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La Repubblica di Platone

Solo a poco a poco, mediante la dialettica, l’uomo indirizzerà lo sguardo al sole, metafora del bene. L’uomo diviene così, secondo Platone, libero e si trasforma in filosofo, il cui compito è ora di tornare nel fondo della caverna per liberare gli altri uomini ivi rimasti. Il filosofo non deve limitarsi alla mera contemplazione del mondo delle idee, ma deve porre il suo sapere al servizio della prassi, del processo di emancipazione dell’intera umanità.


La Repubblica di Platone Credits: http://www.leussein.eurom.it/platone-teorico-del-teatro-nella-polis-democratic/

I limiti della concezione platonica dello Stato

Se filosofi e guerrieri sono mantenuti dallo Stato, il terzo ceto potrà godere della proprietà privata nei limiti fissati dal governo. La polis, secondo Platone, dovrà avere dimensioni limitate, fondarsi principalmente sulla produzione agricola, riducendo al minimo l’attività commerciale ed evitando ogni forma di politica imperialistica.

L’aristocraticismo platonico

Quella di Platone è un’idea aristocratica di legittimità del potere, la sua è una reazione alla democrazia attraverso una rigida diversificazione delle attività socio-politiche contro i sommovimenti democratici. Per Platone uno Stato sano è uno Stato dove ognuno svolge il proprio compito e, quindi, ognuno sa stare al posto che gli compete; è appunto una forma di organicismo politico che per funzionare necessità dell’accordo e dell’armonia tra le parti. La giustizia equivale a un rapporto gerarchico e armonico tra le parti, dove ogni componente assolve al proprio specifico dovere.

Quindi, Platone è contrario a una gestione comune della cosa pubblica, tant’è che i cittadini produttori sono esclusi dalla partecipazione politica e non possono esercitare nessuna forma di controllo sul gruppo dirigente. Nell’anti-democraticismo di Platone vi è, però, un’importante novità: non vi sono gli schiavi.

Pur non essendo democratico, lo Stato platonico è aristocratico nel senso letterale del termine, ovvero intende essere il governo dei migliori, secondo una concezione meritocratica. La sua non è un’aristocrazia di nascita, bensì del sapere. I filosofi sono chiamati a governare non perché appartengono a una stirpe di antica nobiltà, ma perché sono in possesso del sapere e sono, quindi, i migliori. Per Platone è possibile, inoltre, la mobilità sociale, non vi sono caste chiuse, anche se tendenzialmente i figli somigliano ai padri. Proprio per questo Platone non vuole che, almeno all’interno dei due ceti dirigenti, genitori e figli possano riconoscersi. Questa società, in cui ognuno impara a dismettere il proprio individualismo e a cooperare al bene comune, è quanto più si avvicina alla realizzazione del bene nel mondo del divenire e del tempo.

Le degenerazioni dello Stato

Lo Stato descritto da Platone rappresenta un modello ideale, in riferimento al quale è possibile migliorare gli Stati esistenti, che sono delle degenerazioni rispetto al modello ideale: 

1) Timocrazia, cioè il governo fondato sull’onore (timè) e che nasce quando chi sta al potere cerca l’affermazione personale, è mosso dall’ambizione e diffida dei sapienti;

2) Oligarchia, ovvero il governo basato sul censo, dove solo pochi (olìgoi) governano. Costoro sono avidi di ricchezze, e mettono il denaro al primo posto.

3) Democrazia, governo che nasce all’interno dello Stato oligarchico quando il ceto povero si ribella al ricco che detiene il potere. I cittadini sono liberi e gli è concesso di fare ciò che vogliono, il rischio è l’abbandonarsi ai desideri in maniera smodata.

4) Tirannide, forma più degenerata di governo, che nasce come reazione all’eccessiva libertà della democrazia. Il tiranno, per difendersi dall’odio dei cittadini, si circonda dei peggiori individui, inoltre il tiranno è schiavo delle passioni e, quindi, infelice. 

Il dibattito sul La Repubblica

La Repubblica è uno dei testi chiave della filosofia politica occidentale, che ha stimolato un secolare dibattito e interpretazioni anche diametralmente opposte.

- il motivo utopico: ripreso a partire da Tommaso Moro, 1516, ma denigrato da Machiavelli. Molti hanno considerato l’utopia vera filosofia e vera politica, in quanto mette di fronte agli uomini un modello ideale e li spinge a correggere le imperfezioni storiche.

- la tesi dei filosofi-re: da molti rifiutata come affermazione di un intellettuale astratto dalla realtà. Kant, ad esempio, la critica in quanto il possesso della forza corrompe inevitabilmente il libero giudizio della ragione, ma c’è anche chi l’ha esaltata come De Ruggiero che considera il filosofo atto a dirigere la cosa pubblica in quanto possiede virtù e disciplina.

- Comunismo e statalismo: da sinistra sono stati sottolineati gli aspetti comunitari e anti-individualistici, la preminenza del bene collettivo su quello personale e il primo abbozzo di comunismo. Ma anche c’è chi da sinistra, come Marx, ha assunto una posizione critica in quanto ha visto nell’organicismo platonico un’ideologia tesa a giustificare una società aristocratica e classista, fondata su una rigida divisione del lavoro.

Altri hanno letto la Repubblica da destra, esaltando lo statalismo e la struttura gerarchica della società, come, ad esempio, i nazisti. Al contrario, proprio per questo motivo autori liberali come Popper hanno criticato La Repubblica in quanto sarebbe fautrice di una società illiberale e antidemocratica, tanto da considerarla il paradigma di uno Stato dispotico.

L’utopia pedagogica

Tornando a La Repubblica si pone il problema che se non vi è nessun controllo dal basso, chi controllerà i militari? Per Platone non vi è bisogno di un controllo dal basso, in quanto a suo avviso la questione si risolve con il sistema educativo che addestrerà fin dalla nascita i futuri guardiani a pensare al bene collettivo. Perciò la funzione delle scienze sarà la formazione dei filosofi destinati ad assumere e gestire il potere e a educare il resto della società e, in primo luogo, i futuri guardiani. Come osserverà Rousseau, la Repubblica è il più grande trattato sull’educazione dell’antichità.

La pedagogia

L’ideale pedagogico di Platone prevede, innanzitutto, un’educazione alle forme elementari del sapere, come la musica o la danza. Poi i migliori passeranno allo studio delle scienze matematiche. A 35 anni entreranno nella vita politica della polis. I migliori intraprenderanno lo studio del sapere supremo, la dialettica. A turno poi dovranno sobbarcarsi il compito di filosofi-re.

I gradi della conoscenza e il compito dei filosofi

Abbiamo visto che per Platone il governante deve essere il filosofo in quanto è il sapiente, è colui che sa. Ma che cos’è la conoscenza?

Per Platone l’intero universo della conoscenza presenta una simmetria rigida con il mondo dell’essere, perché a ogni forma di conoscenza corrisponde un ben determinato tipo di oggetti. Egli immagina di collocare lungo un segmento le quattro forme conoscitive alle quali l’uomo ha accesso e spiega come ciascuna di queste forme si rivolga ad uno specifico genere di oggetti.

Divide il segmento in due parti, la prima corrisponde alla conoscenza intelligibile, la seconda a quella sensibile. Il segmento noetico a sua volta si divide in due sottosezioni: 1) la conoscenza dialettica, che si rivolge alle idee 2) la conoscenza matematica (dianoia), che ha per oggetto numeri e figure. Il segmento sensibile si divide invece in: 1) la credenza (pistis), i cui oggetti sono costituiti dalle cose sensibili; 2) l’immaginazione (eikasìa) che si rivolge alle copie degli oggetti sensibili, dunque ai prodotti artistici. Quindi mentre nella parte inferiore la conoscenza appartiene alla opinione, nella parte superiore hanno posto le conoscenze vere e proprie (ragionamento matematico e sapere dialettico).

Il punto importante di questo schema consiste nel fatto che per Platone l’epistemologia, cioè il tipo di conoscenza, dipende dall’ontologia, ovvero dalla natura degli oggetti cui si rivolge. Mentre noi siamo abituati a pensare che dello stesso oggetto si possano avere diverse forme di conoscenza, a seconda del metodo con il quale l’oggetto viene studiato. Per Platone se ci sono due conoscenze diverse – opinabile e scientifica – deriva dal fatto che si rivolgono a due generi di oggetti differenti: gli oggetti sensibili e le idee.

Per Platone, per quanto ritenga importantissima la matematica, ritiene che la filosofia sia superiore in quanto nella matematica vi sono appigli al mondo sensibile, in quanto le figure geometriche sono un’astrazione degli oggetti percepiti dai sensi, mentre la filosofia risale alle idee a da queste all’idea suprema ovvero l’idea di bene. Inoltre, il filosofo si occupa dei problemi della città, mentre lo scienziato astrae dalle questioni etico-politiche. In ogni caso nell’educazione dei giovani, come abbiamo già visto, le discipline matematiche svolgono una funzione propedeutica alla filosofia.

Il mito della caverna e la funzione dei filosofi

La teoria dei gradi della conoscenza e dell’educazione trova una suggestiva esemplificazione nel mito della caverna, uni dei miti più importanti e suggestivi di Platone.

Per spiegare la funzione dei filosofi Platone ricorre al mito della caverna. La condizione di partenza degli uomini è quella di prigionieri incatenati nel fondo di una caverna, che non possono vedere né la luce del sole, né gli oggetti reali. Obbligati a guardare solo il fondo della caverna, vi vedono le ombre di oggetti che vengono fatti passare alle loro spalle e che considerano oggetti reali. La condizione dell’uomo legato alle apparenze sensibili, alle opinioni, al divenire è quella, appunto, del prigioniero. Tuttavia è possibile, secondo Platone, liberarsi da questa situazione mediante le scienze matematiche che elevano l’uomo al piano della realtà ideale. Una volta fuori dalla caverna, il prigioniero liberato non potrà fissare i suoi occhi direttamente sul sole, ma dovrà dapprima levarlo sulle ombre e poi sugli oggetti dal sole illuminati.  Solo a poco a poco, mediante la dialettica, indirizzerà lo sguardo al sole, metafora del bene. L’uomo diviene così, secondo Platone, libero e si trasforma in filosofo, il cui compito è ora di tornare nel fondo della caverna per liberare gli altri uomini ivi rimasti. Il filosofo non deve limitarsi alla mera contemplazione del mondo delle idee, ma deve porre il suo sapere al servizio della prassi, del processo di emancipazione dell’intera umanità.

 

Conoscenza 

Intellezione

Opinione

Gradi di conoscenza

Dialettica (sole, idea di bene) 

Matematica (immagine delle cose riflesse nell’acqua) 

Credenza (le statuette, le cose del mondo sensibile)

Immaginazione (ombre delle statuette, immagine superficiale delle cose) 

Oggetti

Idee

Enti matematici

Oggetti naturali

Oggetti artistici

Ontologia

Mondo sovrasensibile, essere

Mondo sensibile, divenire

La concezione dell’arte di Platone 

Nel X libro della Repubblica Platone espone la sua concezione dell’arte, escludendola dall’educazione dei giovani. I motivi di tale esclusione sono, in primo luogo, che l’arte è “imitazione di imitazione”, in quanto riproduce le immagini delle cose che a loro volta sono copie delle idee. E, quindi, invece di avvicinare l’anima al mondo delle idee la allontana da esso e così dalla verità. La musica si salva invece da questa critica per i suoi aspetti matematici, ma anche perché induce – almeno alcune forme di musica – al rigore morale.

Platone condanna l’arte anche perché corrompe gli animi, mentre a suo avviso gli uomini e, soprattutto, i governanti devono apprendere a tenere a bada istinti e passioni.

Da ultimo Platone vuole sbarazzarsi dell’arte in quanto concorrente della filosofia nell’educazione dei giovani; nella formazione dovrebbe essere la filosofia a occupare il primo posto.

La condanna di Platone non tocca però i miti, utili alla filosofia per rappresentate contenuti di difficile spiegazione, proprio perché vanno al di là della rappresentazione sensibile. Sostanzialmente l’arte è accettata solo se sia assoggettata alla filosofia.

Per quanto riguarda la sua concezione della bellezza, essa è la forma esteriore della bontà, quindi coincide con il vero. Di contro ai sofisti, Platone ha una concezione oggettiva del bello: il bello non è connesso al piacere, ma è oggettivo, ovvero le cose belle sono in rapporto con l’idea di bello. Ed è l’anima che è capace di cogliere nella bellezza sensibile la partecipazione al mondo delle idee, come Platone esemplifica nel Fedro e nel Simposio.

Completata La Repubblica si tratta ora, per Platone, di dare alla dialettica metodi e obiettivi rigorosamente definibili.

28/10/2022 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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L'Autore

Renato Caputo
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