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Dove vanno le “nostre” Ferrovie dello Stato? (seconda parte)

Il gruppo FS, sempre più monopolista, oltre a centralizzare il capitale impiegato nel trasporto pubblico in Italia, lo esporta all’estero attraverso alleanze, fusioni e acquisizioni in tutta Europa.


Dove vanno le “nostre” Ferrovie dello Stato? (seconda parte) Credits: https://www.flickr.com/photos/mwmbwls/18077603919/ e https://www.flickr.com/photos/dewberry85/1527191820/

Continua dalla prima parte.

Il piano di FS è stato realizzato dal governo, quasi come ci fosse un’unica regia. Ad aprile di quest’anno il Consiglio dei ministri ha dato via libera alla proposta Delrio di incorporare il gruppo ANAS [1] all’interno di FS, il tutto in un decreto legge facente parte delle misure di correzione dei conti, richieste da Bruxelles e previste dal documento di economia e finanza. A giugno si è fatto un ulteriore passo con la manovra correttiva di bilancio, la legge 96/2017 [2] (la stessa dove è stata prevista la reintroduzione dei voucher), che ha convertito in legge il precedente decreto, approvando la fusione tra ANAS e FS con l’acquisizione delle azioni della prima da parte di FS entro 30 giorni dalla verifica di certe condizioni: ovvero il perfezionamento del contratto di programma 2016-2020 tra ANAS e Stato, la verifica tramite perizia di FS dell’adeguatezza dei fondi stanziati da ANAS per risolvere i contenziosi pendenti e l’assenza di effetti negativi, verificati dal MEF, sugli impegni relativi al bilancio pubblico assunti in sede europea. Per pagare i debiti pendenti del gruppo ANAS con le ditte appaltatrici, che bloccavano la fusione, sono stati stanziati 700 milioni di euro, presi dai risparmi di gare. Sono inoltre previsti poteri eccezionali per il presidente pro-tempore di ANAS per svolgere i lavori necessari per l’adeguamento della viabilità statale nella provincia di Belluno in previsione delle gare sciistiche internazionali che si terranno a Cortina d’Ampezzo a marzo 2020 e febbraio 2021.

Lo Stato italiano con questa operazione metterà fuori ANAS, come già è avvenuto per FS, dal perimetro della Pubblica Amministrazione in modo che i conti dell’azienda non incideranno più sul debito pubblico. Mediante questo artificio contabile ci saranno meno vincoli per l’azienda, ma nei fatti le spese rimarranno a carico dello Stato. Uno studio del 2014 ha mostrato come FS, nonostante sia ufficialmente fuori dal bilancio dello stato, ha pesato dal 1992 al 2013 per oltre 200 miliardi di euro sul debito pubblico italiano sotto forma di sussidi statali. I calcoli fatti, tuttavia, non considerano tutte le spese. La cifra sale ulteriormente se si considera l’emissione di debito per finanziare la spesa di FS. Immaginando una spartizione tra ulteriore tassazione e interessi sul debito, gli autori dello studio hanno stimato una spesa per lo Stato pari ad oltre 250 miliardi di euro, ovvero circa il 12,5% del debito pubblico lordo nel 2013. Tale cifra è circa il 25% del debito pubblico eccedente ai parametri di Maastricht, imposti dall’Unione Europea. Considerando che il tentativo di rientro dentro tali parametri ha comportato tagli e sacrifici per i lavoratori del nostro Paese, si capisce bene chi alla fine ha pagato i conti. Conti destinati a salire se con l’uscita di ANAS dalla contabilità della pubblica amministrazione dovessero essere poi imposte quelle tasse aggiuntive ad oggi solo presentate e poi ritirate, in quanto indigeribili per milioni di cittadini. Per sostenere le spese di ANAS è stato, infatti, proposto di aumentare le accise sulla benzina o di mettere una tassa, sul modello austriaco e svizzero, per l’utilizzo di strade, oggi formalmente gratuite (in realtà finanziate attraverso la fiscalità generale), come il GRA, l’autostrada Salerno-Reggio Calabria o le statali.

Gli effetti di questo accorpamento, tuttavia, non si esauriranno negli artifizi contabili che favoriscono la socializzazione delle perdite. Infatti, il nuovo monopolio, forte del pretesto di “non operare come due organizzazioni distinte nelle realizzazione delle opere” al fine di realizzare “una politica sistemica nello sviluppo dei collegamenti nel nostro Paese”, come sostenuto nel piano industriale, potrà imporre politiche che andranno a discapito della già debole concorrenza, come fatto in passato con lo sviluppo delle linee ad alta velocità mediante i sussidi statali, che hanno esercitato un ruolo non irrilevante nel fallimento della “concorrente” Alitalia. Nei fatti sarà messa un’ulteriore ipoteca sulla vita dei monopoli minori, concentrando FS il capitale del settore trasporti nelle proprie mani. In questa sede non si vuole prendere posizione né contro una migliore razionalizzazione del settore trasporti, né contro la concentrazione del capitale, fatto naturale nello sviluppo stesso del capitalismo. Piuttosto si vuole evidenziare come ciò difficilmente andrà a vantaggio dei lavoratori italiani. La costruzione dell’alta velocità ha forse determinato un migliore trasporto per i milioni lavoratori che ogni giorno sono costretti ad utilizzare i mezzi pubblici per andare a vendere la propria forza-lavoro? Oppure con l’espansione del giro d’affari di FS sono forse migliorati i contratti dei lavoratori del settore? L’acquisto del trasporto pubblico locale (TPL) da parte di FS non ha comportato nessun migliore servizio per gli utenti-lavoratori, come evidenziato dagli stessi giornali di “lor signori”. Per migliorare le condizioni di vita dei lavoratori si dovrebbe intaccare i profitti, e cederne una parte a vantaggio della collettività. Con la probabile prossima vendita ai privati degli asset redditizi di FS, in primis l’alta velocità, invece, gli utili saranno completamente privatizzati. Privati che si sono già arricchiti con gli appalti per la costruzione di queste linee ferroviarie, mentre in diverse parti del paese, sopratutto nel Meridione, la linea ferroviaria utilizzata dai pendolari è ancora ad un solo binario. Ora codesti signori avranno la possibilità di fare nuovi affari mungendo ancora la vacca grassa dello Stato!

Sebbene FS rimane formalmente un gruppo di proprietà dello Stato, essa è una SpA ed agisce in quanto tale, perseguendo l’obiettivo di incrementare i propri profitti. Moltiplica i cartelli che intesse con altri capitali statali o privati, come ad esempio quello con Autoguidovie nel TPL del Centro-Nord Italia, al fine di assumere maggiore forza nella competizione tra monopolisti per la spartizione dei mercati mondiali. Come sostiene lo stesso Mazzonciniil mondo del trasporto pubblico vede la presenza sempre più massiccia di aziende sempre più grandi. Quindi o noi ci muoviamo in modo aggressivo rispetto al mercato o rischiamo l’invasione come in parte già avviene con gruppi stranieri che scorazzano per l’Italia”. Ecco allora che da bravo monopolista il gruppo FS, oltre a concentrare il capitale, lo esporta all’estero, stabilendo le opportune alleanze con altri monopoli. Nell’ultima direttrice del proprio piano industriale, quella dell’espansione internazionale, il gruppo FS stabilisce l’obiettivo di aumentare gli introiti derivanti dagli investimenti all’estero dall’attuale 13% del totale al 23% nel 2026. Da una parte FS si propone di realizzare commesse per la costruzione di reti ferroviarie in paesi a capitalismo “meno avanzato” [3], dall’altra come acquirente di compagnie straniere, come unico socio o in cartello con altri capitali. Infatti FS non disegna le necessarie alleanze con altri monopoli in quanto con la crescita delle esportazioni di capitali si allargano “le “sfere d’influenzadelle grandi associazioni monopolistiche,” e si procede “sempre più verso accordi internazionali tra di esse e verso la creazione di cartelli mondiali” [4].

Dal 2011 Trenitalia ha acquisito il completo controllo di TX Logistik, azienda tedesca operante nel trasporto merci su rotaia (e non solo) con filiali in Austria, Svizzera, Svezia e Danimarca. Questo operatore transalpino gestisce oltre 20.000 treni-merci l’anno, in particolare dai principali porti del Mare del Nord (Amburgo, Rotterdam, Anversa e Bremerhaven) verso sud (Germania, Svizzera, Francia, Austria e Italia). Nel 2016 Trenitalia ha anche preso il pieno controllo di Thello, la joint venture stabilita da Trenitalia con la francese Veolia Transdev, che gestisce il trasporto passeggeri su rotaia diurno e notturno tra Italia e Francia lungo le rotte Venezia-Parigi e Milano-Marsiglia. A gennaio FS si è aggiudicata per 45 milioni di euro dal fondo greco per la privatizzazione delle società pubbliche la società TrainOSE, che gestisce il trasporto merci e passeggeri sulle linee ferroviarie greche OSE (l’equivalente ellenico delle “nostre” FS). In Grecia infatti, seguendo le direttive dell’Unione Europea, si è scorporata la gestione della rete, gestita dallo Stato, dai servizi di trasporto, che sono stati privatizzati. Il 13 luglio, tramite Busitalia, FS ha siglato il contratto per l’acquisto di Qbuzz, azienda operante nel TPL nell’area metropolitana di Utrecht e nella provincia di Groningen-Drenthe, nei Paesi Bassi, con un’utenza di circa 160 mila passeggeri al giorno. Manca solo il via libera della competente autorità olandese per formalizzare l’acquisto.

A febbraio Trenitalia ha completato, mediante la propria controllata Trenitalia UK, l’acquisizione di National Express Essex Thameside (NXET), la compagnia che gestisce il servizio c2c (City to Coast), ovvero i collegamenti ferroviari tra Londra e l’Essex, assicurandosi la concessione ferroviaria per quella tratta, molto usata dai pendolari che si recano per lavoro a Londra, fino al novembre 2029. Gli interessi di Trenitalia nel Regno Unito non si fermano a questa tratta, infatti a gennaio ha siglato una joint venture con First, First Trenitalia East Midlands Rail Limited, al 70% in mano a FirstGroup e al 30% a Trenitalia UK, per gareggiare alla concessione per la gestione delle ferrovie del East Midlands e della West Coast, e per sviluppare una linea ad alta velocità tra Londra e Birmingham. In questo modo FS ha siglato un’importante associazione con FirstGroup, il principale operatore del trasporto nel Regno Unito e in Nord America, con ricavi di oltre 5 miliardi di sterline e 110 mila dipendenti. Così FS cerca di allargare la propria “sfera d’influenza” nel Regno Unito. FS è attiva anche in Germania, dove ha acquistato nel 2010 il terzo operatore del settore ferroviario Arriva Deutschland, rinominata nel 2011 Netinera. FS ha preso il 51% delle azioni, mentre il restante 49% è in mano al fondo di investimento lussemburghese, Cube Infrastructure, che finanzia la costruzione di infrastrutture in Europa nei settori dell’energia, dei trasporti e delle telecomunicazioni. Netinera controlla circa 40 imprese ed opera in quasi tutti i Lander della Repubblica federale tedesca, prevalentemente nel trasporto passeggeri sia su ferro sia su gomma. Oltre al trasporto passeggeri si occupa di logistica, manutenzione e riparazione dei veicoli, infrastrutture ferroviarie. Nel 2016 ha fatturato 6 miliardi di euro, ha oltre 4300 dipendenti, una flotta di oltre 350 treni e quasi 800 autobus che percorrono ogni anno 50 milioni di km su rotaia e 39 milioni di km su strada.

Dal 1995 è attivo il gruppo di trasporto multimodale Pol-rail, per il 50% di Mercitalia (e quindi FS) e per il 50% di PKP Cargo (l’azienda di trasporto merci delle ferrovie statali polacche). Pol-Rail, insieme alla sua controllata rumena Rom-Rail, fornisce servizi di logistica per il trasporto merci in Polonia e nel centro Europa. A settembre attraverso questa azienda arriveranno con un viaggio di una ventina di giorni i primi treni merci dalla Cina, da Chengdu, all’Italia, nell’interporto di Mortara in provincia di Pavia. Pol-rail con le sue quattro direttrici (polacca, ungherese e rumena, balcanica e italiana-polacca), dove ha il pieno controllo del processo di trasporto della merce, potrebbe aver un ruolo centrale nel collegare l’Italia con la Nuova via della seta cinese. L’Italia è, infatti, uno dei soci fondatori della Banca Asiatica d’Investimento per le Infrastrutture (AIIB), che finanzierà con il proprio capitale le strutture ferroviarie necessarie per questo colossale progetto. Nella loro decisione di integrare e rilanciare il trasporto merci, formando un unico polo integrato della logistica, la nuova Mercitalia, gli amministratori di FS guardano probabilmente anche alla possibilità di accedere a questi grandi progetti infrastrutturali. Infine sempre in Europa dell’est, FS controlla l’azienda Grandi Stazioni Česká Republika, di cui detiene il 51% delle azioni mediante Grandi Stazioni SpA, in società con la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (EBRD), che ha il 39%, e Società Italiana per le Imprese Miste all’Estero (SIMEST), che possiede il restante 10%. Questa società si occupa della riqualificazione e della gestione di Praga Centrale e di altre due stazioni (Karlovy Vary e Mariánské Lázně) della Repubblica Ceca.


Note

[1] ANAS è a sua volta una holding, anche se di dimensioni ridotte rispetto ad FS, che controlla diverse società e con partecipazioni in altre aziende.

[2] Qui è consultabile il decreto legislativo 50/2017 con le modifiche introdotte dalla legge.

[3] Ciò avviene in Asia (Arabia Saudita, Iran, Oman, India, Malesia, Singapore, Thailandia e Vietnam), America (Argentina, Brasile, Colombia, Perù, Canada e Stati Uniti d’America) e Africa (Congo, Costa d’Avorio, Sud Africa). Non tutti questi paesi possono ritenersi paesi a capitalismo “meno avanzato”, ma lo sono in gran parte. In Iran ad esempio FS ha stabilito un accordo per partecipare alla costruzione di due reti ferroviarie ad alta velocità.

[4] Lenin, L'imperialismo, fase suprema del capitalismo, 1916.

20/08/2017 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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L'Autore

Marco Beccari
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