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Turchia: fallito golpe militare, arriva il golpe costituzionale

La repressione su vasta scala di Erdogan è un segno di incertezza del suo sistema di potere.


Turchia: fallito golpe militare, arriva il golpe costituzionale

La repressione su vasta scala avviata da Erdogan negli ultimi giorni è un segno di incertezza del suo sistema di potere, così come gli ultimi cambiamenti delle sue politiche a livello internazionale. Resta necessario che il popolo turco e la solidarietà internazionale non accettino né il ritorno dei militari al governo né politiche autoritarie che annullano la libertà di espressione e di organizzazione politica.

È molto difficile narrare la storia ufficiale del fallito tentativo di golpe militare in Turchia in base a quello che milioni di persone hanno visto sugli schermi televisivi locali e mondiali: notizie diffuse per far credere che quel golpe aveva nel mirino il sistema di governo dei Fratelli musulmani e del presidente turco Erdogan.

Un golpe pubblico, che dopo poche ore era già fallito, con il ripristino del presidente e del suo governo, con il popolo che di notte, senza paura, assedia i carri armati e umilia e blocca i soldati. Un golpe senza capi e senza l'appoggio politico neanche dai partiti di opposizione.

I militari turchi hanno ereditato uno Stato dalle macerie della sconfitta/dissoluzione dell’Impero Ottomano, strappandolo, grazie all’esercito di Kamal Ataturk, alla spartizione internazionale. Da allora l’esercito si è comportato come l’unico onnipotente tutore del paese, fino alle elezioni del 2003, che hanno portato il partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP) al governo. Erdogan è stato Presidente del Consiglio dal marzo 2003 fino al 28/08/2014, il giorno della sua elezione a Presidente della Repubblica, e ha messo fine al ruolo dell’esercito, o cosi sembrava.

L'Akp è un partito islamista che fa parte della confraternita musulmana mondiale, e ha cercato di coniugare Islam e democrazia. Ma ha egemonizzato i poteri centrali nelle mani dei suoi uomini; Erdogan non ha governato il paese in modo democratico, ma ha commesso pesanti e costosi errori. Ma è stato eletto dal popolo, quindi rappresenta legittimamente il potere in Turchia.

Da zero problemi con i vicini al coinvolgimento con tutti, Erdogan ha fatto di tutto, sin da quando era Primo Ministro, per migliorare le relazioni con i vicini, particolarmente l’amicizia con Siria e Iran, per non parlare dell’Arabia Saudita e la Russia, fino alla cosiddetta primavera araba, quando la Turchia cambia politica, e diventa protagonista, insieme al Qatar, nel sostegno ai fratelli musulmani, prima in Egitto e poi in Siria. E interrompe i rapporti con Israele in seguito all’atto di pirateria contro la nave Mavi Marmara, che portava aiuti a Gaza. Ancora, Istanbul apre i confini ai ribelli siriani ed ai mercenari dell’Isis che vanno a combattere contro il governo di Assad. Va ricordato che la primavera araba non è stata un risveglio religioso, ma poteva essere un rinascimento laico, se non si fossero intromessi i fratelli musulmani. Erdogan ha montato, insieme ad Al Jazeera “portavoce della Fratellanza”, la ribellione dei giovani arabi, con il capitale finanziario e politico delle monarchie del petrolio, Qatar e Arabia, e armi che passavano dal territorio turco, cosa che ha fatto del territorio turco una base per il terrorismo di Daesh. Fino all’abbattimento di un aereo russo e al deterioramento delle relazioni con Mosca.

Tutto ciò accompagnato da una politica repressiva nei confronti dei giornalisti e dei parlamentari di partiti curdi, a cui è stata tolta l’immunità parlamentare, per poterli processare e avere un parlamento a misura di Erdogan, in grado di realizzare le modifiche alla costituzione e quel sistema presidenziale che permetterà a Erdogan una presidenza a vita.

Certo che Erdogan non uscirà più forte dopo il golpe, anzi sarà più debole, e senza esagerare possiamo dire che, nelle ultime settimane prima del golpe, egli ha capito che le sue politiche regionale e internazionale cominciavano ad avere effetti negativi e rappresentavano un pericolo per il suo paese; per questo ha fatto un passo indietro, tornando alla politica precedente, quella della Turchia zero problemi, ed ha aperto canali di dialogo con suoi avversari in Siria, Iraq, Russia, Egitto e Israele, per attutire la rabbia dei militari e del popolo.

Il colpo di stato, per ora, è fallito, ma inizia il golpe costituzionale a guida Erdogan. Sono in tutto 103 i generali e gli ammiragli delle Forze Armate finiti finora in carcere. Tra i generali c'è anche Akin Ozturk, ex capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica, indicato da funzionari governativi turchi come il presunto capo dei golpisti in patria, oltre a 2.700 giudici e pubblici ministeri sospesi o espulsi dal Consiglio superiore dei giudici e dei pubblici ministeri poche ore dopo il fallimento del golpe militare. Intanto sono 7.850 i poliziotti sospesi: tra loro anche alti ufficiali, come si legge sul sito web del giornale turco 'Hurriyet'. Ai poliziotti è stato imposto di riconsegnare armi e distintivi. Il ministero dell'Interno di Ankara ha inoltre silurato "in totale 8.777 dipendenti", come riportano i media filo-governativi. Tra questi ci sono "30 governatori e 52 investigatori". In un'intervista esclusiva alla Cnn, il presidente turco Erdogan ha detto che non è possibile escludere la pena di morte per chi ha tentato di rovesciare il governo con un colpo di Stato. ''C'è un chiaro reato di tradimento'', ha detto, precisando comunque che l'eventuale ritorno della pena di morte in Turchia dipenderà ''naturalmente da una decisione parlamentare'' e ''io come presidente approverò qualsiasi decisione emerga dal Parlamento".

Ci sono molte preoccupazioni, per il post-colpo di stato più che per gli avvenimenti del golpe; sembra che la Turchia precipiti verso il caos e l’instabilità; i prossimi giorni potrebbero essere i più pericolosi nella storia della Turchia moderna.

L’Europa, gli Stati Uniti e la Nato hanno espresso una seria preoccupazione per gli standard internazionali dello Stato di diritto in Turchia, paese che fa parte della Nato e aspira a fare parte dell’UE.

È troppo presto per dire che con il fallimento del golpe militare sono finiti i pericoli. Questi pericoli esistono ancora, ed hanno appoggi esterni ed interni, ma confidiamo nel popolo turco che non accetterà né il ritorno dei militari al governo né politiche repressive che annullino la libertà di espressione o di organizzazione politica. Il pericolo del terrorismo persiste ancora, ed i colpi di coda del golpe, che hanno avuto un effetto devastante sull’economia turca, anche.

22/07/2016 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Bassam Saleh
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