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La BCE nelle contraddizioni dell’Unione Europea

La Banca strumento necessario per la gestione autoritaria del processo di integrazione europea


La BCE nelle contraddizioni dell’Unione Europea

La Banca strumento necessario per la gestione autoritaria del processo di integrazione europea

di Alessandro Bartoloni

L’atteggiamento della Banca Centrale Europea risponde perfettamente alla necessità di garantire lo status quo a danno dei lavoratori di tutto il continente e ci ricorda che, dato il modo di produzione capitalistico, alternative non ce ne sono. Per capirlo senza perdersi “nella notte in cui tutte le vacche sono nere” o inebriarsi coi fumi sparsi da chi vaneggia “una BCE come la FED”, è necessario ricordare quali sono le condizioni e le contraddizioni del processo di integrazione europea.

Con l’entrata del capitalismo nella sua fase monopolistico-finanziaria (imperialismo), la gestione della moneta è tale da favorire la spoliazione del proletariato da parte delle diverse fazioni della classe dominante, in questo doverosamente affratellate. A questo obiettivo comune, tuttavia, si affianca l’altrettanto inevitabile lotta per la sopravvivenza sul mercato. La concorrenza, che diventa fratricida quando c’è da ripartirsi le perdite durante le crisi, nella fase transnazionale dell’imperialismo assume anche la forma di competizione tra aree valutarie che trascendono i confini dentro i quali le singole monete hanno corso forzoso.

Per tanto, chiedere alla BCE di fare come la FED significa rimpiazzare il dollaro come valuta di riserva, mezzo di circolazione e mezzo di pagamento sul mercato mondiale, e quindi assestare un colpo mortale agli USA. È proprio grazie a questo privilegio accordato al biglietto verde, e sempre più militarmente difeso a causa del deteriorarsi della forza dell’economia a stelle e strisce, che gli Stati Uniti si possono permettere la bilancia commerciale in deficit strutturale insieme al maggiore (e crescente) debito privato e pubblico al mondo, senza subire fughe di capitali e attacchi speculativi ma anzi facendo pagare le contraddizioni del proprio sviluppo a chi opera con valute concorrenti. Ed è questo che amplia il margine di manovra della FED rispetto a quello di qualunque altra banca centrale.

La BCE non può quindi essere come la FED anche perché il diverso grado di integrazione tra le economie degli stati appartenenti alle due unioni è oggi funzionale agli interessi della fazione transnazionale della borghesia. Anche prescindendo dalla concentrazione della ricchezza derivante dal carattere monopolistico assunto dal modo di produzione, a parità di tasso del profitto si attua necessariamente un trasferimento di valore da capitali che impiegano più manodopera (bassa composizione organica) a capitali più avanzati tecnologicamente (alta composizione organica). Quindi, nella misura in cui questi siano anche polarizzati territorialmente, da luoghi meno produttivi a quelli più produttivi. Per tanto nell’UE il problema non è la mancata ottimizzazione dell’area valutaria bensì la contraddizione tra la disuguaglianza derivante dallo sviluppo delle forze produttive organizzate capitalisticamente e i rapporti di forza tra le classi incapaci di mitigarla. Incapacità funzionale alle grandi holdings finanziarie che dirigono cordate di interessi trasversali ai diversi paesi, settori e funzioni in cui il capitale può essere investito e che meglio profittano della concorrenza al ribasso di salari e diritti, anche politici, che la UE ci sta facilmente imponendo.

08/11/2014 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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