Stampa questa pagina

Film passabili del 2019

I film senza infamia e senza lode del 2019, al limite piacevoli o interessanti, ma non certo belli. I link rinviano alle pellicole già recensite in questo giornale


Film passabili del 2019 Credits: https://quinlan.it/2019/02/13/alita-angelo-della-battaglia/

Il corriere - The Mule di Clint Eastwood, Usa 2018, voto 6+; il fascistoide regista statunitense conferma indubbie capacità nella realizzazione dei film, anche in età molto avanzata. Rispetto agli ultimi film, generalmente piuttosto scadenti, Il corriere è decisamente un buon prodotto dal punto di vista formale, ma pessimo dal punto di vista del contenuto. Abbiamo al solito l’apologia dell’individualismo che, andando contro qualunque legge giuridica, etica e morale, si fa giustizia da sé per scopi meramente particolaristici, come il sostegno economico alla propria famiglia.

Alita - angelo della battaglia di Robert Rodriguez, USA e Canada 2019, voto: 6+; per quanto sia un prodotto dell’industria culturale è non solo ben confezionato, ma lascia anche da pensare allo spettatore, per quanto l’ormai scontato spirito distopico nei confronti del futuro sia alquanto deprimente. Indizio che gli intellettuali tradizionali e gli intellettuali organici alla classe dominante vogliono dar a intendere che non esista l’alternativa fra socialismo o crisi complessiva della civiltà umana. Non avendo la spudoratezza di difendere apertamente l’attuale modo di produzione, in una crisi sempre più nera, colpendo lo spirito d’utopia e il principio speranza realizzano, in modo più o meno consapevole, un’apologia indiretta dell’esistente, ovvero del capitalismo, visto che al di là di esso è possibile unicamente uno scenario ancora più terrificante.

I due papi di Fernando Meirelles, Usa 2019, voto: 6+; il film è un’apologia indiretta dell’istituzione assolutistica del papato e della rigida, maschilista e fondamentalista gerarchia cattolica. Il film cerca di dare un’immagine idilliaca, armoniosa e unitaria dei vertici del Vaticano, cercando di occultare le profonde contraddizioni dovuta alla lotta per il potere. Si arriva all’assurdo che Ratzinger, facendo autocritica, avrebbe scelto direttamente il proprio successore in Bergoglio, bypassando persino il concilio. D’altra parte si esalta acriticamente il populismo e la demagogia del nuovo papa e, occultando la secolare strategia di potere dei gesuiti, si mostra una profonda conversione di Bergoglio. Quest’ultimo sarebbe passato dalle più che ambigue posizioni prese nei riguardi delle violentissima dittatura di estrema destra in Argentina, al papa che riporterebbe la chiesa fra i poveri. Il film è certamente sapientemente architettato e molto abile nel far passare le proprie tesi, decisamente reazionarie, come progressiste. Infine è significativo in quanto fa, in qualche modo, emergere che Bergoglio ha represso la teologia della liberazione, ha sostanzialmente sostenuto la dittatura militare e fascista, ha nei fatti lasciato trucidare i suoi confratelli più impegnati nelle favelas, tanto da essere allontanato e degradato dallo stesso ordine dei gesuiti dopo la sua caduta. Altro merito è di far emergere i terribili scandali – anche legati alla “copertura” di preti pedofili – e le continue indagini che hanno, di fatto, costretto Ratzinger alle dimissioni.

Captive State di Rupert Wyatt, Usa 2019, voto: 6+; prodotto intelligente dell’industria culturale che, sebbene ambientato in un futuro al solito distopico, mette in evidenza la necessità della resistenza – con ogni mezzo necessario – all’ordine (dittatoriale) costituito.

American Animals di Bart Layton, USA 2018, voto: 6; prodotto intelligente dell’industria culturale che mostra come giovani istruiti della classe media statunitense abbiano come unico ideale l’arricchirsi, costi quel che costi. Il limite del film è nella sua ricostruzione quasi filologica di un fatto di cronaca, per altro attraverso le testimonianze degli autori (senza, quindi, effetto di straniamento) che non sono certo i migliori giudici delle proprie delittuose azioni.

Il Metodo Kominsky, serie, prima stagione in otto episodi, di Chuck Lorre, Andy Tennant, Beth McCarthy-Miller e Donald Petrie Usa 2018, voto 6; meritoriamente premiata come miglior serie televisiva brillante ai Golden globes 2019, è un prodotto certamente godibile, senza infamia né lode, con dialoghi raffinati, che in un’epoca ultra reazionaria come la nostra gli consente di raggiungere la piena sufficienza.

Jules e Jim di François Truffaut, Francia 1962, voto: 6; uno dei film più sopravvalutati (e sostanzialmente inutili) della storia del cinema.

Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders, Germania 1987, voto: 6; film decisamente postmoderno e tutto incentrato su questioni sentimentali individualistiche, che bypassano ogni problematica di tipo sociale e politica. Resta la trovata del flusso di coscienza e alcune immagini suggestive di Berlino prima del crollo del muro.

Blinded by the light - Travolto dalla musica di Gurinder Chadha, Gran Bretagna 2019 ; voto: 6; versione progressista di Bangla, dove l’amore interrazziale e interculturale è ben contestualizzato dal punto di vista politico e sociale. Il film mette coraggiosamente in luce anche il necessario conflitto con il fascismo e il razzismo. Infine la buona trovata di legare la storia del protagonista al ritrovarsi nella musica di Bruce Springsteen è una buona trovata che, però, a forza di essere ripetuta finisce con il divenire stucchevole.

Peterloo di Mike Leigh, Gran Bretagna 2018, voto: 6; un film interessante, passato inosservato per il suo contenuto di denuncia storica del massacro di una pacifica manifestazione di lavoratori, nella liberale Inghilterra. Il principale limite del film è il taglio più naturalistico che realistico con cui rappresenta questi tragici eventi e l’attitudine paternalistica verso il movimento dei lavoratori, i cui esponenti popolari sono sempre sottoposti alla sterile ironia di un regista, che non ha nessun legame sentimentale con il proprio popolo.

La douleur di Emmanuel Finkiel, Francia, Belgio e Svizzera 2017, voto: 6; film esistenzialista ben confezionato che tocca, per quanto in modo ambiguo, la questione sostanziale della resistenza all’occupazione nazista e al collaborazionismo fascista francese. Emergono, come di consueto, i limiti dell’esistenzialismo in cui le tematiche individuali e individualiste hanno sempre la meglio sulle questioni universali. Perciò la cosa stessa è destinata a rimanere in secondo piano, sfocata, dallo sguardo soggettivista della protagonista, senza nessun salutare effetto di straniamento.

Ritratto della giovane in fiamme di Céline Sciamma, Francia 2019, voto: 6; presentato come uno dei capolavori della stagione il film è estremamente deludente e noioso. L’unico aspetto significativo è la ferma denuncia della schiavitù domestica della donna.

Saremo giovani e bellissimi di Letizia Lamartire, Italia 2018, voto: 6; al suo esordio la regista evita i principali limiti del cinema italiano, ossia il postmodernismo e il gusto di rimestare nel torbido – scadendo così nel grottesco – e realizza un film sufficientemente interessante e avvincente sul complesso passaggio dalla sfera etica della famiglia a quello della società civile. Peccato che manchi qualsiasi riferimento al mondo storico e politico.

The Farewell - Una bugia buona di Lulu Wang Usa, Cina 2019, voto: 6; film assurdamente sopravvalutato; è decisamente noioso, essendo tutto incentrato su una vicenda personale della regista. L’interesse del film è nell’evidenziare un cambiamento decisamente significativo, ovvero che i cinesi possono andare tranquillamente a lavorare e studiare all’estero, anche negli Usa, senza nessun problema. Se ne deduce che non c’è affatto la volontà nel popolo cinese di abbandonare il proprio paese. Anzi, come si vede nel film, anche all’estero i cinesi mantengono delle profonde connessioni sentimentali con il loro paese. È interessante come pure crescendo negli Stati Uniti non sembrano condividere in nessun modo l’ideologia, residuo della Guerra fredda, che continua a dipingere la Cina come un regime totalitario dove non sono rispettati i diritti umani. Infine colpisce come non si vedano nel film né la regista - nata in Cina e poi cresciuta negli Stati Uniti - colga le reali differenze fra un paese ultra-capitalista e un paese che dovrebbe essere socialista come la Cina. Per altro nessun personaggio del film si pone minimamente questa problematica. Tutto ciò non lascia certo ben sperare sulle possibilità che il processo di transizione in Cina vada nella direzione del socialismo, piuttosto che nella direzione di una progressiva uniformazione ai paesi capitalisti.

Pavarotti di Ron Howard, documentario USA, Gran Bretagna 2019, voto: 6; dal punto di vista formale il documentario è ineccepibile, mentre certamente discutibile è l’oggetto scelto, ossia un grande cantante lirico, ma un uomo mediocre. Il documentario, essendo in buona parte dedicato a quest’ultimo, resta poco interessante e lascia quasi nulla su cui riflettere allo spettatore.

Storia di Nilde, di Emanuele Imbucci, docu-fiction biografico per la tv, Italia 2019, voto: 6-; certamente il film è molto discutibile sia dal punto di vista del contenuto, che della forma. D’altra parte, considerati gli attuali rapporti di forza e il penoso servizio pubblico televisivo nazionale, non è da sottovalutare l’importanza della diffusione di questo film su una dirigente di rilievo del Partito comunista italiano – anche se finita su posizioni revisioniste – in prima serata tv su Rai 1. Non a caso ha suscitato delle scomposte e controproducenti reazioni della destra, che hanno rafforzato il necessario rilievo di una donna che, oltre a essere parte attiva nella resistenza, si è coraggiosamente battuta per l’emancipazione delle donne ed è stata la prima Presidente della camera di sesso femminile, senza per questo dover assumere i peggiori attributi dei suoi predecessori di sesso maschile.

Boy erased vite cancellate di Joel Edgerton, USA 2018, voto: 6-; film naturalistico-biografico piuttosto noioso, ma importante come denuncia della presenza nella maggioranza degli Stati degli Usa di centri fondamentalisti religiosi per la “rieducazione” di qualsiasi forma di sessualità non conforme al modello dominante WASP.

Il testimone invisibile di Stefano Mordini, Italia 2018, voto: 6-, interessante thriller con qualche risvolto significativo, peccato si tratti di un remake del noir spagnolo Contratiempo uscito appena due anni prima, al quale non aggiunge nulla di sostanziale.

Gli incredibili 2 di Brad Bird, Usa Animazione 2018, voto: 6-; la Pixar si conferma settore di punta dell’industria culturale imperialista, efficacissima nella sua capacità di indottrinare, divertendo, le più giovani generazioni.

Rocketman di Dexter Fletcher, Usa 2019, voto: 6-; prodotto abbastanza realistico dell’industria culturale sulle tragiche vicende della vita di una star della musica pop.

La Favorita di Yorgos Lanthimos, Grecia 2018, voto: 6-; film monocorde, tutto incentrato sul tema del cinismo e sulla concezione positivista che riduce l’uomo a un animale. Ha il pregio di mostrare il reale grottesco volto della monarchia liberale britannica.

Easy Rider, di Dennis Hopper, USA 1969, voto: 6-; tipica espressione della cultura della sinistra imperialista, divenuta egemone in molti dei paesi a capitalismo avanzato, in particolare nella “sinistra” borghese. Nel film si esalta come strumento di libertà la partecipazione al traffico di stupefacenti dall’America latina agli Usa, che tante tragedie ha causato all’intero continente. La droga, strumento degli apparati repressivi dei paesi imperialisti, diviene strumento sommo di liberazione, non a caso posta in relazione, in un interessante montaggio, con la religione. Resta la denuncia del fascismo profondo degli Usa, in particolare nel sud ex schiavista.

Dumbo di Tim Burton, Usa 2019, voto: 6-; il confronto fra il gusto gotico di Burton e lo stile edulcorante della Disney vede prevalere quest’ultima e il film risulta alquanto deludente.

Tutte le mie notti di Manfredi Lucibello, Italia 2018, voto: 6-; pur con poche risorse, il regista realizza un film a tratti abbastanza avvincente e intrigante che tocca anche un tema sostanziale, ovvero lo sfruttamento sino alla morte della prostituzione minorile da parte di alti esponenti del mondo imprenditoriale. L’incapacità di sviluppare adeguatamente il contenuto potenzialmente sostanziale, rendendo tipico il caso rappresentato, e la povertà dei mezzi a disposizione – dal momento che Lucibello non riesce a fare coma Bangla di necessità virtù – finisce per appesantire il film e renderlo noioso, nell’ultima parte.

Love Death and Robots 1x03 La Testimone di Alberto Mielgo, serie animata antologica per adulti, creata da Tim Mille, disponibile su Netflix, Usa 2019, voto: 6-; prodotto culinario, ma di discrete livello, sembra una versione attualizzata di “Alfred Hitchcock presenta”. Interessante per gli spunti anti-giustizialisti e anti-empiristi, insistendo sulla necessità di non fermarsi alle apparenze, riflettere prima di agire, ascoltare e mettersi nei panni dell’altro. I limiti dell’episodio e, più in generale della serie, dipendono dalla scelta stilistica conformista e prona al postmoderno irrazionalismo dominante. Inoltre, a incidere negativamente nella valutazione – di quello che resta comunque il meno peggio tra gli episodi che abbiamo trovato la forza di guardare – vi è l’altrettanto scontatissima concezione pessimista del futuro, che rischia di rappresentare – in modo più o meno consapevole – un’apologia indiretta dell’esistente. Infine, altrettanto deprecabile è il ricorso all’artifizio retorico, sin troppo abusato, di una concezione circolare del tempo, di sapore decisamente reazionario.

Escher - Viaggio nell'infinito di Robin Lutz, documentario, Paesi Bassi 2018; voto 6-; documentario godibile e ottimamente confezionato, significativo in particolare il montaggio. La scelta di raccontare la storia utilizzando documenti dell’artista e la testimonianza del figlio, se può apparire valida dal punto di vista formale, è decisamente pessima dal punto di vista del contenuto. Non solo perché nessuno è il miglior giudice di se stesso, ma anche perché gli artisti sono notevoli nel loro ambito, mentre sono spesso profondamente ignoranti e reazionari quando si tratta, ad esempio, di dare giudizio storici e politici. Tanto più che Escher, per quanto decisamente valido, non può essere ritenuto un grande artista, proprio perché le sue opere, quasi sempre, non sono in grado di rappresentare nulla di sostanziale, sembrano completamente estranee al loro mondo storico, sociale, politico ed economico.

Fiore gemello di Laura Luchetti, Italia 2018, voto: 6-; film programmaticamente cosmopolita, pensato per aver successo nei festival internazionali, tanto da essere fra i film italiani selezionati a concorrere quale miglior film europeo. Il film è intellettualistico, elitario, evidenziando la completa incapacità dell’intellettuale, secondo una cattiva tradizione già giustamente stigmatizzata da Gramsci, di stabilire la benché minima connessione sentimentale con il proprio pubblico, come dovrebbe al contrario fare una genuina opera d’arte popolare-nazionale.

Stanlio e Ollio di Jon S. Baird, Usa, Gran Bretagna 2018, voto: 6-; prodotto di discreta qualità dell’industria dell’intrattenimento, ha qualche spunto interessante, sfiora qualche questione sostanziale, che finisce per annacquare nel melodramma e nell’ennesima edulcorata ripresa di Viale del tramonto..

Dragon trainer III il mondo nascosto di Dean DeBlois, animazione, Usa 2019, voto: 6-; il film parte da una buona intuizione anche molto attuale, ma poi si perde dietro utopie piccolo-borghesi da esodo dalla realtà del dominio del modo di produzione capitalista. Significativa resta l’autoironia e il ribaltamento dei pregiudizi dominanti nell’America di Trump.

First Reformed di Paul Schrader, Usa 2017, voto: 5,5; candidato come migliore sceneggiatura originale ai premi Oscar, il film è piuttosto deludente e alquanto ambiguo, dipingendo gli ambientalisti radicali come dei pericolosi terroristi.

Nancy di Christina Choe, Usa 2018; film a tratti intrigante sul possibile reincontro di una figlia rapita trent’anni prima con i suoi presunti genitori. Il film, pur con pochi mezzi, sviluppa una valida indagine dal punto di vista psicologico dei personaggi. D’altra parte, non aprendosi mai a problematiche più ampie, storiche, politiche, economiche e sociali non decolla e finisce con il lasciare con l’amaro in bocca lo spettatore, dimostrandosi irrisolto.

La prima vacanza non si scorda mai di Patrick Cassir, Francia 2019, voto: 5,5; commedia francese molto godibile e anche divertente, arguta nel mettere in discussione alcuni luoghi comuni, ma incapace di toccare tematiche realmente sostanziali.

La profezia dell'armadillo di Emanuele Scaringi, Italia 2018, voto: 5,5; il film riproduce fedelmente l’ideologia dei centri sociali nei suoi aspetti progressivi e nei suoi limiti, dovuti alla mancanza di una visione autonoma del mondo, che li porta – non di rado – a essere egemonizzati dall’ideologia dominante, postmoderna.

Cyrano mon amour di Alexis Michalik, Francia 2018, voto: 5,5; commediola ben confezionata, prodotto culinario gustoso, ma che lascia davvero poco su cui riflettere allo spettatore.

L'amour flou - come separarsi e restare amici di Romane Bohringer e Philippe Rebbot, Francia 2018, voto: 5,5; lo stolto titolo italiano finisce per togliere ulteriore interesse a una buona commedia francese, che indaga in modo piuttosto brillante sui rapporti in seno alla famiglia, senza riuscire ad ambientare questa vicenda particolare in un ambito di maggior respiro.

Il professore cambia scuola di Olivier Ayache-Vidal, Francia 2017, voto: 5,5; ennesimo e ormai del tutto prevedibile film francese su un insegnante improvvisamente proiettato a insegnare in una scuola della più problematica banlieue, con i soliti stereotipi fondamentalmente classisti e razzisti.

Il piccolo yeti di Jill Culton e Todd Wilderman, animazione, Usa e Cina 2019, voto: 5,5; prodotto dell’industria culturale cino-statunitense, buon esempio di merce prodotta dal capitale finanziario transnazionale. Tipico film di evasione per ragazzi con una trama politically correct piuttosto scontata. Il film è un mixage di aspetti presi da diversi pellicole americane, giapponesi e coreane. Il film, apparentemente drammatico, si risolve ben presto in una commedia standard fondamentalmente conservatrice, piena di buoni sentimenti, dove anche il cattivo vecchio capitalista si converte e aiuta i buoni, sebbene esponenti delle classi subalterne.

Mia Martini - Io sono Mia, di Riccardo Donna, Italia 2019, voto: 5,5; film biografico godibile, ben girato e interpretato. Mancando del tutto un contenuto sostanziale, il film finisce presto con l’annoiare.

Una storia senza nome di Roberto Andò, Italia e Francia 2018, voto: 5,5; film italiano decisamente originale, intrigante soprattutto nella prima parte, anche se resta non risolto nel finale e, sostanzialmente, deturpato dall’attrice protagonista, assurdamente candidata ai David di Donatello.

Spider-Man - Un nuovo universo di Bob Persichetti, Peter Ramsey, Rodney Rothman, animazione, Usa 2018, voto: 5,5; pregevole prodotto culinario dell’industria culturale anche se, per distinguersi, finisce con l’inserire sin troppi elementi alternativi, rendendo il film meno godibile e alquanto dispersivo.

Le Mans '66 La grande sfida di James Mangold, Usa 2019, voto: 5,5; tipica americanata, ovvero prodotto commerciale culinario dell’industria culturale, che opera in regime di semi monopolio, degli Stati Uniti, la potenza imperialista più aggressiva e reazionaria. Ritornano in Le Mans ’66, assurdamente candidato agli oscar quale miglior film, tutti i tratti caratteristici del pioniere alla conquista del West: ultra individualismo, sciovinismo, spirito libertario, democratico e al contempo iperliberista. Anche il rapporto con il grande capitale segue questa impronta, ovvero da una parte la critica all’apparato burocratico della grande impresa e la ricerca di un rapporto diretto, da uomo a uomo, con il padrone.

Selfie di famiglia di Lisa Azuelos, Francia 2019, ben confezionata commedia francese principalmente incentrata sul profondo legame affettivo che unisce la madre ai propri figli. Il film resta purtroppo prigioniero della angusta sfera etica naturale della famiglia.

La prima pietra di Rolando Ravello, Italia 2018, voto: 5,5; commedia godibile, satira anche arguta, ma su questioni poco sostanziali, che lascia, dunque, non molto su cui riflettere allo spettatore.

Il nostro papa di Tiziana Lupi e Marco Spagnoli, documentario, Italia, Argentina 2019, voto: 5,5; documentario significativo nella prima parte in cui affronta l’attuale e scottante dramma degli immigrati, ovvero dei deportati della borghesia, prima italiani e poi extracomunitari. Da dimenticare la seconda parte che diviene una piatta apologia dell’attuale papa.

Spie sotto copertura di Nick Bruno e Troy Quane, animazione, Usa 2019, voto: 5,5; come ormai di consueto il film gioca molto, in positivo, sull’autoironia, in negativo, sull’inseguimento dei poteri del tutto inverosimili dei supereroi. In questo prodotto, per altro ben confezionato, dell’industria culturale statunitense è decisamente intollerabile l’apologia degli apparati di sicurezza dello Stato (imperialista) e dell’agente segreto sempre pronto a violare qualsiasi regola pur di imporre con la violenza la vittoria del “bene”.

I migliori anni della nostra vita di Claude Lelouch, Francia 2019, voto: 5,5; commedia che, riprendendo un vecchio film non particolarmente riuscito di Lelouch del 1986, lo ricicla come sfondo per il nuovo incontro dei due amanti divenuti ormai anziani. Idillio d’amore, innaffiato dai ricordi dell’amore giovanile e dal rimpianto per la successiva separazione, il film non decolla e finisce con l’annoiare non avendo niente di sostanziale da esprimere.

01/02/2020 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: https://quinlan.it/2019/02/13/alita-angelo-della-battaglia/

Condividi

Tags:

L'Autore

Renato Caputo
<< Articolo precedente
Articolo successivo >>