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Dati Istat. Il Jobs Act non crea posti di lavoro

Matteo Renzi, commentando i dati Inps, dice una bufala e una verità. L’Inps diffondendo i dati periodici dell’Osservatorio sul precariato, fa notare che “nel primo trimestre 2015 aumentano, rispetto al corrispondente periodo del 2014, le assunzioni a tempo indeterminato (+91.277), mentre diminuiscono i contratti a termine (-32.117)” e il presidente del Consiglio maschera i nuovi rapporti di lavoro come se fosse nuova occupazione


Dati Istat. Il Jobs Act non crea posti di lavoro

Matteo Renzi mistifica i dati dell’INPS rilanciando la bufala dell’aumento dei posti di lavoro grazie al Jobs Act. Il buon senso e i dati ISTAT lo smentiscono clamorosamente: le aziende stanno semplicemente sostituendo i vecchi contratti coi nuovi più vantaggiosi per loro.

di Carmine Tomeo

Matteo Renzi, commentando i dati Inps, dice una bufala e una verità. L’Inps diffondendo i dati periodici dell’Osservatorio sul precariato, fa notare che “nel primo trimestre 2015 aumentano, rispetto al corrispondente periodo del 2014, le assunzioni a tempo indeterminato (+91.277), mentre diminuiscono i contratti a termine (-32.117)” e il presidente del Consiglio maschera i nuovi rapporti di lavoro come se fosse nuova occupazione. E così, con un post su facebook, Matteo Renzi tira fuori una bufala smentita praticamente da tutti, anche da istituti di analisi (come l’Istituto Bruno Leoni) e giornali (come il Corriere della Sera) non proprio vicini alle istanze dei lavoratori. “I dati ufficiali INPS sul lavoro ci dicono che la strada da percorrere è ancora lunga, ma la macchina finalmente è ripartita. Dopo cinque anni di crollo costante, tornano a crescere gli occupati”, sostiene Renzi. Questa, ovviamente, è una bufala.

L’Inps, infatti, non rileva i dati sull’occupazione ma quelli relativi all’attivazione di nuovi contratti o alla trasformazione di quelli esistenti. L’Osservatorio sul precariato dell’Inps, insomma, nulla ci dice sul numero di occupati o sul tasso di occupazione (cioè la percentuale di occupati sul totale della popolazione compresa tra i 15 ed i 64 anni di età), potendo uno stesso lavoratore attivare o trasformare più volte un rapporto di lavoro. Al contrario, l’Istat, nel bollettino di aprile sull’occupazione, mostra l’esatto opposto di quanto afferma Renzi: a marzo gli occupati erano 59 mila in meno rispetto a febbraio ed in calo di 70 mila unità rispetto al marzo dell’anno precedente. E non va meglio per il tasso di occupazione, anch’esso impietosamente in calo al 55,5%. 

Ma, fin qui, è chiaro che Renzi gioca il ruolo dell’imbonitore da quattro soldi che decanta le qualità della propria merce in maniera così sfacciata da provocare ovvi sospetti. Più interessante è la seconda parte del post del presidente del Consiglio. Scrive ancora su facebook Renzi: “Mi colpisce che ci sia chi dice: ‘Beh però una parte non sono nuovi contratti, ma regolarizzazioni e stabilizzazioni’, fa sorridere! Era infatti proprio quello che volevamo”. E fa notare, l’imbonitore di Palazzo Chigi, che quelle trasformazioni di contratto da precario a indeterminato segnalate dall’Inps, sono state possibili grazie al Jobs act, e cioè per gli “sgravi, tutele crescenti, taglio Irap”. 

Con un mezzo eufemismo, Matteo Renzi ammette che si tratta molto spesso di trasformazioni contrattuali dovute alla convenienza per un’impresa in termini di risparmio e di libertà di licenziamento.

Renzi, insomma, coglie l’occasione per dimostrare ancora una volta di essere in perfetta sintonia con il padronato. In una recente intervista rilasciata a Repubblica, Visentin, vicepresidente di Federmeccanica, conferma che la precarietà è stata usata “per tenere bassi i costi”, e che oggi il “contratto a tutele crescenti può essere usato per sostituire i tanti contratti precari di qualche tempo fa”. Quel che afferma Visentin, nemmeno troppo tra le righe, è che il contratto a tutele crescenti altro non è che un nuovo nome dato alla precarietà che può essere usato per tenere bassi i costi. A cui si aggiunge, come dichiara Matteo Renzi e come conferma Visentin, il vantaggio degli sgravi fiscali per trasformare i contratti precari o per nuove assunzioni a tempo indeterminato a tutele crescenti. Perché tanto, come è già stato fatto notare più volte, con il Jobs Act un’azienda ha convenienza a licenziare e riassumere, dal momento che il saldo tra indennizzo al lavoratore per licenziamento senza giusta causa e incentivi all’assunzione è nettamente favorevole all’impresa, che ci guadagna diverse migliaia di euro.

Allora la domanda è: quali conseguenze avrà il Jobs Act sull’occupazione nei prossimi anni? Quale futuro avrà chi oggi è assunto con contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti? La risposta, tra le righe, ce la fornisce ancora una volta il vicepresidente di Federmeccanica, quando afferma un’ovvietà che solo i renziani cercano ormai di celare maldestramente: “Non si assume perché cambia la legge, se non c’è lavoro”. E di lavoro, oggi, non ce n’è. Fra tre anni, stando l’andamento economico attuale, di lavoro non ce ne sarà più di oggi. E allora è facile prevedere che prima della scadenza dei tre anni, chi oggi si vede assunto o trasformato il proprio contratto precario con contratto a tutele crescenti, si ritroverà precipitato ancora nell’angoscia della disoccupazione. Mentre l’azienda avrà guadagnato qualche migliaio di euro speculando sulla condizione dei lavoratori.

Quella tracciata dal Jobs act è pertanto una strada senza uscita per i lavoratori e dalla quale non si esce rispondendo “presente” ad una generica sinistra riunita attorno all’ennesimo appello. Quello che si rende necessario è un programma di classe, che ponga la redistribuzione del lavoro a parità di salario tra le priorità ed attorno al quale organizzare i lavoratori per una lotta che assuma connotati politici.

15/05/2015 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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Carmine Tomeo
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