento teorico della centralità eurasiatica e della profondità strategica continentale.

-Nicholas J. Spykman, The Geography of the Peace, 1944
→ Complemento critico a Mackinder, utile per comprendere la strategia americana di contenimento dell’Eurasia.

-Martin van Creveld, The Transformation of War, Free Press, 1991
→ Centralità della logistica, dei limiti strutturali della potenza e della guerra non industriale classica.

-Lawrence Freedman, Strategy. A History, Oxford University Press, 2013

-Zbigniew Brzezinski, The Grand Chessboard, Basic Books, 1997
→ Testo chiave per dimostrare che l’obiettivo strategico USA è impedire l’integrazione Europa–Russia.

-John J. Mearsheimer, The Tragedy of Great Power Politics, Norton, 2001
→ Realismo offensivo utile per spiegare la pressione americana che spinge Russia e Cina a convergenze forzate.

-Giovanni Arrighi, Adam Smith in Beijing, Verso, 2007
→ Fondamentale per mostrare la natura economica (non militare globale) dell’ascesa cinese.

-Edward Luttwak, The Rise of China vs. the Logic of Strategy, Harvard University Press, 2012
→ Spiega perché la Cina fatica a tradurre potenza economica in proiezione strategica stabile.

-Emmanuel Todd, La défaite de l’Occident, Gallimard, 2024
→ Utile per sostenere la tesi dell'auto sabotaggio europeo e della rinuncia alla propria funzione storica.

26/12/2025 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Orazio Di Mauro
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