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Irlanda, il “figliol prodigo” dell'austerità?

La Repubblica Irlandese va a elezioni il 26 febbraio. Nel prossimo numero tutti i risultati.


Irlanda, il “figliol prodigo” dell'austerità?

La Repubblica Irlandese va a elezioni il 26 febbraio. La ripresa economica non basta a compensare i danni provocati dalla crisi, ma aiuta i partiti del governo, soprattutto il Fine Gael di centrodestra. Le sinistre crescono: tra queste è in primo piano la formazione nazionalista Sinn Fein. Nel prossimo numero tutti i risultati.

di Paolo Rizzi

Il governo uscente dell'Irlanda è una grande coalizione composta dal Fine Gael (FG, centrodestra) e dal Labour (centrosinistra). I principali partiti di opposizione sono i centristi del Fianna Fail (centristi) e i nazionalisti di sinistra del Sinn Feinn. Da quando questo governo è in carica, ha perso molti consensi a causa della crisi economica e dell'austerità. In particolare il Fine Gael, che alle elezioni del 2011 ha ottenuto il 36,1 per cento dei voti, è ora accreditato dai sondaggi tra il 26 e il 30 per cento. Mentre il centrodestra arretra, il Labour è in rotta: dal 19,4 per cento del 2011 a sondaggi che lo danno tra il 6 e il 10 per cento. Il Fine Gael spera ancora di poter fare un risultato clamoroso come quello dei colleghi conservatori inglesi, dati per perdenti e usciti dalle urne con la maggioranza assoluta, sfruttando gli effetti della ripresa economica.

Il figliol prodigo dell'austerità?

Il Wall Street Journal ha recentemente titolato sul “ritorno del figlio prodigo irlandese” alla crescita economica. Dopo essere stata per anni “allieva modello” delle politiche europee, la crisi economica aveva colpito duramente l'Irlanda, mettendola in una posizione simile a quella di Portogallo, Spagna e Grecia.

L'Unione Europea ora può vantare una storia di successo: dopo la pesante cura di austerità l'Irlanda torna a crescere, nel 2015 addirittura tra il 6 e il 7 per cento, la disoccupazione diminuisce, le previsioni per il futuro sono solide. La tigre celtica è tornata, l'austerità ha funzionato.

La realtà è, ovviamente, più complessa.

La crescita economica irlandese negli ultimi due anni è stata sostenuta principalmente da un aumento delle esportazioni rese più competitive dal drastico abbassamento dei salari imposto dalla Troika. A questo va aggiunto che sul calcolo del PIL irlandese influisce pesantemente il regime fiscale estremamente favorevole alle imprese che le porta a stabilire la sede fiscale in Irlanda per pagare meno tasse. È lecito pensare che, senza questa ricchezza prodotta nominalmente in Irlanda, ma di fatto in altri paesi, i dati sarebbero meno positivi.

Sul fronte interno, la situazione economica appare molto più frastagliata. Per quanto molti indicatori siano positivi, rimangono comunque a livelli inferiori rispetto all'inizio della crisi. In particolare, la disoccupazione è calata, dopo gli anni peggiori al 15 per cento, ma rimane pur sempre oltre il 9 per cento e rimane un grande numero di disoccupati di lungo periodo. Nella vita reale delle classi popolari questo significa che in molte famiglie i giovani hanno trovato un lavoro precario grazie alla “ripresina”, ma i genitori continuano a essere disoccupati. A questo si aggiunge che l'austerità ha “funzionato” nel ridurre il debito, ma il debito privato rimane molto alto, attorno al 290 per cento del PIL e l'Irlanda è seconda solo alla Grecia per mancata restituzione dei prestiti bancari. I dati sulla disoccupazione e sull'indebitamento dicono che le famiglie con disoccupati e che hanno sostenuto fin'ora i consumi facendo nuovi debiti, difficilmente potranno continuare ad aumentare i propri consumi e quindi sostenere una crescita economica equilibrata. Questo viene riconosciuto anche da un recente rapporto dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico in cui si afferma che senza una crescita più equilibrata l'Irlanda rimane pericolosamente esposta alle turbolenze internazionali. È significativo che per l'OCSE una delle eventualità negative per l'Irlanda sia che l'Unione Europea cominci ad attuare l'armonizzazione fiscale, confermando così il peso della tassazione quasi da paradiso fiscale applicata dal governo di Dublino.

Ovviamente, il rapporto OCSE elenca i problemi di una crescita economica sbilanciata e si preoccupa di indicare una via più “inclusiva” alla crescita. È però significativo che, tra le raccomandazioni, al miglioramento dello stato sociale siano dedicate poche righe, mentre lunghe pagine sono dedicate al mantenimento di un regime fiscale favorevole alle imprese e al ruolo dello stato come “supplente” di ciò che le imprese non vogliono o non possono fare: la classica ricetta di nazionalizzare le spese e privatizzare i profitti.

Cresce l'opposizione a sinistra

In ogni caso gli anni dell'austerità non sono passati invano. Le politiche anti popolari del governo di grande coalizione hanno aperto grandi spazi all'opposizione di sinistra. Il principale partito dell'opposizione è il Sinn Fein (SF), i nazionalisti di sinistra legati in passato alla lotta armata per la liberazione nazionale dell'Irlanda e poi protagonisti del processo di pace. Il Sinn Fein col tempo a esteso a tutto campo il suo intervento politico ed è gradualmente diventato il primo partito tra i salariati irlandesi. Il SF aveva già preso un notevole 9,9 per cento alle elezioni del 2011 ed è attualmente segnalato dai sondaggi attorno al 20%. A cavallo tra il 2014 e il 2015 alcuni sondaggi davano la formazione di sinistra nazionalista come primo partito attorno al 25 per cento, i valori percentuali sono poi calati man mano che la ripresa restituiva un minimo di consenso al governo di grande coalizione.

Anche se questi numeri difficilmente permetteranno al Sinn Feinn di guidare un governo di sinistra, il sistema irlandese ne teme il rafforzamento. Nei giorni scorsi è scoppiato uno scandalo sulle pagine del Sunday Business Post, con le dichiarazioni di un consigliere del governo sulla necessità di spaventare l'elettorato. Il giornale ha riportato: “Contro il Sinn Feinn (…) i partiti di governo si imbarcheranno in una campagna di terrore, lanciando l'allarme sulle conseguenze economiche dell'instabilità”.

Mentre il SF è una forza politica che nasce dalla lotta per la liberazione nazionale e solo in seguito assume un carattere di sinistra, alla sua sinistra si presentano varie forze di sinistra radicale di tradizione marcatamente classista. Quella che a queste elezioni pare possa essere la più quotata è la lista comune tra l'Alleanza Contro l'Austerità e I Popoli Prima dei Profitti. Entrambe le organizzazioni sono a loro volta alleanze che tengono insieme partiti di derivazione trotzkista e movimenti vari. Le due formazioni sono state particolarmente attive nei movimenti per l'acqua pubblica e potrebbero passare dal 2 al 4 per cento. Bisogna infine notare che nel parlamento irlandese vengono eletti spesso deputati indipendenti e, tra di essi, si muovono anche deputati di sinistra provenienti da singoli movimenti o in rotta con il Labour. Nel parlamento uscente sono presenti 14 deputati indipendenti di cui 5 riconducibili alla sinistra radicale e 3 all'area del centrosinistra.

Dopo le elezioni?

I risultati elettorali completi e i possibili scenari di governo saranno commentati nel prossimo numero de “La Città Futura”. Per ora, basta accennare un fatto che potrebbe cambiare la storia politica irlandese.

Come abbiamo visto, la riproposizione dell'attuale governo è difficile, dato soprattutto il calo del Labour. Un governo del Sinn Feinn, in caso di risultati elettorali particolarmente positivi, sarebbe possibile, ma dovrebbe basarsi su un difficile accordo che metta insieme anche le vari formazioni trotzkiste, gli indipendenti di sinistra e, se necessario, pezzi sparsi del centrosinistra.

I numeri potrebbero però obbligare a provare una soluzione inedita: la coalizione tra Fine Gael e Fianna Fail. È molto difficile individuare reali differenze politiche tra i due partiti. FF e FG si portano però dietro una serie di opposizioni e diatribe che risalgono alla Guerra Civile, tanto che i due partiti non hanno mai governato insieme, preferendo piuttosto governare in coalizione con i partiti minori e gli indipendenti di qualunque schieramento.

Una coalizione Fianna Fail-Fine Gael è negata da entrambi i partiti, ma più si avvicinano le elezioni più cresce la pressione di imprese e finanzieri per un governo stabile e perché si sbarri la strada a qualunque ipotesi di accesso del Sinn Fein al potere. E, di conseguenza, cominciano le dichiarazioni in cui i leader dei partiti dicono che dovranno comportarsi “con responsabilità verso la nazione”.

26/02/2016 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Paolo Rizzi
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