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Gli anni Sessanta in occidente

Gli anni Sessanta negli Stati Uniti, da Kennedy a Nixon, in America Latina in lotta contro il neocolonialismo statunitense, in Gran Bretagna, Francia, Germania e nella Grecia del colpo di Stato dei colonnelli.


Gli anni Sessanta in occidente

Link al video della lezione tenuta per l’Università popolare Antonio Gramsci su argomenti analoghi.

1. Gli Stati Uniti da Kennedy a Nixon

Scaduto il mandato di Eisenhower nel 1960, i democratici candidano un giovane di origine irlandese John Fitzgerald Kennedy, che si presenta come un politico dinamico, in grado di rinsaldare la supremazia statunitense sulla base dei valori americani. Parla di una nuova frontiera, politica, scientifica e sociale che gli americani devono conquistare. Pur vincendo con un esiguo margine di voti contro Nixon, suscita enormi e indeterminate speranze in patria e nel mondo occidentale.

Dall’alleanza per il progresso alla Baia dei porci

Appena eletto, Kennedy lancia un piano chiamato “Alleanza per il progresso”, che avrebbe dovuto finanziare lo sviluppo latinoamericano, ma ha mediocri risultati, anche perché la principale fonte dell’arretratezza sudamericana era da ricercare proprio nella politica Usa. Comunque il successo d’immagine è utilizzato da Kennedy per cercare di soffocare con le armi degli esuli cubani nel 1961 la Rivoluzione e ripagare l’appoggio della mafia alla sua campagna elettorale. Le truppe sbarcano alla Baia dei porci, ma sono subito sbaragliate dalla milizia rivoluzionaria. Visto tale fallimento, Kennedy inaugura la politica di isolamento di Cuba, considerando al solito la rivoluzione come un pericoloso virus.

Il muro di Berlino

Nell’agosto del 1961, visto che gli occidentali non hanno accettato l’unificazione e neutralizzazione della Germania, ma hanno scatenato la guerra fredda, i paesi socialisti non potendo tollerare una testa di ponte nemica in mezzo al territorio della Repubblica democratica tedesca, isolano Berlino ovest dal resto della città con un muro.

La crisi dei missili a Cuba

Nel frattempo i falchi statunitensi spingono per invadere Cuba, al che i cubani sono costretti a entrare nel blocco sovietico, in cambio Kruscev afferma che avrebbe difeso l’isola militarmente. Inoltre, come ritorsione verso gli Usa che avevano circondato di missili nucleari l’Unione sovietica, Kruscev pensa di instaurare basi missilistiche a Cuba, anche come deterrente per un’invasione statunitense. Kennedy ordina il blocco navale dell’isola. Si arriva a un passo dalla guerra, che è evitata dall’offerta di Kruscev di non installare i missili in cambio dell’impegno di Kennedy – non reso noto alla stampa – a non invadere l’isola.

La guerra del Vietnam

Kennedy passa, dunque, all’intervento diretto dell’esercito statunitense in Vietnam, inviando ben 30.000 uomini, in aggiunta ai mezzi e tecnici inviati al governo dittatoriale del Sud che si batte contro i partigiani che intendono riunificare il paese, liberarlo dallo straniero e trasformarlo in senso socialista.

L’assassinio di Kennedy

Anche in politica interna le promesse riforme sociali rimangono inattuate per l’opposizione dei repubblicani. Al che Kennedy si impegna per superare lo stadio di semiapartheid vigente nel sud degli Stati Uniti verso gli afroamericani. Ciò favorisce il clima di odio delle destre, che lo hanno sempre accusato immotivatamente di essere un socialista, che porta all’attentato mortale di Dallas del 1963, i cui mandanti non vengono mai ricercati, né si fa una seria inchiesta sulle connivenze nell’assassinio che ha avuto complici ad altissimi livelli dello Stato statunitense. 

Lyndon Johnson e le Black Panther

Gli succede Lyndon Johnson, che si presenta con un programma di ampio riformismo roosveltiano, per il progresso socio-economico, la lotta al pauperismo, l’integrazione razziale. Così nel 1964 è realizzata una legge contro la povertà e si pone fine alla discriminazione politica e giuridica verso i neri. A ciò reagisce violentemente sia la destra del sud, sia l’ala sinistra dei neri cui non basta l’eguaglianza formale, ma che si batte per l’eguaglianza reale fino ad abbracciare posizioni socialiste. Si arriva a un conflitto armato estremamente violento.

Il movimento contro la guerra nel Vietnam

Nel frattempo, vista la totale incapacità del regime del Sud del Vietnam di resistere alle forze che si battono per l’unificazione con il Nord socialista, Johnson invia ben 500.000 militari. Ciò non basta a reprimere il Fronte nazionale di liberazione (Vietcong) appoggiato dai nordvietnamiti e, soprattutto, dai contadini oltre che da una parte significativa dei lavoratori delle città. Non riuscendo a vincere i partigiani, gli Stati Uniti nel 1965 iniziano a bombardare il Vietnam del Nord senza dichiarazione di guerra. Nonostante gli Stati Uniti ricorrano a tutte le armi di sterminio, esclusa l’atomica, non riescono a piegare la resistenza vietnamita. Nel frattempo non solo in tutto il mondo vi sono manifestazioni contro l’imperialismo statunitense, ma anche negli Usa si svolgono grandi manifestazioni di afroamericani, studenti e reduci, mentre l’opinione pubblica si spacca. Nel 1968 Johnson getta la spugna, cessa i bombardamenti e non si ricandida alle presidenziali.

La presidenza Nixon

È eletto presidente l’esponente della destra repubblicana Nixon, che si trova a fronteggiare oltre a una difficile situazione internazionale e alle contestazioni interne, anche una crisi di sovrapproduzione solo rinviata dalla guerra, che peraltro aveva fatto crescere di molto l’indebitamento del paese, cui gli Usa rispondono facendo crescere l’inflazione. 

2. L’America latina

Il neocolonialismo statunitense

Nonostante la potenziale ricchezza l’America latina era in generale sottosviluppata, in quanto l’impetuoso incremento demografico si accompagna a sistemi economici non in grado di favorire il progresso sociale. Il dominio del capitale straniero, spesso speculativo e statunitense, e la mancanza di una pianificazione economica impedisce un organico sviluppo industriale. I grandi latifondi e i piccoli appezzamenti dei contadini non permettono un’economia avanzata e la crescita demografica crea un enorme sottoproletariato urbano. L’enorme polarizzazione sociale, fra una ristretta oligarchia e masse enormi di diseredati porta l’America latina a un costante scontro tra forze reazionarie e forze rivoluzionarie, in cui intervengono costantemente gli Stati Uniti a sostegno dei propri capitali, spesso speculativi, ivi investiti e per ragioni economiche e politiche sempre contro le forze rivoluzionarie e radicali.

La Conferenza Tricontinentale

Di contro a tale politica, a Cuba nel 1966 si riuniscono gli antimperialisti di Africa, Asia e Latinoamerica nella Conferenza Tricontinentale, che lancia la lotta guerrigliera che si diffonde in particolare in America Latina, il cui più noto esponente è Ernesto Che Guevara. Tuttavia il tentativo di quest’ultimo di sostenere e guidare un movimento guerrigliero in Bolivia nel 1967 fallisce, anche perché non riesce a portare dalla sua parte il Partito comunista boliviano legato alla politica di distensione dell’Unione Sovietica, mentre gli Stati Uniti appoggiano i militari boliviani.

3. L’Europa occidentale negli anni Sessanta

A cercare di dare una dimensione politica all’unione solo economica degli Stati europei è De Gaulle, che punta a una Confederazione di Stati autonoma dagli Usa. A tale prospettiva si oppongono la Gran Bretagna, la Germania Federale e l’Italia che sono filostatunitensi. Da parte sua De Gaulle nega alla Gran Bretagna di entrare nel Mec, perché troppo subalterna agli Stati Uniti. Per superare le difficoltà dell’integrazione agricola, si è proceduto sulla strada della concentrazione finanziaria, della razionalizzazione tecnica, della divisione internazionale della produzione, che hanno prodotto una drastica diminuzione dell’occupazione.

Il fallimentare governo laburista di Wilson

Harold Wilson, capo del governo laburista inglese dal 1964, sconta la risicata maggioranza del suo governo e la crisi economica che si annuncia per il deficit di bilancio prodotto dalle destre. A tale situazione fa fronte con una politica liberista di austerità e sacrifici per i lavoratori, che non porta il paese fuori dalla crisi. 

La guerra civile nell’Irlanda del Nord

Alla fine degli anni Sessanta i cattolici nordirlandesi insorgono dopo secoli di discriminazioni politiche e sociali contro i protestanti discendenti dei coloni inglesi, sino ad arrivare nel 1969 a una guerra civile, dopo l’intervento militare inglese.

Il gollismo in Francia

In Francia gli anni Sessanta sono dominati politicamente dal gollismo. Giunto al potere nel 1958 dinanzi al minacciato colpo di Stato dall’Algeria, De Gaulle ha, con un colpo di Stato istituzionalizzato, depotenziato il potere delle camere, concentrando nelle sue mani un grandissimo potere, tanto da designare il primo ministro, da poter sciogliere il parlamento, da poter ricorrere al plebiscito aggirando il parlamento, sino a poter assumere un potere dittatoriale in momenti di crisi. De Gaulle ha instaurato una repubblica presidenziale sul modello bonapartista, che lo porta a rilanciare nella politica estera il ruolo internazionale della Francia, cercando di svincolarsi dagli alleati Usa. In campo economico porta avanti una politica liberista di austerità, ponendo sotto attacco i diritti dei lavoratori. Dal 1962 fa primo ministro il suo fedele luogotenente Pompidou, molto legato agli ambienti economici e finanziari, proveniente dalle grandi banche, con posizioni tecnocratiche.

Cresce l’opposizione al governo De Gaulle

La deriva sempre più bonapartista-plebiscitaria di De Gaulle porta le opposizioni a riunirsi in vista delle presidenziali del 1965, superando la tradizionale divisione fra socialisti e comunisti presentando un candidato comune: Mitterand. De Gaulle si impone di stretta misura, ma ciò pone un argine al suo bonapartismo. Dinanzi alle crescenti lotte operaie, di fronte alla politica di sacrifici impostagli dal governo, De Gaulle pensa di uscirne in senso corporativo proponendo la partecipazione operaia agli utili delle grandi imprese. De Gaulle pensa di coniugare il dirigismo tecnocratico con il populismo corporativo, ma si trova di fronte un ampio malcontento che dal proletariato si estende a insegnanti, intellettuali e studenti. Su questi ceti generalmente piccolo-borghesi, sempre più ostili al governo dell’alta borghesia di De Gaulle e diffidenti rispetto alle organizzazioni tradizionale del proletariato, esercitano una certa influenza il trotskismo e il maoismo.

Il maggio 1968

Tali forze insorgono nel maggio 1968 partendo dall’università di Parigi e dal quartiere latino con un movimento di massa gigantesco in quanto si uniscono agli studenti anche gli operai, sino ad arrivare alla proclamazione dello sciopero generale e all’estensione del movimento in tutto il paese. De Gaulle reagisce concedendo ai sindacati ampi aumenti salariali per far sì che essi, staccando gli operai dagli studenti, impediscano uno sviluppo in senso rivoluzionario. Poi prepara per ogni evenienza l’intervento militare, ma prima tenta la mossa politica di sciogliere il parlamento e di indire nuove elezioni che, dinanzi ai rischi di guerra civile, consegnano al gollismo un’ampia maggioranza. Nel 1969 De Gaulle, nonostante le ampie opposizioni, pensa di modificare nuovamente per via plebiscitaria la struttura dello Stato. Sconfitto, si ritira a vita privata. La sua politica è portata avanti da Pompidou.

Il governo di grande coalizione in Germania

In Germania la Democrazia Cristiana perde nel 1961 la maggioranza assoluta. A Adenauer succede il più debole governo di Erhard con una coalizione Cdu, Csu e liberali, che si trova di fronte, a causa dell’attenuazione della guerra fredda, della fine del boom economico, una risorgente opposizione di sinistra. Rotta la maggioranza con i liberali, i democristiani per mantenere il governo con Kiesinger fanno una grande coalizione con i socialdemocratici con ministro degli esteri Willy Brandt della Spd

La Ost-Politik

Anche in Germania vi è nel 1968 un forte movimento giovanile di sinistra più o meno radicale, che non sa però conquistare il sostegno della classe operaia. Le tensioni si attenuano nel 1969 a causa di una ripresa economica e di un governo Spd-Fdp. Il cancelliere Brandt avvia una Ost-Politik volta a superare il revancismo e il maccartismo dei precedenti governi democristiani. 

Il governo dei colonnelli in Grecia

La Grecia dopo la vittoria della destra, sostenuta dagli angloamericani, nella guerra civile, è entrata nel 1951 nella Nato e nel 1961 nel Mec. Dopo una serie di governi di destra, va al governo il centro guidato da Papandreu che entra in conflitto con il re per il controllo delle forze armate. Papandreu intende porle sotto il controllo del parlamento e non lasciarle quale strumento del potere reazionario della corte. Nel 1965 il re licenzia Papandreu che, con l’appoggio della sinistra, costruisce un movimento di opposizione di massa. Per impedire la vittoria elettorale delle opposizioni, che può spostare il paese su posizioni neutrali, gli Usa coprono un colpo di Stato di alcuni colonnelli di estrema destra greci, che instaurano un regime fascista, sciogliendo i partiti, arrestando, torturando e chiudendo gli avversari politici in campi di prigionia, sopprimendo le libertà politiche.

30/07/2021 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Renato Caputo
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