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Utopia e speranza: il marxismo di Bloch

Il marxismo “eretico” di Ernst Bloch, uno dei filosofi di maggior spessore del cosiddetto marxismo occidentale


Utopia e speranza: il marxismo di Bloch Credits: https://www.periodicodaily.com/ernst-bloch-l8-luglio-1885-nasce-il-filosofo-marxista-del-principio-speranza/

 Link al video della lezione tenuta per l’Università popolare A. Gramsci su argomenti analoghi

Ernst Bloch (1885-1977) è stato certamente fra gli esponenti di maggior spicco del “marxismo occidentale”. Bloch nasce in Germania a Ludwigshafen nel 1885 da una famiglia di origine ebraica. Laureatosi in filosofia, come l’amico György Lukács studia con i migliori pensatori tedeschi del tempo. In particolare Bloch segue le lezioni di Georg Simmel a Berlino e poi, trasferitosi a Heidelberg entra nel circolo di Max Weber.

La sua adesione al marxismo avviene in seguito ai tragici eventi della Prima guerra mondiale, che ai suoi occhi mettono in crisi la fiducia nelle sorti magnifiche e progressive della società borghese della belle époque. Convinto pacifista, durante la guerra Bloch trova rifugio in Svizzera; tornato in Germania alla fine del conflitto, si iscrive al Partito comunista e prende parte al tentativo, presto sconfitto, di creare in Germania delle repubbliche sovietiche. Vive poi a Berlino, entrando in stretto contatto con l’intellighenzia di sinistra della città, dalla Scuola di Francoforte a Walter Benjamin e Bertolt Brecht. In seguito all’avvento del nazismo è costretto a lasciare il paese e a vivere in esilio prima in Europa, poi negli Stati uniti d’America.

Nel 1949 si stabilisce nella Repubblica Democratica Tedesca (DDR), dove insegna all’università di Lipsia e contribuisce a fondare la “Deutsche Zeitschrift für Philosophie” [Rivista tedesca di Filosofia]. Le posizioni di Bloch, assimilabili a quelle del marxismo occidentale e, dunque, distanti da quelle dominanti nel blocco sovietico, sono tollerate sempre meno, al punto che si vede costretto a interrompere l’attività di docenza all’università nel 1957. Così nel 1961, nel momento in cui inizia la costruzione del muro di Berlino, Bloch decide di passare nella Repubblica Federale Tedesca, dove riprende a insegnare all’Università di Tubinga. Muore a Tubinga nel 1977.

Lo spirito dell’Utopia

Sin dalla sua prima opera di ispirazione marxista, Lo spirito dell’utopia – pubblicata nel 1918 e poi significativamente rielaborata nel 1923 per la seconda edizione – Bloch sviluppa un’interpretazione originale del marxismo in completa discontinuità con le concezioni economiciste e sociologiche dominanti nella Seconda Internazionale. L’interpretazione del marxismo di Bloch è anche lontana dallo storicismo del giovane Lukács, in quanto muove da un’indagine antropologica e psicologica che anticipa tematiche in seguito sviluppate dall’esistenzialismo. Al centro della sua ricerca non è più la classe sociale, ma l’individuo che nell’atto di vivere il suo presente non è autocosciente, né in grado di sperimentare interiormente la propria esistenza. Per porre in luce l’opacità del vissuto, Bloch introduce il concetto di “tenebra dell’immediato”. Questa dimensione “inautentica” dell’esistenza si estende dalla dimensione del presente alla sfera della memoria: poiché nell’immediatezza della vita l’uomo non è mai presente a se stesso, non può divenire autocosciente, né dare senso alla propria esistenza nella memoria in cui si deposita l’hic et nunc reso oscuro dalla sua immediatezza. La dimensione inautentica e inessenziale è superabile solo ponendosi sul piano del “non-essere-ancora”, della speranza rivolta al futuro che può dare un senso e rendere cosciente il vissuto. L’oscurità del nostro vivere è illuminata dal moto interiore innescato dalla speranza nell’avvenire, che ci rende consapevoli dell’inessenzialità del nostro vivere presente e ci consente di oltrepassarla protendendosi verso il non-ancora che è anche l’unica dimensione autentica della nostra vita interiore. Proprio perché protesa al futuro la dimensione del “non-ancora” non è confinabile nella coscienza del singolo, del privato, ma vive solo in una dimensione intersoggettiva, pubblica. Unicamente nel noi risiede la speranza autentica del singolo, il suo aprirsi alla dimensione autentica del non-ancora che dà senso al suo presente.

Il principio speranza

Questa prospettiva teorica dello Spirito dell’utopia è pienamente dispiegata nell’opera di più ampio respiro scritta da Bloch: Il principio speranza, pubblicata in tre volumi fra il 1954 ed il 1959.La carica utopistica, il millenarismo di tale ricerca orientata al futuro del proprio coronamento spirituale, – che rinvia al debito contratto da Bloch verso la tradizione teologica giudaico-cristiana – si lega al marxismo per la priorità assegnata alla sfera pubblica e intersoggettiva che consente al singolo di superare la propria dimensione di finitezza nel progetto collettivo di una società maggiormente universalistica, inclusiva e giusta delle precedenti.

La speranza contro l’opacità del presente

È il “plus ultra” della speranza rispetto all’opacità del presente e alla dimensione limitata del singolo, in quanto tale prigioniero del finito, a costituire il luogo di incontro fra lo spirito del millenarismo religioso, la concezione rinascimentale della natura come totalità vivente di forze dinamiche che è alla base della scienza moderna, e la carica utopistica dei grandi rivoluzionari. Lo spirito dell’utopia rappresenta un bisogno profondo dell’uomo, quello di colmare la carenza d’essere connaturata alla propria esistenza finita. Essa esprime l’aspirazione al completamento e all’autorealizzazione della natura umana che si identifica, in ultima istanza, con la prospettiva dell’affermazione del regno della libertà, ovvero del comunismo. La speranza è per Bloch non solo il fondamento antropologico, l’essenza generica dell’uomo, ma anche il principio ontologico, lo spirito vitale che attraversa in modo inconscio il mondo della natura e diviene consapevole nell’uomo. Il motore del divenire, l’anima del mondo è, dunque, tale tendenza a superare ciò che è meramente esistente. Bloch critica, tuttavia, ogni concezione evoluzionistica e lineare della storia, anche perché, a suo modo di vedere, nessuna concezione della storia ha in sé la garanzia del progresso. A queste concezione positiviste, penetrate anche nel marxismo, Bloch contrappone l’idea del tempo quale “multiversum”: la discontinuità del corso del tempo è la causa della varietà delle tendenze e dei percorsi storici possibili, nessuno dei quali è rivolto necessariamente al progresso.

Per una filosofia del “non-ancora”

Bloch è critico tanto della metafisica speculativa, intesa quale contemplazione dell’essere, quanto delle correnti di pensiero rivolte a una ricerca del senso del presente nel passato, che intendono la conoscenza come reminiscenza, come anamnesi, secondo la millenaria tradizione platonica presente ancora in Edmund Husserl e nella psicoanalisi, in particolare freudiana. Allo stesso modo Bloch critica le concezione del mondo che non sono in grado di emanciparsi dall’ opacità dell’immediato, come le filosofie della vita alla base della moderna distruzione della ragione. Ad esse Bloch contrappone una filosofia volta alla conoscenza del “non-ancora” del futuro e a prendere partito per la speranza in una società migliore.

La rivalutazione dell’utopia come antidoto alla crisi del “socialismo reale”

Sebbene si sia schierato, da subito, a favore della Rivoluzione d’Ottobre, Bloch resta sempre critico del “Dia-mat”, da lui considerato una degenerazione in senso dogmatico del marxismo. Tale posizione ambivalente di Bloch sul piano teorico ha avuto ripercussioni pratiche nel momento in cui, costretto a scegliere dopo la Seconda guerra mondiale in quale settore del mondo diviso dalla cortina di ferro operare, optò per la Repubblica democratica tedesca (RDT), di orientamento socialista, ma sotto il controllo dell’Urss in cui dall’età staliniana il “Dia-mat” era divenuto una dottrina di Stato, quasi una religione civile e politica. Tanto più che Bloch intende confutare la classica interpretazione di Friedrich Engels, secondo la quale il marxismo avrebbe rappresentato il passaggio alla concezione scientifica del socialismo, rispetto alla precedente tradizione utopista. Per Bloch il marxismo non può, né deve essere considerato una negazione assoluta del socialismo utopista, ma una negazione determinata che accoglie dialetticamente l’elemento utopico liberandolo, mediante la concretezza dell’analisi sociale e il legame con una prassi rivoluzionaria, dalla veste astratta. L’aver trascurato tale carica utopica è, a suo avviso, la principale causa dell’involuzione politica dei paesi in transizione al socialismo, che avrebbero sacrificato il “principio speranza” alla necessità tattica di scendere a patti con l’esistente. In RDT le posizioni critiche e antidogmatiche di Bloch sono state dapprima tollerate e, poi, sempre più apertamente osteggiate dalla classe dirigente, sino a rendergli impossibile proseguire l’attività di docenza all’università. Così nel 1961, all’atto della costruzione del “muro di Berlino”, Bloch decide di passare nella Repubblica Federale Tedesca in cui gli viene, astutamente, consentito di riprendere la sua attività di docenza nell’Università di Tubinga.

Diritto naturale e dignità umana

In Diritto naturale e dignità umana (1961)Bloch analizza le cause profonde che hanno condotto a quella che gli appare la degenerazione della realizzazione storica del socialismo nell’est europeo. Il mancato rispetto dei diritti umani in Unione Sovietica, che ha preparato il terreno alla dittatura di Iosif Stalin, avrebbe la propria origine nell’incapacità di Vladimir I. U. Lenin di comprendere che, come asseriva a ragione Rosa Luxemburg, non è possibile realizzare la transizione al socialismo senza accettare le conquiste storiche dei diritti democratici. Ancora più radicalmente, a parere di Bloch, le più lontane origini delle successive degenerazioni del “socialismo reale” – a partire dal carattere autoritario che avrebbe assunto – andrebbero ricercate nello stesso Karl Marx che aveva enunciato, ma non chiarito adeguatamente, il concetto di “dittatura del proletariato”, lasciando la possibilità di realizzare in suo nome la dittatura di un partito politico in rappresentanza della classe lavoratrice. Inoltre, nella sua giusta polemica contro la formulazione borghese dei diritti umani, incentrati sulla proprietà privata, Marx aveva finito con il sottovalutare l’importanza che deve avere il diritto naturale elaborato dalla tradizione giusnaturalista anche in una società in transizione al socialismo.

08/03/2020 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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Renato Caputo
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