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Recensioni di classe 7

Recensioni dei film e serie: One night in Miami; 1938 – Diversi; SanPa – Luci e tenebre di San Patrignano; Fellini degli spiriti 2020.


Recensioni di classe 7

One Night in Miami di Regina King, drammatico, biografico, Usa 2020, voto: 7,5; gran bel film sulla lotta per l’emancipazione degli afroamericani. Particolarmente di rilievo è la figura di Malcolm X finalmente presentato in tutta la sua profonda umanità e non come lo ha costantemente dipinto l’ideologia dominante, ovvero come un violento. Come emerge chiaramente nel film è proprio il leader progressista afroamericano a essere oggetto di violenza, sino all’assassinio, il che non può che legittimare il suo tentativo di proteggere sé e la propria famiglia. Importante anche la sottolineatura dell’importanza degli afroamericani che hanno avuto successo nello sport o nella musica, in quanto si possono divenire megafono della lotta per l’emancipazione dei loro fratelli. Significativa, inoltre, la denuncia dello spaventoso razzismo imperante nella società statunitense. Il limite principale del film è che rimane un po’ troppo condizionato dall’opera teatrale da cui è tratto.

1938 – Diversi di Giorgio Treves, documentario, Italia 2018, voto: 7,5; documentario molto efficace di denuncia del fascismo, del razzismo e, in particolare, delle leggi razziali. Finalmente un documentario non revisionista e rovescista che denuncia in modo adeguato tutta la barbarie del razzismo fascista. Il documentario ha il merito di denunciare il profondo razzismo di Indro Montanelli e il fatto che le leggi razziali non furono affatto un pegno da pagare per l’alleanza con Hitler. Unico neo l’insistere sul fatto che l’emancipazione degli ebrei nel 1848 fosse merito dei Savoia e il goffo tentativo di salvare la chiesa cattolica dalle proprie responsabilità.

SanPaLuci e tenebre di San Patrignano, serie televisiva documentaristica realizzata da Netflix, voto: 7,5; il documentario cerca di essere, a ragione, equilibrato e dialettico e, cosa importante, si sforza di inserire la questione di San Patrignano in un quadro più vasto. Emerge così che con la crisi dei movimenti e l’inizio del riflusso spariscono improvvisamente le sgangherate macchine degli hippy che spacciavano marijuana dall’Olanda, sostituiti di strani personaggi con l’alfetta e i capelli corti che, con la scusa di offrire l’erba scomparsa dal mercato cominciano a regalare anche l’eroina. Quest’ultima presto si diffonde, potenziata dall’industria culturale che esalta i divi del rock che ne fanno uso e dallo Stato che non fa assolutamente nulla per arrestarla, né si preoccupa di curarne le vittime. Queste ultimi finiscono per gravare completamente sulle famiglie e la società che, esasperate, finiscono con l’accettare la loro reclusione gratuita nella comunità di San Patrignano. Qui un carismatico santone sfrutta il lavoro gratuito dei reclusi, criticando aspramente i mezzi di cura scientifici, messi a disposizione dalle strutture pubbliche, carenti e spesso poco interessate a intervenire

Il documentario riesce a non essere noioso, cosa decisamente complicata nella serie. D’altra parte rischia di essere un po’ troppo schiacciato sull’opinione pubblica che tendeva a esaltare il privato che si sostituisce allo Stato, usando metodi autoritari, paternalistici e pretendo di essere al di sopra della legge. In effetti fra gli intervistati abbiamo molti personaggi del clan di Muccioli o sui congiunti o giornalisti apologeti, con la parziale eccezione del cronista dell’Unità del tempo e del sindaco del Pci del piccolo comune in cui era la comunità. In effetti, spaventa vedere un’opinione pubblica già negli anni ottanta con molti dei pregiudizi degli attuali elettori di Trump. Come colpisce osservare come già allora i grandi mezzi di comunicazione erano schierati unilateralmente sulle posizioni della destra populista. Colpisce, inoltre, come un personaggio senza nessuna qualifica professionale e con un passato da truffatore da quattro soldi, sia potuto divenire un personaggio centrale a livello nazionale, a ulteriore dimostrazione di quanto possano essere stati terribili gli anni ottanta. Infine, non può che stupire quanto bisogno di socialità ci sia in una società individualista, egoista e asociale come la società liberale, tanto da rilanciare forme decisamente premoderne e reazionarie di comunitarismo.

Fortunatamente con il terzo episodio, dopo aver descritto l’ascesa di Muccioli fino a divenire l’italiano più stimato dall’opinione pubblica, comincia a poco a poco a emergere il lato oscuro di San Patrignano che, sino a quel momento, poteva intuire solo lo spettatore già provvisto di un giudizio critico autonomo in materia. Fino a metà del terzo episodio il documentario ha un andamento piuttosto naturalistico, che non lascia emergere le contraddizioni e che può essere utile solo per chi ha già una salda convinzione critica in materia, mentre per il pubblico medio finisce per riproporre grosso modo la visione in fin dei conti apologetica costruita dall’industria dello spettacolo. Significativa la svolta, anche perché gli aspetti estremamente negativi del personaggio e del sistema di oppressione che aveva costruito emerge proprio quando l’enorme successo gli dà alla testa e lo porta a comportamenti sempre più deprecabili da superuomo. Veniamo così a sapere che vi è un uso sistematico della violenza, della rigida separazione dei sessi, del controllo, della delazione e della umiliazione di qualsiasi voce critica. Peraltro vi è sistema di censura e di coercizione spaventoso coperto dalla società capitalista che vuole rinchiudere in questo vero e proprio lager i tossicodipendenti per non averli più sotto gli occhi. Peraltro i malcapitati sono sempre più sfruttati, sulla base del principio, scritto non a caso all’entrata dei campi di concentramento, che il lavoro rende liberi

Più il documentario va avanti e più vi è uno sviluppo dialettico, in quanto Muccioli più acquista potere e più tende a gestire la comunità come un sostanziale campo di concentramento. Così, per quanto fosse popolarissimo, con enormi agganci politici, istituzionali e con la vergognosa copertura massmediatica delle sue malefatte, queste ultime finiscono per superare il limite di decenza, costringendo la magistratura a intervenire. Così, a poco a poco, anche gli ex tossici del cerchio magico di Muccioli cominciano a non coprirne più sistematicamente le malefatte, cominciano ad apparire i distinguo e, anzi, qualcuno finisce con il rifarsi sul padre padrone per le ingiustizie subite vuotando il sacco. Al solito gli unici che nel modo più svergognato continuano a difenderlo a spada tratta sono gli imprenditori, che da sempre lo hanno sostenuto e un certo numero di fedelissimi giornalisti. Mentre finalmente i giovani reclusi sfruttano la prima occasione valida per abbandonare la comunità invece di ammassarsi ai suoi cancelli con la preghiera di essere accolti. Particolarmente spaventosa è la gestione dell’Aids. Tutti i membri della comunità vengono sottoposti a controlli senza essere avvisati di cosa si trattasse e Muccioli, dopo essersi reso conto che due terzi degli internati nella comunità erano sieropositivi, non solo nasconde l’allarmante dato, ma impiega anni prima di rivelare, nel modo più cinico, la tragica verità ai diretti interessati, senza curarsi di quanto possano aver, in modo del tutto inconsapevole, nel frattempo diffuso il virus. Senza contare che Muccioli sfrutta la sua comunità per testare anche i più ciarlatani esperimenti per guarire i malati di Aids. Resta infine particolarmente misterioso come possa essersi diffuso in un modo così ampio l’Aids in una comunità dove era proibito qualsiasi contatto fra i due sessi e si usavano i metodi più coercitivi per impedire ai giovani reclusi di uscire e fare ancora uso di sostanze stupefacenti a rischio. Peraltro si accenna appena a delitti a sfondo sessuale, senza mai affrontare direttamente tale tematica. Infine, emerge che proprio Muccioli è stato il principale artefice della legge che criminalizzava chi faceva uso di sostanze stupefacenti, anche leggere come la cannabis, con il risultato di riempire le carceri di tossici, ai quali era data la possibilità di scontare la pena in comunità come quella di San Patrignano, dove sostanzialmente tutto era permesso, come in un mini stato totalitario, in quanto lo stesso Stato si lavava le mani del problema e lo occultava, scaricandone i costi, che naturalmente ricadevano sullo sfruttamento dei reclusi in comunità. Mentre i finanziamenti a Muccioli raggiungevano cifre strepitose, che il losco figuro utilizzava per comprare i più cari cavalli o cani d’Europa, naturalmente evadendo le tasse e esportando all’estero, senza dichiararlo, ingenti quantità di denaro

Nell’ultimo episodio emerge come la gestione di Muccioli è divenuta talmente insopportabile che non solo molti reclusi si convincono a denunciare le sevizie subite, ma diversi esponenti del suo stesso cerchio magico lo accusano. Tuttavia è tale la capacità di mobilitazione popolare del populismo di destra, fomentata dai mezzi di comunicazione di massa, che alla fine i giudici si vedono costretti a far cadere l’accusa di omicidio e a lasciare in piedi soltanto quella di aver concorso all’occultamento del tragico evento, per cui Muccioli è condannato a una pena detentiva ridotta, che non sconta in carcere, ma agli arresti domiciliari. Stessa sorte tocca al macellaio della squadra punitiva che, sebbene venga riconosciuto colpevole di omicidio, ha la possibilità di scontare la pena ai domiciliari. A questo punto la stessa condanna di Muccioli è occultata dai mezzi di comunicazione di massa che insistono quasi esclusivamente sulla assoluzione dall’accusa di omicidio. Tanto più che, nel frattempo, con il primo governo Berlusconi, Moratti diviene presidente della Rai. In tal modo, senza nemmeno bisogno di pressioni dirette, la maggioranza dei giornalisti si adeguano al nuovo clima, continuando a realizzare servizi tesi all’apologia di San Patrignano. Così, sebbene quasi certamente Muccioli si ammali di Aids, anche a causa della sua probabile omosessualità nascosta, tutto ciò viene completamente occultato, per non insabbiare la figura divenuta vessillo delle legge e dell’ordine. Muccioli sparisce dalla scena, senza giustificare la sua assenza nemmeno al cerchio magico. Così anche i suoi più stretti collaboratori sono convocati solo dopo la sua morte e si impedisce durante la cerimonia ogni foto o ripresa della salma. Riemergono così i sospetti che ci sia qualche cosa che non torni nel numero enormemente elevato di reclusi nella comunità colpiti dall’Aids, tanto è vero che tale scoperta è stata per anni occultata anche ai più diretti interessati. D’altra parte è talmente potente l’eroe di carta costruito dall’ideologia dominante che gli stessi autori del documentario sono decisamente portati ad autocensurarsi, tanto che l’impressione che si ha alla fine è che sia stato appena sollevato il coperchio che cela le nefandezze della comunità, da cui esce un odore talmente nauseante, da richiuderlo prudentemente, evitando di scoperchiarlo.

Fellini degli spiriti 2020 di Selma Dell'Olio, documentario, Italia 2020, voto 1; documentario indecente, senza capo né coda, che cerca di portare avanti interpretazioni ultra forzate e irrazionalistiche del regista senza nessuna base reale, anzi che sono smentite dalle testimonianze dello stesso Fellini. Di quest’ultimo si tendono a portare fino alle più estreme conseguenze gli aspetti più irrazionalisti e reazionari. Peraltro ci si concentra in modo del tutto assurdo sul Fellini uomo e non sulla sua certo discutibile, ma indubbiamente molto significativa opera cinematografica. Come se potesse essere oggetto di un interesse universale Fellini come individuo singolo e non le significative opere d’arte che ha prodotto.

26/03/2021 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Renato Caputo
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