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Regno Unito al voto: finanza o nazionalizzazioni

Tutto quello che c'è da sapere sulle elezioni nel Regno Unito.


Regno Unito al voto: finanza o nazionalizzazioni Credits: https://www.flickr.com/photos/duncan/ - Graffito a Camden, “JC, campione del popolo”

L'8 Giugno il Regno Unito vota, ancora una volta. Dopo le elezioni politiche del 2015, dopo il referendum sull'Europa, il governo conservatore ha convocato elezioni anticipate. Lo scopo, chiarissimo, alla luce del sole, è approfittare del momento di consenso nelle trattative per la Brexit e avvantaggiarsi rispetto agli avversari labouristi che sembravano incapaci di reagire al cambiamento di passo imposto dalla Brexit.

I Manifesti

Il Regno Unito è stato il paese della Thatcher, del “non c'è alternativa”, di Tony Blair. In poche parole: il primo paese europeo in cui la socialdemocrazia si è resa indistinguibile dal conservatorismo. Dopo decenni in cui i manifesti elettorali dei principali partiti erano quasi indistinguibili, queste elezioni mostrano una chiara differenziazione tra le forze.

Theresa May e la “nazione unita”: Brexit significa Brexit, la Primo Ministro May chiede all'elettorato un assegno in bianco. Ma non c'è solo questo, May cerca di darsi un profilo sociale: edilizia pubblica per scuole e case, innalzamento della soglia dell'esenzione delle cure per i pensionati. Questo tentativo si è infranto sulla “tassa sulla demenza senile”, mentre rendeva “esenti” le prime centomila sterline di assistenza per gli anziani, oltre quella soglia il valore dell'assistenza a domicilio sarebbe dovuto essere rimborsato dopo il decesso dell'assistito, eventualmente anche attraverso il pignoramento della casa agli eredi. May ha dovuto abiurare pubblicamente la Dementia Tax.

Jeremy Corbyn e le nazionalizzazioni: alcuni grandi media hanno fatto trapelare in anticipo il testo del manifesto labourista, credendo di danneggiare Corbyn, credendo che l'elettorato si sarebbe spaventato di fronte a un programma “da anni '70”. Ri nazionalizzazione delle ferrovie, delle poste e delle reti energetiche. Nazionalizzare l'acqua, creare in ogni regione un gestore pubblico dell'energia. E ancora, abbassamento radicale delle tasse universitarie, innalzamento della tassa patrimoniale, elettrificazione delle ferrovie nelle aree periferiche, assumere 10mila nuovi poliziotti locali e 3mila vigili del fuoco.

Ovviamente, la frattura interna al Labour rimane grande. I candidati dell'ala destra di Blair svolgono spesso una campagna totalmente autonoma. E rimangono le contraddizioni interne al cobynismo, tra tutte quella sul progetto di armamenti nucleari Trident. Storicamente contrario al progetto, Corbyn si è dovuto piegare alle esigenze del “realismo” interne al partito e ai suoi alleati sindacali, favorevoli al progetto per salvaguardare i posti di lavoro.

Corbyn aveva minacciato di non ricandidare i parlamentari che avessero continuato la guerra civile interna al Labour. La soluzione drastica non è arrivata, anche se molti degli oppositori interni più in vista hanno scelto spontaneamente di non ricandidarsi. D'altra parte, si parla ancora apertamente della possibilità per gli eletti della destra labourista di non iscriversi al gruppo parlamentare labourista.

Liberaldemocratici contro la Brexit: l'unico partito maggiore a schierarsi apertamente contro la Brexit sono i LibDem, che sembrano d'altronde senza altri argomenti di peso.

UKIP senza più Brexit: senza il leader storico Farage, senza i finanziatori storici che vanno alla ricerca di nuovi obiettivi politici, senza l'unico parlamentare che ha disertato a favore dei conservatori, senza il monopolio dell'antiueropeismo. Lo UKIP sembra destinato a tornare nel ghetto della “destra radicale”.

I sondaggi

Per quanto debbano sempre essere presi con le dovute cautele, i sondaggi riportano un andamento della campagna per alcuni versi sorprendenti.

I conservatori rimangono ampiamente in vantaggio, a una settimana dal voto continuano a essere dati tra il 42 e il 46%, con un vantaggio sui labouristi che va dal 5 a più del 10%. Lo scandalo della “dementia tax” però ha dato una virata negativa ai consensi per May, che erano arrivati a sfiorare il 50% delle intenzioni di voto e un vantaggio del 20%.

Al contrario delle aspettative dei grandi media, il “manifesto estremista” di Corbyn ha messo le ali alla campagna labourista. Partito dai minimi storici del 25%, il Labour è dato ora tra il 33 e il 39%. Un dato che porterebbe il partito di Corbyn al di sopra delle elezioni del 2015. Mentre molti si aspettavano un Corbyn chiuso nell'angolo, la campagna labourista si svolge tra incontri pubblici e comizi negli stadi.

La svolta anti UE dei conservatori prosciuga visibilmente lo UKIP, ormai dato attorno al 4%, contro il 13% delle scorse elezioni. Rimangono bloccati i Liberaldemocratici, che avevano preso l'8% nel 2015 e restano attorno a quel dato.

Infine, un ruolo importante sarà quello della Scozia, storicamente roccaforte del Labour, ora controllata dai socialdemocratici indipendentisti dello Scottish National Party (SNP). Nel 2015 l'SNP era riuscito a ottenere il 50% dei voti, ora potrebbe scendere sotto il 40%. Un risultato del genere potrebbe essere un campanello d'allarme per l'SNP che vorrebbe un nuovo referendum per l'indipendenza, per un nuovo stato scozzese all'interno dell'UE.

È significativo notare che – almeno da quanto trapela dai sondaggi – il terribile attacco terroristico di Manchester non sembra aver modificato le tendenze.

I seggi

Il sistema di piccoli collegi uninominali rende difficile i sondaggi, che infatti hanno margini molto ampi, e ancora più difficili le proiezioni sui seggi in parlamento.

Il problema principale per Corbyn è che potrebbe ottenere un risultato straordinario in termini di voti assoluti, ma perdere seggi. Il consenso guadagnato durante la campagna sembra essere basato principalmente nei collegi tradizionalmente labouristi, dove in ogni caso sarebbe stato eletto un membro dal Labour. Inoltre, lo UKIP negli ultimi anni aveva “rubato” molti voti ai conservatori, permettendo così la vittoria ad alcuni candidati labouristi. Di fatto, a queste elezioni si manifesta una vera e propria “unità della destra”.

Nel parlamento uscente i conservatori avevano 330 seggi contro i 232 dei labouristi. Le ultime proiezioni danno dei risultati molto ampi. I conservatori potrebbero scendere a 311 seggi oppure salire oltre quota 390. Corbyn potrebbe scendere a 180 seggi oppure salire fino a 255.

La soglia dei 200 seggi è considerata dagli alleati di Corbyn la linea di salvezza. All'inizio della campagna elettorale il Labour era dato attorno ai 150 seggi.

La sinistra e i comunisti

A parte l'Irlanda del Nord, di fatto le organizzazioni a sinistra del Labour e comuniste non presentano candidati a queste elezioni, sostenendo in generale Corbyn e in particolare alcuni candidati.

Gli eurocomunisti di Left Unity hanno dichiarato di lavorare per una vittoria del Labour “per sconfiggere il partito conservatore e le sue politiche distruttive”. I marxisti-leninisti del Communist Party of Britain hanno deciso per la prima volta dalla fondazione nel 1920 di non presentare nessun candidato e sostenere ovunque il Labour:”Chiamiamo al voto in ogni collegio per il Labour, nonostante le visioni reazionarie di molti candidati labouristi. Le sezioni del Partito Comunista entreranno in contatto con quelle del Partito Labourista per offrire aiuto pratico nella campagna elettorale”. E ancora:”Il massimo dei voti possibili per il Labour non sono necessari solo per assicurare un governo labourista. Riconosciamo anche che queste elezioni segnano una intensificazione della lotta tra la destra e la sinistra del movimento labourista. Più voti al Labour e più parlamentari labouristi significano una posizione più sicura per Corbyn e per i suoi alleati di sinistra nel gruppo parlamentare del Labour”.

03/06/2017 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: https://www.flickr.com/photos/duncan/ - Graffito a Camden, “JC, campione del popolo”

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L'Autore

Paolo Rizzi
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