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Una rivoluzione culturale? La civiltà dell’Umanesimo e del Rinascimento in una prospettiva marxista

L'Umanesimo e il Rinascimento rappresentano una "rivoluzione culturale lenta" che ha preparato l'emergere della società borghese moderna, caratterizzata da una riscoperta dell'antichità classica, dallo sviluppo di nuove scienze e da una nuova concezione dell'uomo come "artefice di se stesso".


Una rivoluzione culturale? La civiltà dell’Umanesimo e del Rinascimento in una prospettiva marxista
  1. Una rivoluzione “lenta” prepara una cultura che esprimerà le esigenze dei tempi nuovi

Con la centralizzazione del potere che consente il sorgere dei primi Stati, per quanto soggetti a un modo di produzione ancora sostanzialmente feudale, si assiste a un primo superamento del medioevo preda ormai di una crisi irreversibile. Vi è finalmente una ripresa economica e dei commerci, le città con le attività manifatturiere che vi si svolgono cominciano ad avere la supremazia sulle campagne, in un processo che dura sino ai nostri giorni. A tali cambiamenti socio-politici non poteva non seguire un profondo mutamento culturale. Così se il Trecento è il secolo della crisi della cultura medievale, il Quattrocento è il secolo di transizione alla cultura moderna, che comincia ad affermarsi nel Cinquecento. Tale processo di costruzione di una nuova cultura – la grande cultura borghese – sulle macerie della precedente, ha luogo quando la borghesia, non avendo ancora conquistato il potere politico, svolgeva una funzione essenzialmente progressista. Detto processo inizia con l’Umanesimo nel Quattrocento e si compie con l’Illuminismo nel Settecento.

  1. Umanesimo e Rinascimento

L’umanesimo è il punto di partenza dell’affermarsi della nuova cultura, che nasce in Italia già nel secolo XIV al tramonto dell’età comunale, quando si affermano le signorie, antenate dello Stato. Gli umanisti per rompere con la cultura cristiano-medievale pongono al centro della loro formazione il modello dell’antichità classica. Si tratta di un aspetto contraddittorio, in quanto sulla base dell’equivoco per cui la necessaria riscoperta delle proprie radici concettuali si confonde con il ritorno alle origini storiche, sarà poi funzionale a far precipitare questa essenziale rivoluzione culturale in una rivoluzione passiva. La cultura del nuovo mondo è fondata sui valori dell’uomo e dell’individualità, essenziale conquista della modernità. La rivoluzione culturale, che dapprima si sviluppa nelle arti visive e nella letteratura, interesserà in seguito anche i piani culturali più difesi dalle forze feudali ormai reazionarie: la religione, la politica, la scienza e la filosofia.

  1. L’umanesimo e la scoperta dell’Antichità

Il termine Umanesimo deriva dall’espressione latina humanae litterae, con cui si indicava una letteratura che poneva, in modo allora rivoluzionario, al centro della sua attenzione l’uomo e la sua formazione intellettuale, rompendo con il dominio nel corso del medioevo delle divinae litterae, cioè della teologia. Alla visione del mondo mitologico-religiosa si contrappone la cultura filosofico-scientifica.

A tale scopo si ricercano le opere del mondo antico che si occupano di aspetti umanistici, scientifici e filosofici e che perciò non sono state diffuse in epoca medievale, in cui del mondo antico si conservava solo ciò che appariva conciliabile con la cultura mitologico-religiosa cristiana. Oltre alle opere “umanistiche” latine, si riscoprono le opere greche che i dotti in fuga da Costantinopoli portano in occidente. Inoltre anche le opere antiche diffuse nel medioevo vengono ora depurate dal loro adattamento alla cultura cristiana e restituite al loro mondo storico, che permette di comprendere che un mondo completamente diverso e migliore di quello medievale, sino ad allora naturalizzato dall’ideologia dominante, è non solo possibile, ma anche necessario. Nasce così la filologia, che consente ad esempio a Lorenzo Valla di dimostrare che la Donazione di Costantino, su cui si fonda la pretesa a un dominico anche temporale, politico della chiesa era un clamoroso falso.

La visione idealizzata dell’antichità come modello per il presente

L’antichità classica idealizzata dagli umanisti, che ne hanno messo in risalto solo gli aspetti progressisti, diviene un modello per il presente, cioè per costruire nuovo mondo storico che rompa finalmente con la cultura cristiano-medievale.

  1. L’arte, la letteratura e la scienza nel Rinascimento

In quest’epoca si assiste in tutti gli ambiti culturali a una lotta per emanciparsi dalla cultura tradizionale, dalla cultura dominante feudale. Nella filosofia si critica la scolastica, ideologia della classe dominante, nell’arte ci si libera dello stile gotico medievale, la scienza non è più fondata sul principio di autorità e la metafisica, ma si rifonda, in modo rivoluzionario per l’epoca, sull’indagine empirica. Durante il medioevo cristiano l’osservazione scientifica della natura era stata di fatto bandita in quanto considerata pagana.

Più in generale il rinascimento della cultura filosofico-scientifica non riguarda solo le arti, ma l’economia, i viaggi e la geografia, la cultura politica ecc. In architettura Brunelleschi, Bramante e Palladio, dopo aver a lungo studiato a Roma gli edifici dell’antichità, rompono con le piante a croci medievali per tornare alle piante circolari del tempio romano. Pittori e scultori come Masaccio, Donatello, Piero della Francesca e Michelangelo esprimono nelle loro figure umane la ritrovata dignità dell’uomo e l’equilibrio classico che ispirava gli scritti degli umanisti. L’umano non è più associato al peccato, da cui bisogna allontanarsi per salvarsi in dio, come nella cultura ascetica medievale.

Rivoluzione nella scienza e nella concezione dell'universo

Allo stesso modo in ambito scientifico Bacone e Galilei contrapporranno all’impianto scolastico del sapere un programma di ricerca fondato sulle sensate esperienze, una cultura razionalmente sperimentale. La scienza si libera dei principi di autorità e della teologia e indaga le leggi che regolano l’universo e non sono scritte sulla Bibbia, non si basano sulla parola di dio, ma sono da riscoprire nel grande libro della natura, scritto con caratteri matematici e, quindi, da indagare razionalmente, scientificamente.

Anche la visione dell’universo muta, l’uomo in quanto fatto a immagine di dio non è più al centro, anzi viene meno il concetto stesso di centro e così si rimette in discussione il mondo rigidamente gerarchico medievale ed ecclesiastico. Il polacco Copernico è il primo a riprendere la tesi eliocentrica, che formula inizialmente come pura ipotesi matematica. Sarà Giordano Bruno, emblema dell’intellettuale rivoluzionario, a intuire che lo spazio non ha né centro, né circonferenza, né alto né basso, ma è la sede infinita di universi infiniti.

La filosofia politica fra realismo materialista e utopismo comunista

Nel frattempo Machiavelli rivendica l’autonomia della politica dalla morale e dalla religione, rifondandola in senso realistico e materialistico gettando le basi per la scienza politica. Autori come Moro, Paracelso e Campanella scrivono invece utopie in cui delineano i contorni di uno Stato perfetto, secondo un modello comunistico agli antipodi della cultura cristiano-medievale.

  1. Le nuove tecniche: manifatture tessili, miniere, artiglieria e stampa

Il movimento culturale del XV e XVI secolo è accompagnato da profonde innovazioni in ambito tecnologico, che favoriscono un importante incremento della produzione. Non disprezzando più il lavoro manuale, come lavoro servile, da donne, cioè da esseri subumani e perciò da lasciare solo a schiavi o al massimo servi di sesso maschile. Si arriva così a fondare l'allora, decisamente rivoluzionario, nesso fra scienza e tecnica. È innovata innanzitutto la manifattura tessile, consentendo la fabbricazione su vasta scala di tessuti a prezzi economici, favorendo così il sorgere di manifatture che impiegano anche centinaia di operai e per la prima volta anche di operaie (primo contraddittorio passo per la liberazione della donna dalla schiavitù domestica) e che costituiscono l’archetipo dell’impresa borghese.

Nel settore minerario si apprende a scavare in profondità grazie all’utilizzo dei primi mezzi meccanici. La meccanizzazione del lavoro, archetipo dell’industria, non nasce al livello teorico, ancora imbrigliato dall’ideologia dominante scolastica, ma in ambito pratico-economico. Tale settore è trainato dallo sviluppo della metallurgia che deve soddisfare la richiesta di cannoni e palle da cannone, ma anche per la diffusione della stampa. Come diventerà poi abituale nel mondo borghese, il progresso tecnologico è funzione del riarmo. Sorgono i primi altiforni. Si tratta dei pochi settori economici non imbrigliati dalle corporazioni medievali, che con il loro corporativismo reprimevano implacabilmente ogni tentativo di innovare il processo produttivo, bloccando lo sviluppi dei mezzi di produzione.

Si assiste inoltre all’esplosione tipografica grazie ai caratteri mobili inventati da Gutenberg e per lo sviluppo della produzione della carta. Sono gli italiani a fare della carta da un costoso manufatto artigianale (com’era in Cina, da cui, come moltissime altre cose era stata scoperta e importata), un prodotto industriale dai costi contenuti. Anche qui si arriva presto alla meccanizzazione del lavoro e alla divisione del lavoro che saranno poi alla base della società capitalistica. Aumenta così in modo esponenziale la diffusione dei libri e, di conseguenza, delle teste pensanti, cioè di persone in grado di pensare con la propria testa e non con quella dell’ideologia dominante.

  1. Il dibattito sul Rinascimento da parte dell’ideologia dominante degli intellettuali tradizionali

Il termine Rinascimento assume la connotazione attuale con Michelet nel 1840, e indica il risorgere delle bellezze e virtù antiche, sulla cui base sarebbe sorta l’epoca moderna. Concezione contraddittoria, che scambia il ritorno al passato con il ritorno al futuro. Anche nell’opera di Burckhardt permane l’accento della frattura del Rinascimento rispetto agli anni bui del medioevo. Il rinascimento italiano è segnato, secondo Burckhardt, dalla contraddizione fra lo splendore delle arti, l’audacia del pensiero scientifico, la raffinatezza dei costumi, ma anche l’immoralità privata e una religiosità solo esteriore. Ciò che non capiscono questi intellettuali tradizionali è che si può parlare di immoralità solo con l’affermazione della morale, che dipende dalla libertà dei moderni, cioè dall’affermazione dell’individuo che costituisce la base rivoluzionaria, naturalmente sempre storicamente determinata, dell’umanesimo.

In seguito il filologo Burdach ha sottolineato la continuità fra medioevo e Rinascimento. A dimostrazione di come gli intellettuali tradizionali siano generalmente capaci di farci precipitare dalla padella nella brace, cioè di depotenziare e, quindi, perdere di vista, proprio gli aspetti rivoluzionari dell’umanesimo e del rinascimento. Lo storico Lopez, intorno alla metà del Novecento, ha mostrato come al fiorire culturale del Rinascimento fa riscontro un’epoca di crisi economica e politica italiana. Il Rinascimento sarebbe stato un fenomeno di élite, che avrebbe stentato a radicarsi in una società imbarbarita e affamata. Tale critica si basa su una interpretazione discutibile delle riflessioni di Gramsci sul Rinascimento. Sfugge che solo in un secondo momento, quando la cultura rinascimentale diverrà la cultura dominante degli Stati nazionali, è possibile accostarla al concetto di rivoluzione passiva. Si tratta del tipico difetto degli storici tradizionali di sinistra, di area Pci, che dimenticano che per esserci una rivoluzione passiva ci vuole prima una rivoluzione attiva, reale, come era stata inizialmente la cultura Rinascimentale.

Infine, più recentemente, lo storico inglese Peter Burke ha confutato la tradizionale concezione di un Rinascimento quale miracolo culturale isolato, inserendolo in una lunga transizione all’età moderna, iniziata nell’anno mille. Qui torniamo all’impostazione sostanzialmente reazionaria dell’intellettuale tradizionale non marxista, che cancella la rottura rivoluzionaria con la cultura mitologico-religiosa medievale. Per cui non ci sarebbero rovinose rivoluzioni, ma un lento e pacifico progresso riformistico come per il suo omonimo Edmund Burke, capostipite dei critici reazionari della Rivoluzione francese.

26/12/2025 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Renato Caputo
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