Stampa questa pagina

L’assalto frontale dello Stato di Polizia

Una nuova ondata di repressione che arriva persino dentro le scuole e le università


L’assalto frontale dello Stato di Polizia

Come un secolo fa la crisi economica capitalistica si accompagna ad una stretta autoritaria che colpisce ogni tentativo di autonoma organizzazione di cultura alternativa. Non a caso assistiamo a una nuova ondata di repressione che arriva persino dentro le scuole e le università. Dove però c’è chi non si arrende e lotta per costruire momenti di resistenza e contrattacco.

di Davide Costa

Nemmeno 100 anni fa un mix di crisi economica, malcontento sociale, crisi internazionali e risposte autoritarie di governi liberali o socialdemocratici colpiva l’Europa e la portava nel baratro dei fascismi.
Ricordiamo la repressione da parte del Primo Ministro tedesco socialdemocratico Ebert portata avanti nel reprimere i comunisti o l’appoggio indiretto del governo liberale italiano alle squadracce fasciste nello spegnere i focolai rivoluzionari del Biennio Rosso.
Oggi la crisi economica iniziata nel 2007, la polveriera mediorientale e i movimenti di contestazione sono qui a dimostrarci che la storia si ripete con tutte le sue storture: parliamo della legge che attacca la libertà di espressione portata avanti dal governo spagnolo, parliamo delle retate nei sobborghi statunitensi contro la popolazione nera, parliamo dello Stato di Emergenza che vieta la manifestazioni in Francia varato dal governo socialista di Hollande.

Se pensiamo che l’Italia sia immune da questa svolta autoritaria in atto in Europa, ci sbagliamo di grosso e i recenti avvenimenti sono qui a dimostrarlo.

Il governo Renzi e il suo ministro degli Interni di centrodestra Alfano stanno portando avanti una repressione sottile e silenziosa basata su sgomberi e accanimenti polizieschi nelle realtà locali, una violenza portata avanti da questure e prefetti contro le manifestazioni di controcultura e dissenso. Negli ultimi mesi abbiamo visto un’escalation di questi colpi di mano dagli sgomberi degli occupanti di case in tutta Italia, dal centro sociale LGBT storico di Bologna e del centro accoglienza per migranti Baobab di Roma alla chiusura del cerchio con la repressione del movimento studentesco da Pisa a Messina. Un lungo filo rosso collega tutte queste lotte e repressioni e si chiama Stato di polizia e repressione borghese. La repressione del movimento studentesco rappresenta perfettamente quest’assalto frontale dello Stato borghese in Italia.
Con la Buona Scuola infatti è in atto uno smantellamento della scuola pubblica non solo da un punto di vista economico ma anche da un punto di vista sociale e democratico.

Il progetto della scuola-azienda non solo svende la scuola ai privati ma la priva anche del suo spirito critico intrinseco rendendo l’istituzione scuola fredda, vuota, repressiva e gerarchica, con un preside-manager che tutto decide e dispone e studenti che diventano “consumatori” di un servizio e non parte attiva di una comunità. Una scuola che quindi crea automi e dipendenti e non più esseri umani e cittadini.
Questo modello però non può che creare conflitto e dissenso in certe realtà dove la scuola era diventata ambiente di controcultura, dove veniva portato avanti sia negli studi liceali che nelle pratiche scolastiche un modello di assemblearismo, partecipativo e comunitario.
E’ la stessa natura del liceo che nella sua accezione originaria greca era quell’istituzione che tramite la filosofia insegnava a “fare ed essere società”, insegnava a praticare la democrazia partecipativa. I fatti di Pisa e Messina sono qui a dimostrare tutto ciò.

Nella città toscana abbiamo visto degli studenti che manifestavano il loro dissenso contro la presenza fascioleghista nella loro comunità essere manganellati e attaccati come dei criminali in una prospettiva cupa e grigia che vede uno Stato il quale protegge fascisti che invocano la violenza contro gli ultimi e reprime studenti che chiedono diritti.

A Messina invece la repressione si è accanita contro studenti occupanti, fatto che nella città sicula risulta assolutamente inedito e tremendo.
Mai in quella città si era vista la Digos arrivare ogni ora a mettere sotto pressione gli studenti, mai si era vista una preside che in televisione invocava lo sgombero forzato e violento della scuola, mai in quella città si erano viste le forze dell’ordine fare irruzione nella scuola all’alba e portare gli occupanti in questura per identificarli e mai in quella città si erano visti interrogatori e processi contro 13 studenti sia minorenni che maggiorenni trattati come delinquenti e terroristi.

Tutto ciò però invece di reprimere il dissenso, è stata linfa vitale per le forze politiche anticapitaliste e il movimento studentesco che sono passati al contrattacco, portando questi fatti ad avere un eco nazionale. I portavoce dei Giovani Comunisti Claudia Candeloro e Andrea Ferroni hanno dichiarato la loro solidarietà agli studenti che hanno subito questi atti vergognosi ed è in itinere un’iniziativa nazionale che colleghi tutte queste lotte locali e mostri il lungo filo rosso che unisce tutte queste violenze ovvero la svolta autoritaria di un sistema sociale ed economici come il capitalismo che non accetta chi esprime un pensiero differente, ostinato e contrario.

Anche il deputato Erasmo Palazzotto è intervenuto sulla vicenda affermando: “Le irruzioni della polizia nelle scuole non sono mai una buona notizia, più che denunce servirebbe dialogo. La scuola deve essere spazio di democrazia, per questo appaiono eccessive alcune dichiarazioni della dirigente scolastica del liceo “La Farina”. Cosi come appare preoccupante il clima che si è creato a Messina. Valuteremo se e come portare la questione nelle aule del Parlamento. Auspico che a Messina prevalga il buon senso, senza nuovi episodi che possano aumentare un clima di tensione di cui la città non ha certo bisogno”.

In questa fase i comunisti hanno un compito fondamentale: dal Nord Italia al Sud, dalla Manica al Mediterraneo devono mostrare che queste negazioni di libertà non sono straordinarie ma necessarie e normali in un sistema che si basa sullo sfruttamento, sulla disgregazione della società e sull’annichilimento dell’individuo-soggetto ridotto a consumatore-oggetto.

Oggi i comunisti devono essere il collante di un fronte che unisca tutti i “reietti” di questa società sempre più gerarchizzata: lavoratori, precari, studenti, disoccupati e profughi uniti in una prospettiva anticapitalista ed egualitaria. Dobbiamo essere agenti attivi di questa lotta non solo elettorale per un sistema sociale alternativo: quando il popolo sarà unito, mai sarà vinto definitivamente.

26/12/2015 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

Condividi

L'Autore

Davide Costa
<< Articolo precedente
Articolo successivo >>