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Occidente, imperialismo e pandemia

Mentre l’Italia circa una settimana fa ha superato i 120.000 morti, la Repubblica socialista del Vietnam, con 100 milioni di abitanti, una densità della popolazione decisamente più elevata e un ampio confine con la Cina – pur avendo un Pil dieci volte inferiore – ha avuto in tutto 35 morti.


Occidente, imperialismo e pandemia

I paesi del Patto atlantico e dell’Unione europea – indicati da Draghi come punti di riferimento del suo governo e considerati dall’ideologia dominante le nazioni all’avanguardia a livello internazionale, tanto che vengono spesso confusi con la stessa comunità internazionale – sono stati tra i peggiori dinanzi alla Pandemia. Non solo in quanto hanno messo il veto per una moratoria sui brevetti, che avrebbe reso possibile la vaccinazione dei paesi più poveri, ma in quanto si sono dimostrati fra i più incapaci a far fronte al virus.

Per fare un esempio, mentre l’Italia circa una settimana fa ha superato i 120.000 morti, il Vietnam, con 100 milioni di abitanti, una densità della popolazione decisamente più elevata e un ampio confine con la Cina – pur avendo un Pil dieci volte inferiore – ha avuto in tutto 35 morti. Come negli altri paesi socialisti, che hanno avuto risultati altrettanto brillanti – proprio al contrario dei paesi imperialisti della Nato e dell’Ue – i vietnamiti hanno tracciato tutti i casi, realizzato isolamenti e quarantene obbligatori, sorvegliato i confini e, soprattutto, a ogni nuovo focolaio risposto con dei rigorosi lockdown. Certo nell’immediato vi è stata necessariamente una perdita economica e una limitazione della libertà, ma nel complesso della pandemia a perdere molto di più sia in termini economici che di libertà sono stati i paesi imperialisti occidentali che, accecati dal neoliberismo, non hanno saputo rinunciare ai profitti immediati. Naturalmente oggi, con oltre 10.000 casi al giorno, questa strategia non è più realizzabile, tuttavia poteva essere sviluppata non solo quando siamo stati avvisati con mesi di anticipo della pandemia, ma ancora di più, date la precedente fallimentare risposta, “all’inizio dell’estate 2020, quando i casi giornalieri erano un centinaio in tutta Italia” [1]. Anche allora, per non voler sacrificare una parte dei profitti del settore turistico si è condannato l’intero paese a una spaventosa recessione economica, con un numero spaventoso di morti e malati e una situazione ancora del tutto fuori controllo. A peggiorare ulteriormente le cose vi è stata, ancora una volta la totale mancanza di coordinamento e di solidarietà reciproca fra i paesi dell’Unione europea, in cui, come di consueto, ognuno ha pensato esclusivamente ai propri interessi particolari, sempre sulla base del pensiero unico neoliberista. 

Peraltro le giustificazioni addotte dai paesi della Nato e dell’Unione europea – per cui le misure applicate nei paesi socialisti non sarebbero state possibili in paesi liberaldemocratici – è del tutto sconfessata dal fatto che tali metodi sono stati utilizzati con un successo quasi paragonabile a quello dei paesi socialisti, in nazioni liberaldemocratiche come la Nuova Zelanda o Taiwan.

A complicare ulteriormente le cose vi è stata in tutti i paesi occidentali tardo capitalistici un gravissimo deficit di prevenzione e pianificazione, sempre dovuto all’aver abbracciato ciecamente la posizione ideologica assolutamente antisociale del neoliberismo, per la quale esisterebbero solo gli individui (proprietari) e non la società.

Così il governo italiani dei peggiori, senza tener conto dei danni collaterali, ha ripreso a inseguire la peggiore destra populista – quella che non riesce a tollerare nessun ostacolo al profitto immediato – in nome di un presunto rischio calcolato, in nome del quale si sacrificheranno ancora un numero imprecisato di vittime sull’altare del neoliberismo. A proposito di governi liberal-democratici, l'attuale esecutivo non solo non si è degnato di informare i cittadini degli scenari previsti con la politica del “rischio calcolato”, ma ha di fatto impedito che siano rese pubbliche le previsioni, non certo incoraggianti, “degli epidemiologi alla luce” di riaperture attente, quasi esclusivamente, a mantenere compatto il blocco sociale borghese dominante.

Se da una parte i paesi socialisti si sono distinti per aver affrontato nel modo migliore la pandemia, i paesi di destra, al contrario, si sono contraddistinti per aver avuto i risultati peggiori. Si pensi al governo ungherese di Orban, al governo conservatore inglese, al governo leghista del lombardo-veneto, al governo Bolsonaro in Brasile, a quello di Trump negli Stati Uniti o a quello di Modi in India, per limitarci ai casi più eclatanti. Quest’ultimo paese è arrivato a 387 mila nuovi contagi e 3.498 morti in un solo giorno. “Cifre ufficiali che epidemiologi di mezzo mondo, indiani e non, ritengono siano almeno da decuplicare per avere una misura approssimativa e verosimile del disastro pandemico in corso in India” [3]. 

D’altra parte, oltre che dall’India, da diversi altri paesi, in primo luogo africani, sono giunte dure critiche al governo “democratico” degli Stati Uniti in quanto ha portato avanti una importante campagna vaccinale avendo il controllo di una fetta decisiva della produzione mondiale, impedendo la sospensione dei brevetti e imponendo una politica di export zero. Al punto che il “portavoce del Dipartimento di Stato aveva affermato che il divieto (…) di esportazione di materiali per i vaccini era necessario perché «è anche nell’interesse del resto del mondo vedere gli americani vaccinati»” [4]. Tuttavia dinanzi alla politica di esportazione e donazione dei vaccini dei grandi competitori internazionali, Russia e Cina, gli Stati Uniti, per non perdere completamente la capacità di egemonia, sono stati costretti a cedere ai paesi in difficoltà i vaccini AstraZeneca, dal momento che il loro uso non è stato autorizzato nemmeno negli Usa. Infine, pressato dall’opinione pubblica internazionale, Biden ha dovuto aprire a una sospensione dei brevetti sui vaccini.

D’altra parte, la donazione del vaccino AstraZeneca nei paesi più poveri, attraverso l’iniziativa Covax, ha già prodotto diversi scandali. A partire dal Sud Sudan che si è visto costretto a bloccarne ben presto la somministrazione – pur essendo fra i cinque paesi più poveri al mondo – quando ci si è resi conto che i vaccini donati erano scaduti da ben sei mesi. Per motivi analoghi anche un altro paese africano, il Malawi, è stato costretto  a distruggere “16 mila dosi di AstraZeneca”[5], anch’esse da tempo scadute.

Peraltro gli Stati Uniti e i loro alleati imperialisti o filo imperialisti sono i principali responsabili della tragica situazione che si è venuta a creare in Iraq, “il paese più colpito della regione: oltre un milione di contagi accertati e 15.257 morti. (…) A monte sta una sanità mai ricostruita dopo due guerre, le durissime sanzioni internazionali e l’invasione Usa”. Così di un “sistema sanitario all’avanguardia degli anni ’70 restano solo macerie” [6], uno dei tanti “effetti collaterali” dell’esportazione della democrazia” da parte dei paesi occidentali.

Inoltre, nonostante la spaventosa strage degli innocenti, ovvero dei lavoratori in pensione nei paesi dell’Unione europea – che ha portato a una significativa diminuzione delle aspettative di vita e a grandi risparmi nella spesa pensionistica – l’Ue non trova niente di meglio da fare che innalzare l’età necessaria per “andare in pensione a 70 anni” [7].

D’altra parte, nemmeno la pandemia è riuscita a fermare il riarmo, portato avanti ancora una volta dai rappresentanti dell’imperialismo occidentale e dai loro alleati. Sebbene manchino nella maggioranza dei paesi gli investimenti necessari, in primo luogo nelle stesse terapie intensive, per far fronte alla pandemia, la spesa in armi è ulteriormente aumentata del 2,6% su scala globale. Il rapporto dell’International Peace Research Institute denuncia come questo ennesimo aumento sia avvenuto in un anno di recessione in cui l’economia mondiale ha perso il 4,4%. Se i paesi Nato, in linea con le pressanti richieste a stelle e strisce, hanno aumentato del 2% il budget militare, gli Stati Uniti sono arrivati al 4,4%, costringendo a correre ai ripari la Cina, posta sempre più sotto pressione. Così, nonostante la pandemia, nel 2020 “l’aumento della spesa militare è stato il più significativo dal 2009, la fase più acuta della crisi finanziaria ed economica globale” [8]. Del resto, più in generale, “la crescita che ancora sperimentiamo ogni anno è figlia di una tendenza che ha compiuto 20 anni e che si è alimentata con le cosiddette «guerre al terrore» seguite all’11 Settembre 2001: da quel momento le spese militari del mondo sono cresciute di oltre il 70% senza che in questi due decenni il mondo si possa considerare più sicuro (e i conflitti risolti come proprio il caso dell’Afghanistan dimostra). (…) Le spese militari aggregate della NATO hanno raggiunto i 1103 miliardi di dollari, che rappresentano il 56% del totale mondiale” [9]. Molto significativo è il bilancio che tira Alex Zanotelli: “secondo i dati Onu, 2 miliardi di persone soffrono di insicurezza alimentare, 690 milioni in forma severa. Per la pandemia avremo altri 250 milioni di impoveriti e raddoppieranno quelli assistiti dal Programma alimentare mondiale. Duemila super ricchi detengono una ricchezza superiore a quella posseduta da 4,5 miliardi di impoveriti. Ogni 5 secondi muore di fame un bambino. Secondo l’Organizzazione internazionale del Lavoro si sono persi più di 400 milioni di impieghi e più di 1,6 miliardi di lavori nell’economia informale. Sarebbe impossibile per i ricchi vivere da nababbi se non fosse per lo strapotere dovuto alle loro armi” [10].

Tornando alla sopracitata guerra in Afghanistan, ora che le potenze imperialiste occupanti si sono viste finalmente costrette a ritirarsi, è doveroso trarne un bilancio complessivo. “Le perdite tra i militari afghani

ammonterebbero a circa 60.000. Le morti di civili sono di fatto incalcolabili: secondo le Nazioni Unite, sarebbero state circa 100.000 in soli dieci anni. Impossibile determinare le «morti indirette» per povertà e malattie, provocate dalle conseguenze sociali ed economiche della guerra” [11]. Fra i danni collaterali della guerra, abbiamo che “la superficie coltivata ad oppio è quadruplicata, tanto che è divenuta la principale attività economica dell’Afghanistan, il quale fornisce oggi l’80% dell’oppio prodotto illegalmente nel mondo” [12]. A tal proposito andrebbe ricordato come Mumia Abu Jamal avesse denunciato, da subito, fra le cause della guerra, il fatto che i Talebani intendevano impedire la produzione di droga.

La guerra ha avuto costi enormi per i paesi occupanti, in prima gli Stati Uniti, che hanno visto un pazzesco aumento del debito pubblico, senza produrre nessuno dei risultati annunciati, anche perché “I talebani, divenuti sempre più forti, controllano o contendono gran parte del paese”, come ha dovuto riconoscere lo stesso “New York Times”. Al solito, a giovarsi di questo ennesimo spaventoso disastro militare è stato l’apparato militare-industriale che è riuscito a lucrare extraprofitti, aggirando la crisi di sovrapproduzione. Infine, il “segretario di Stato Blinken e altri propongono che gli Stati uniti riconoscano ufficialmente e finanzino i talebani”, anche per mantenere “una forte presenza militare in quest’area al crocevia tra Medio Oriente, Asia centrale, meridionale e orientale, di primaria importanza strategica soprattutto verso Russia e Cina” [13].

 

Note:

[1] Andrea Capocci, Strategia “zero Covid”, perché Italia ed Europa non ci hanno provato, in “Il manifesto” del 27.04.2021.

[2] Id., Quello che gli scienziati non dicono, in “Il manifesto” del 27.04.2021.

[3] Matteo Miavaldi, Censura e comizi-cluster, Modi si fa scudo con le bugie, in “Il manifesto” del 01.05.2021.

[4] Marina Catucci, Prima gli americani: «Stati Uniti nazionalisti del vaccino», da “Il manifesto” NEW YORK, 27.04.2021.

[5] Redazione Esteri, 60 mila dosi di AstraZeneca al macero, scontro Sud Sudan-Oms, in “Il manifesto” del 27.04.2021.

[6] Chiara Cruciati, Incendio nell’ospedale Covid: a Baghdad 89 morti e tanta rabbia, in “Il manifesto” del 27.04.2021.

[7] Roberto Musacchio, Salari e pensioni in salsa UE.

[8] Michele Giorgio, Nel 2020 spese militari globali cresciute del 2,6%, in «Il manifesto» del 27.04.2021.

[9] Francesco Vignarca, Sempre meno granai, sempre più arsenali, in «Il manifesto» del 29.04.2021.

[10] Adriana Pollice, “I nuovi investimenti rischiano di finire all’industria bellica e non alla Sanità”, in «Il manifesto» del 30.04.2021.

[11] Manlio Dinucci, Afghanistan, il piano Usa di una nuova catastrofe, in «Il manifesto» del 27.04.2021.

[12] Ibidem.

[13] Ibidem.

08/05/2021 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Renato Caputo
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