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Macelleria Almaviva-GSE

Intervista all’avvocato Pierluigi Panici sulle vicende del reintegro dei 150 lavoratori Almaviva e sugli appalti per il servizio contact center del gruppo Gse.


Macelleria Almaviva-GSE Credits: Foto Rosetta Ferra (presidio ex Almaviva-GSE)

Vi scrivo per chiedervi di gettare un faro sul comportamento a dir poco scorretto tenuto da una delle più grandi aziende italiane a totale partecipazione statale, il GSE, Gestore dei Servizi Energetici, di cui vi siete già occupati in passato. La vicenda riguarda il servizio di contact center, l'unico canale di comunicazione tra GSE - un'azienda che gestisce un fatturato tra i più alti in Italia - e la sua utenza, composta da operatori del settore, aziende, tecnici, piccoli, medi e grandi produttori di energia elettrica. È una vicenda che si intreccia con il tristemente noto sistema degli appalti italiano, delle esternalizzazioni e della corsa al ribasso dei diritti di migliaia di lavoratori e lavoratrici…”.

Ѐ uno stralcio dell’amaro appello di Rosetta Ferra, una lavoratrice vittima di questo corrotto sistema. Uno sfogo a cui si aggiunge quello di Stefania Iaccarino, ex Rsu Almaviva licenziata assieme ad altri 1666 nel ricatto referendario del Dicembre 2016 e reintegrata fra i 150, con la sentenza di Cassazione (giudice Buonassisi). “L’anello che ci accomuna - dice Stefania - è che per loro la sede di Roma è aperta e per noi no, solo Catania e Rende”.Secondo Almaviva contact, nonostante la vittoria in Cassazione con il reintegro in sede, sarà costretta, come gli altri suoi ex colleghi, a trasferirsi a Catania.

Le vertenze sono in atto, seguite dall’avvocato Pierluigi Panici. A lui ci rivolgiamo per chiarimenti sulle vicende che navigano nelle inquinate acque delle esternalizzazioni, degli appalti e della corsa al ribasso sulla pelle di tanti lavoratori e lavoratrici che da queste aziende dipendono e lottano da anni per potere avere riconosciuti, come migliaia di loro colleghi, i diritti del lavoro. Una vicenda fatta di azioni illegali, scorrettezze, discriminazioni, ricatti e ritorsioni a danno dei lavoratori e delle lavoratrici

D: Avvocato Panici, com'è possibile che ci sia stata questa disparità fra le varie sentenze se le vertenze, attivate dai legali degli ex dipendenti Almaviva-Roma, sono praticamente identiche?

R: Gli esiti delle sentenze sono stati diversi perché anzitutto sono diverse le difese: ciascun ricorso si fondava su specifiche deduzioni di fatto e di diritto che hanno influenzato i processi. Comunque si sono creati tre orientamenti dei giudici.

Il primo, che ha rigettato il ricorso dei lavoratori si fonda su una argomentazione giuridica erronea e peraltro in contrasto con l’orientamento della Corte di Cassazione, che ha indicato la corretta interpretazione della legge per la quale i criteri di scelta dei lavoratori da licenziare debbono essere applicati nell’ambito del complesso aziendale comparando i dipendenti con mansioni fungibili. Il Tribunale ha ritenuto di applicare i criteri di scelta esclusivamente alla unità produttiva di Roma, non spiegando quale comparazione era stata operata e quale criterio applicato. L’esito appare contraddittorio e ai limiti del grottesco: infatti, che senso ha predisporre una graduatoria con punteggi elaborati sulla base dei criteri di legge (anzianità, carichi di famiglia, esigenze tecniche organizzative e produttive) per scegliere chi licenziare effettuando la comparazione richiesta dalla legge, quando poi si licenziano tutti i dipendenti dal primo all’ultimo? Quindi, come è evidente, è stata violata la legge che prevede criteri obiettivi di scelta dei licenziandi “nell’ambito del complesso aziendale”.

Il secondo orientamento, quello che ha annullato i licenziamenti (sentenze Buonassisi) in coerenza con la Cassazione, ha dichiaratodiscriminatoriala scelta, perché non fondata su criteri obiettivi previsti dalla legge (anzianità, carichi di famiglia, esigenze tecniche, organizzative e produttive), ma su un criterio soggettivo: aver rifiutato la riduzione della retribuzione e quindi per ritorsione è stato intimato il licenziamento.

Un terzo orientamento, che ha portato sempre all’annullamento del ricorso dei lavoratori (sentenza del Giudice Conte), ha ritenuto che il ballottaggio per la applicazione dei criteri di scelta doveva essere effettuato almeno con i dipendenti addetti alle unità produttive di Roma e Napoli per le quali è stata aperta la procedura di licenziamento collettivo.

D: I 150 ex dipendenti sono stati reintegrati  nella sede di Roma o devono accettare il trasferimento coatto nella sede di Catania? Oppure si ripropone il modello “Napoli” con il beneplacito di Calenda? Un po' una vittoria di Pirro?

R: I lavoratori hanno diritto ad essere reintegrati a Roma. Questa è la legge. Quindi il successivo trasferimento è illegittimo perché prosegue la discriminazione. Per la attuazione della sentenza doveva essere ripristinata la situazione in atto al momento del licenziamento discriminatorio annullato. Almaviva ha sostenuto che la sede di Roma era chiusa, ma questo è risultato falso, essendo tuttora operativa la unità produttiva. Ma vi è di più.

Gli oltre 1.660 licenziati prestavano la loro attività lavorativa sulle commesse attive su Roma e, se avessero accettato il ricatto, avrebbero continuato a lavorare. Ed infatti come conseguenza del licenziamento – e, si badi bene, non come sua causa – le commesse lavorate su Roma sono state spostate sulle altre sedi di Almaviva (Napoli, Cosenza, Palermo…). Quindi la reintegrazione al lavoro comportava il ritorno delle commesse su Roma e non il trasferimento dei dipendenti. Questo è l’unico comportamento legittimo oltre che di buon senso, come peraltro riconosciuto persino dal vice Ministro Bellanova nel settore si spostano le commesse non i lavoratori. Un primo trasferimento (del novembre 2017) è stato annullato, un successivo è stato dapprima sospeso, poi ritenuto con una ordinanza legittimo ora il 24 maggio sarà deciso in sede di reclamo.

D: In questo quadro devastante per gli ex dipendenti Almaviva a cui è auspicabile che la nuova sentenza restituisca la sede di appartenenza originaria, s’inserisce la ugualmente triste vicenda di alcuni lavoratori interinali della GSE, che, tramite appalti con aziende fittizie, sono finiti a lavorare nella sede di Casal Boccone . La vicenda è intricata, anche perché, appunto, come lei specifica nella risposta precedente, la sede di Almaviva-Roma è sempre stata aperta.

R: GSE è società interamente partecipata dal Tesoroha dato in appalto una parte rilevante della sua attività ordinaria relativa supporto informativo ed  al sostegno agli operatori  che producono energia, di incentivi economici che lo Stato eroga per  lo sfruttamento delle energie rinnovabili. L’appalto è illecito in quanto le varie società che si sono succedute nella titolarità dell'appalto sono mere intermediari sforniti di qualsiasi organizzazione di mezzi per la gestione dell'appalto. Ogni attività, persino la assunzione e formazione del personale, le direttive ed il controllo sulla attività sono in capo a GSE. Il Tribunale di Roma  con una sentenza del 16.11.2017 ha dichiarato la illiceità dell'appalto ed ha riconosciuto che i lavoratori debbono essere considerati a tutti gli effetti dipendenti GSE. Una successiva sentenza, che è stata immediatamente appellata, ha invece riconosciuto la legittimità dell'appalto.

La fittizietà dei vari  soggetti imprenditoriali, meri intermediari, che si sono succeduti negli anni nella gestione dell'appalto è comprovata anche dalle procedure  fallimentari che li hanno investiti. Da ultimo l'appalto è stato concesso ad Almaviva proprio mentre attuava il licenziamento collettivo  di tutti i dipendenti di Roma con il pretesto della chiusura della sede. Ovviamente la chiusura è falsa fin quando nella sede di Roma operano non solo un centinaio di lavoratori addetti alla commessa GSE ma anche decine di altri lavoratori. La FIOM CGIL assiste i lavoratori  nella azione di contestazione della legittimità dell'appalto, ma sia il governo che l'ANAC (presieduta dal Dott. Cantone)  che dovrebbe vigilare sulla regolarità degli appalti nulla hanno fatto, pur a seguito di  denunce e segnalazioni dei lavoratori e della FIOM stessa.

D: Appalti all'italiana, delocalizzazioni, esternalizzazioni. Avvocato,  la legge per difendere i diritti del lavoratore, dopo il Jobs act e l'assenza dei sindacati confederati, è una legge fantasma e i  giuslavoristi spesso combattono contro i  mulini a vento. Lei che ne pensa?

R: Il tema delle esternalizzazioni degli appalti e delle delocalizzazioni  è talmente ampio e complesso che necessita di uno specifico approfondimento sui singoli temi ed iniziative delle forze politiche e sindacali perché esso attiene: alla tutela dei diritti dei lavoratori  continuamente pregiudicati nei cambi di appalto, alla diffusione della corruzione, allo svilimento ed emarginazione del ruolo del sindacato, all'inquinamento del sistema economico e produttivo. In una parola  rappresenta oramai una emergenza della democrazia e non solo una vicenda per i giuslavoristi.

19/05/2018 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: Foto Rosetta Ferra (presidio ex Almaviva-GSE)

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L'Autore

Alba Vastano

"La maggior parte dei sudditi crede di essere tale perché il re è il Re. Non si rende conto che in realtà è il re che è il Re, perché essi sono sudditi" (Karl Marx)


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