Stampa questa pagina

La resistibile ascesa al potere del nazionalsocialismo

La resistibile ascesa al potere di Hitler è opera in primo luogo del supporto della classe economicamente dominante nazionale e, in seguito, degli investimenti nella sua politica imperialista da parte del grande capitale finanziario transnazionale


La resistibile ascesa al potere del nazionalsocialismo Credits: https://www.ft.com/content/86a4568a-26bc-11e7-a34a-538b4cb30025

Link al video della lezione tenuta per l’Università popolare Antonio Gramsci su argomenti analoghi

Segue da “Fronte popolare e nazionalsocialismo

La politica di austerità deI governo liberal-conservatore di Brüning, coperto a sinistra dai socialdemocratici, spiana la strada a Hitler

Per la resistibile ascesa al potere di Adolf Hitler – oltre ai finanziamenti del grande capitale finanziario, alle complicità nell’esercito, nella burocrazia e negli apparati repressivi dello Stato – decisivo è il sostegno da parte di ampi settori della piccola borghesia, dei ceti medi e del sottoproletariato, base di massa del Partito nazionalsocialista. Tale ascesa è stata, inoltre, senza dubbio favorita dal governo liberal-conservatore di Heinrich Brüning, eletto con l’appoggio – con la scusa di sbarrare la strada a Hitler – oltre che dal centro-destra liberale, dall’intero centro cattolico e dalla sinistra socialdemocratica. Gli unici a offrire una reale alternativa di sinistra ai due candidati della destra rimasero i comunisti, che invocavano invano un fronte antifascista capace di arrestare le violenze delle camicie brune naziste. Il governo liberale di Brüning risponde all’enorme crescita del debito pubblico, non con una limitata inflazione, ma con una politica deflazionistica, con la scusa di voler contenere la svalutazione del marco che era stata prodotta all’inizio degli anni venti. Tale politica provoca una drastica riduzione dello stesso salario diretto del 10-15% per i lavoratori del privato e di un quinto per gli stipendi dei dipendenti pubblici, un significativo aumento delle tasse e la riduzione del sussidio di disoccupazione, nonostante gli oltre sei milioni di disoccupati provocati dalla gestione capitalistica della crisi di sovrapproduzione emersa nel 1929.

Le elezioni presidenziali del 1932

Alle elezioni presidenziali del 1932 i partiti del centro e della sinistra socialdemocratica fanno ancora una volta blocco con la destra per rieleggere il candidato della destra latifondista e militarista Paul von Hindenburg – sempre con la scusa di fermare Hitler, che così totalizza il 37% dei suffragi – isolando nuovamente i comunisti, gli unici a proporre una reale alternativa con l’operaio marxista e leninista Ernst Thälman che ottiene il 10%.

Il governo Von Pappen

Una successiva crisi di governo, vista la completa incapacità di reazione da parte della socialdemocrazia, favorisce una soluzione ancora più marcatamente di destra, con l’elezione a cancelliere – ovvero a capo del governo – del barone e ufficiale del Centro cattolico Franz Von Pappen, rappresentante dei cattolici reazionari che difendono gli interessi dei grandi latifondisti. Von Pappen indice nuove elezioni politiche mirando a schiacciare elettoralmente le disunite forze della sinistra. Questa volta però, dinanzi al pericolo sempre più imminente di una svolta autoritaria e antidemocratica, l’elettorato di sinistra delle classi popolari sa reagire aumentando di ben tre milioni i voti di socialdemocratici e comunisti. Von Pappen propone, allora, una coalizione di governo con il partito nazionalsocialista, per mettere al tappeto la sinistra, offrendo a Hitler il posto di vice-cancelliere. Tuttavia Hitler sdegnosamente rifiuta l’offerta del Centro cattolico – sempre più spostato a destra – in quanto sostiene di voler seguire l’esempio di Benito Mussolini, conquistando tutto il potere politico con la forza, non sfidando elettoralmente le sinistre, ma spazzandole via con la violenza squadrista, (resa possibile dalla copertura, come in Italia, degli apparati repressivi dello Stato borghese).

Hitler a capo del governo

D’altra parte Hitler non dovrà nemmeno simulare una prova di forza, come la Marcia su Roma fascista, infatti su pressione del grande capitale finanziario nel gennaio del 1933 il maresciallo Hindenburg (eletto con i voti dei socialdemocratici) lo nomina capo del governo, dimostrando che il blocco sociale dominante riteneva più adeguata la soluzione prospettata dai nazionalsocialisti, che conquistano la maggioranza grazie all’appoggio decisivo di liberali, nazionalisti e centro cattolico. Da parte sua, neanche dopo l’elezione di Hitler, la socialdemocrazia decide di fare fronte comune con i comunisti, mobilitando i lavoratori, ma cerca ancora una impossibile soluzione parlamentare.

L’incendio del Reichstag

Ciò favorisce una ulteriore escalation della campagna terroristica dei nazionalsocialisti contro ogni forma di organizzazione autonoma dei ceti subalterni, giustificata dall’incendio del Reichstag, sede del parlamento tedesco, provocato dai nazisti per incolparne i comunisti. In tal modo, migliaia di militanti di sinistra e sindacalisti vengono immediatamente arrestati e rinchiusi nei primi campi di concentramento. Questo dà il colpo di grazia alle organizzazioni della sinistra e sindacali, che vengono decapitate da tutti i quadri e si trovano del tutto prive di una direzione consapevole.

Hitler presidente della Repubblica

Alla morte di Hindemburg, Hitler, forte del supporto dei conservatori liberali e cattolici, viene eletto anche presidente della Repubblica e ciò gli consente di sciogliere, senza violare formalmente la costituzione “democratica”, partiti, sindacati e lo stesso parlamento e di proclamarsi Führer, ovvero duce in tedesco, seguendo ancora una volta la strada tracciata da Mussolini. Inizia così una massiccia propaganda nazionalsocialista attraverso i mezzi di comunicazione di massa: radio, cinema e giornali che trasmettono la torbida ideologia nazionalsocialista fondata sull’irrazionalismo, il vitalismo, i miti medievali barbarici, l’esaltazione della violenza, del razzismo, dell’imperialismo e un ossessivo anticomunismo e antisemitismo.

Il regime totalitario nazista

La gestione del potere da parte di Hitler è contraddistinta dall’uso aperto della violenza per reprimere gli avversari politici e dall’egemonia per estendere il consenso. Al primo scopo Hitler utilizza le SS, squadre di sicurezza con funzione di polizia politica, che fanno capo direttamente a lui e arrestano militanti dei partiti di sinistra e delle organizzazioni dei lavoratori che, in ben 200.000, finiscono rinchiusi nei campi di concentramento. La repressione colpisce in modo diretto e indiretto anche gli intellettuali, in buona parte di sinistra o di origine ebraica, costretti ben presto a cercare rifugio in esilio; fra questi non possiamo non ricordare almeno: Thomas Mann, Bertolt Brecht, Albert Einstein, Walter Gropius e Fritz Lang. Questi grandissimi intellettuali trovano, nella maggioranza dei casi, rifugio negli Stati uniti, spostando dalla Germania a questo paese la preminenza mondiale sul piano sovrastrutturale.

Lo Stato nazionalsocialista

Dopo aver ottenuto con il sistema bonapartista del plebiscito nel 1934 i pieni poteri, in un clima di violenza e intimidazioni, che impedisce di esprimersi a qualsiasi voce dell’opposizione, Hitler costituisce lo Stato totalitario nazista, vietando i sindacati e imponendo una gerarchia militaresca nei posti di lavoro.

Le ragioni del consenso al nazismo

Per il consenso al nuovo regime decisivo sarà il sostegno delle chiese protestanti e cattoliche, ottenuto grazie ai concordati; decisivo è inoltre l’eliminazione della disoccupazione dovuta al fatto che lo Stato spende somme enormi in lavori pubblici, infrastrutture e soprattutto riarmo. Lo Stato, dopo aver rifiutato di ripagare gli indennizzi di guerra, si indebita sempre più, mentre si arricchiscono le grandi industrie, specie quella degli armamenti, a partire dalle acciaierie Krupp, il cui proprietario è il più stretto alleato di Hitler. Aumenta inoltre il livello di vita delle masse popolari, strumentalmente alla rivoluzione passiva, ad esempio con la produzione pubblica di automobili per il popolo, ovvero la Volkswagen.

Il progetto neoschiavista del nazionalsocialismo

La politica di riarmo consente di assorbire la disoccupazione e di dilazionare la crisi di sovrapproduzione, particolarmente terribile per un paese con un capitalismo maturo ad alta composizione organica come la Germania, rimasta sostanzialmente tagliata fuori dalla politica coloniale. Le armi servono per aprire alla Germania nuovi mercati, ovvero per dotarla di un impero coloniale senza danneggiare gli interessi delle altre potenze coloniali, considerate possibili alleati nella spartizione del mondo, anche grazie alla giustificazione razziale. A tale scopo, giocando sul secolare espansionismo tedesco verso est, sul revanscismo per la pace punitiva che ha strappato territori abitati da tedeschi a est – grazie all’ideologia che fa degli slavi una razza inferiore, destinata sin dal nome a essere resi schiavi degli ariani – i nazisti vogliono fare dell’est europeo le Indie tedesche, ovvero vogliono fare degli slavi quello che gli statunitensi hanno fatto ad afro americani e nativi.

Le connivenze internazionali con il regime nazista

Tale programma, se è visto con preoccupazione da una parte delle classi dominanti delle altre grandi potenze, che temono un eccessivo rafforzamento della Germania, è considerato con favore dai settori più conservatori inglesi, francesi e americani, per non parlare di italiani e giapponesi, in quanto è rivolto principalmente contro l’Urss e, dunque, potrebbe infliggere una durissima sconfitta ai temutissimi comunisti e, più in generale, alle sinistre e ai sindacati. Del resto quasi tutte le classi dirigenti di questi paesi, compreso lo stesso Winston Churchill, tendevano a idealizzare il duce italiano per la sua capacità di mettere fuori gioco la sinistra, eliminando così le lotte e le rivendicazioni dei lavoratori. Un’altra componente delle classi dirigenti dei paesi imperialisti, più realisticamente, era per spingere l’espansionismo tedesco verso est, per mantenere intatte le proprie colonie e le proprie aree di influenza a sud e a ovest, ottenendo al contempo un reciproco indebolimento del concorrente tedesco e del nemico sovietico.

Il Terzo Reich

Per realizzare la sua politica espansionista, necessaria a rassicurare i creditori e a continuare a ricevere prestiti dal grande capitale finanziario transnazionale, Hitler fonda il Terzo Reich – dopo quello medievale della Nazione germanica degli Ottoni e quello guglielmino. Dietro tutta questa ideologia, anche razziale, si celano le esigenze economiche reali del capitalismo tedesco: l’esigenza di procurarsi materie prime e mercati di esportazione, che altri paesi imperialisti avevano grazie alla politica coloniale o alla conquista del West, e manodopera straniera a basso prezzo che gli altri paesi a capitalismo avanzato avevano grazie alle colonie e agli ex-schiavi afroamericani e ai coolies cinesi. Hitler riesce a conquistarsi il consenso anche da parte dei settori popolari non politicizzati, finanziando con i prestiti e i sovraprofitti delle conquiste imperialistiche l’aristocrazia operaia “ariana”, finanziata a spese degli ebrei e dei popoli considerati inferiori.

I debiti e il riarmo rendono necessaria la guerra

Inoltre la politica di dilazione della crisi di sovrapproduzione portata avanti da Hitler, mediante il riarmo e la relativa pace sociale ottenuta con la piena occupazione, (che non produce un aumento del prezzo della forza lavoro per il divieto dei sindacati e un’alta produttività garantita dalla militarizzazione delle fabbriche, i cui operai restano gli unici, almeno in parte, ostili o diffidenti verso la propaganda nazista), non può continuare all’infinito. Le armi accumulate devono essere utilizzate, per giustificare e fare posto a ulteriori armi; nuovi crediti nazionali e internazionali possono essere ottenuti unicamente se lo Stato nazista appare in grado di far fronte al crescente debito dando in garanzia una inarrestabile politica di conquista. Da qui l’alleanza con i due grandi altri regimi di destra radicale, il fascismo italiano e l’imperialismo-sciovinista giapponese, in preparazione della Seconda guerra imperialistica mondiale.

24/05/2020 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: https://www.ft.com/content/86a4568a-26bc-11e7-a34a-538b4cb30025

Condividi

L'Autore

Renato Caputo
<< Articolo precedente
Articolo successivo >>