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Quel che dice il No Renzi Day alla sinistra

La piazza del 22 ottobre era palesemente diversa da una sinistra indistinta ed elettoralista. Si è evidenziata la necessità di tracciare un percorso per l’antagonismo ed il protagonismo sociale.


Quel che dice il No Renzi Day alla sinistra

Il 22 ottobre circa 40.000 tra lavoratori, studenti e pensionati sono scesi in piazza. Precari, disoccupati, lavoratori del settore pubblico e del settore privato, donne e uomini, giovani e anziani, immigrati e autoctoni hanno sfilato per le strade di Roma nel No Renzi Day, dopo la giornata di sciopero generale del giorno prima.

Piazza San Giovanni, da dove il corteo è partito per arrivare a Campo dei Fiori, è diventata simbolicamente Piazza Abd Elsalam, per ricordare il lavoratore della Gls rimasto ucciso mentre scioperava per difendere il diritto al lavoro per sé e per tutti. E subito si evidenzia la differenza tra quella Piazza Abd Elsalam e le barricate razziste alzate tre giorni dopo a Gorino, nel ferrarese, contro pochi uomini, donne e bambini in fuga da fame e guerre. In Piazza Abd Elsalam e per le vie di Roma fino a Campo dei Fiori, si respirava quell’aria di unità e solidarietà di tutti lavoratori che dovrebbe essere tra le priorità dell'azione politica e sindacale; unità e solidarietà per cui lavoratori e lavoratrici, di ogni settore, precari e non, immigrati e non, si sentono spinti a lottare insieme per modificare la comune condizione di sfruttamento.

La piazza del 22 ottobre era palesemente diversa dalle liturgie della sinistra “ampia e plurale”, di vertice, di aspirazione elettoralistica e così genericamente inclusiva senza un vero progetto politico alla base da risultare indistinta e, alla luce dei fatti, immobile. In quella piazza, percorrendo le strade del corteo, nel confronto con compagni e compagne, di varie parti d'Italia, appartenenti a diverse organizzazioni, si notava la comune idea, non di una aggregazione elettorale alternativa al PD, come troppo spesso è declinata la generica unità della sinistra. Quel che c’è da raccogliere dalla due giorni di mobilitazione, è quindi la necessità di tracciare un percorso per l’antagonismo ed il protagonismo sociale; una lotta parte di un percorso, non di proprietà esclusiva di nessuna organizzazione esistente, ma per la definizione di un blocco sociale; per rispondere alla richiesta, come sottolineato anche dalla Rete dei Comunisti nei giorni scorsi, di rappresentanza politica di classe di quella piazza.

È questo blocco sociale che una sinistra realmente antagonista e alternativa al PD ed alle sue politiche deve rappresentare. Se c’è quindi un indicazione uscita dalla piazza è la necessità di uscire dalla spirale elettoralistica in cui la sinistra è oggi avviluppata, senza un progetto politico credibile, senza la forza che gli dia un consenso anche elettorale, senza reale capacità di costruzione di un soggetto sociale di opposizione: insomma, niente che possa essere visto come qualcosa che sia credibilmente di contrasto alle politiche antipopolari, né per l'oggi né in prospettiva.

D’altronde, il corteo di Roma del 22 ottobre non ha visto proprio la partecipazione della cosiddetta sinistra “diffusa”, quella delle terre di mezzo, che si spende per la cosmopolitica e pare meno attenta a quella terrestre, dove si tenta un impossibile riformismo per migliorare le condizioni di masse di uomini e donne sfruttate con le politiche economiche dell’Unione Uuropea e le sue ricette per stare al passo nella competizione globale.

È del tutto evidente, invece, la necessità di una unità di azione da ricercare dietro rivendicazioni strutturate, non sporadiche o estemporanee, né meramente elettorali. La necessità, quindi, di tessere relazioni non semplicemente, ad esempio, per la partecipazione ad un corteo, ma per la costruzione di un coordinamento stabile tra forze antagoniste; non semplicemente per la partecipazione ad uno sciopero in una fabbrica, ma per la costruzione di uno sciopero generale contro le politiche del lavoro. Insomma, una vera e propria piattaforma, rivendicativa e politica allo stesso tempo, che sia un passaggio per un progetto politico antagonista. È da questo percorso che può nascere anche il soggetto politico che possa rappresentare quel blocco sociale protagonista dello sciopero generale del 21 ottobre e della manifestazione nazione del 22 ottobre a Roma.

D’altronde, se è vero, com’è vero, che la controriforma costituzionale del governo Renzi tanto gradita da JP Morgan, Ue e qualunque centro di potere economico, risponde alla volontà di eliminare ogni ostacolo democratico e di opposizione sociale alle peggiori politiche antipopolari, è dall’opposizione sociale che occorre ripartire. Solo da qui la rappresentanza politica risulterà credibile al blocco sociale presente a Roma al No Renzi Day. Sarà su queste basi che un soggetto di sinistra antagonista potrà essere costruito per rappresentare le classi subalterne nel panorama istituzionale. Sarà a quel punto che la sinistra potrà recuperare anche quel ruolo istituzionale che oggi nessuno è in grado di coprire: quello di rappresentare nelle istituzioni quella lotta di classe che va condotta nel cosiddetto Paese reale. Un ruolo che nemmeno il Movimento 5 Stelle (che infatti non era a Roma, il 22 ottobre) può ricoprire, impegnato non a svolgere una politica antisistema, ma solo, populisticamente, a mettere in campo una narrazione antipolitica, di cui, non a caso e non da oggi, si nutre Renzi anche nella sua propaganda per la controriforma costituzionale.

29/10/2016 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Carmine Tomeo
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